Dopo aver ricevuto impulso per diversi anni dall’andamento rialzista dei mercati, di recente l’investimento sostenibile sembra risentire di una parziale inversione di tendenza. Molti titoli apprezzati dagli investitori ESG, in particolare nei segmenti della tecnologia pulita, dei veicoli elettrici e dei consumi, accusano da tempo qualche difficoltà. Al tempo stesso, i luoghi comuni riguardo all’esclusione di particolari settori, come armi, tabacco e ampi segmenti del settore petrolifero e del gas, vengono messi in discussione.
Per quanto le gravi tensioni geopolitiche, l’impennata dell’inflazione e i timori di recessione abbiano gravato sui mercati azionari globali nel loro insieme, la sottoperformance degli indici di sostenibilità rappresenta chiaramente un’inversione di tendenza rispetto agli anni passati.
I segmenti del mercato che hanno messo a segno buone performance, in particolare i combustibili fossili, il tabacco e le armi, sono comunemente esclusi dagli investitori ESG, il che spiega probabilmente gran parte dell’attuale sottoperformance degli indici di sostenibilità. La recente debolezza relativa degli indici di sostenibilità ha indubbiamente rinfocolato il dibattito sul fatto che “fare del bene” equivalga a “subire una perdita”, sottintendendo la presenza di un naturale trade-off tra le due cose. In un mondo ideale sarebbe auspicabile creare sia ricchezza che benessere, ma ovviamente le strategie di sostenibilità a volte hanno priorità contrastanti. Tra gli esempi figurano le preoccupazioni per il cambiamento climatico rispetto ai costi sociali degli alti prezzi dell’energia, o gli investimenti in aziende del settore della difesa nelle fasi di turbolenza geopolitica.
È evidente anche che, dopo la pandemia di Covid-19 e con una guerra in corso nel continente europeo, il mondo sembra cambiato, e che l’investimento sostenibile dovrà evolvere a sua volta per affrontare meglio l’aumento della volatilità sui mercati.
Di conseguenza, potremmo affermare che l’investimento sostenibile è interessato quanto meno da un “sano” ripensamento, in cui le ipotesi convenzionali riguardo, ad esempio, all’efficacia delle esclusioni rigorose ma anche dei rating ESG vengono messe in discussione. Approcci più sofisticati e pratici, che applicano considerazioni più sfumate tenendo conto del contesto, riscuoteranno un maggiore interesse sui mercati.
La minore propensione del mercato per l’investimento sostenibile registrata di recente è visibile anche nei flussi dei fondi. Mentre in anni recenti la sostenibilità è stata il tema di spicco alla base di tali flussi, negli ultimi mesi questa tendenza sembra essersi indebolita . Ad esempio, nel maggio 2022 gli afflussi nei fondi ESG si sono attestati a 13 miliardi di dollari, evidenziando un calo di oltre il 70% rispetto ai 46 miliardi di dollari di un anno fa.
Necessità di un’evoluzione dell’investimento sostenibile
Nel complesso, ogni contesto di mercato porta con sé nuove opportunità, anche per gli investitori interessati alla sostenibilità. All’interno della vasta gamma di strategie di sostenibilità, alcune sono chiaramente soggette a maggiori vincoli rispetto ad altre, in quanto risentono delle esclusioni di determinati settori e di esposizioni fattoriali che fino a poco tempo fa contribuivano a sostenere la performance. Pertanto, diventa sempre più importante superare la fase dell’investimento sostenibile come semplice narrazione accattivante e mantenere una rigorosa disciplina di valutazione, evitando di pagare un sovrapprezzo per le aziende “valide”.
In futuro, non ci aspettiamo che l’interesse del mercato per l’investimento sostenibile scompaia improvvisamente. Nonostante gli afflussi considerevoli che si registrano da molti anni, solo una minuscola percentuale delle masse in gestione a livello globale è ancora classificata come ESG, e questa cifra è destinata ad aumentare nel tempo in virtù del supporto strutturale a livello sociale e normativo per gli investimenti sostenibili. Tra gli esempi di quest’ultimo figurano senz’altro la Tassonomia UE, un quadro di riferimento per le attività economiche ecosostenibili, ma anche la più recente iniziativa dell’UE di redigere una Tassonomia sociale, due misure destinate a indirizzare e accelerare i flussi di capitali verso i fondi sostenibili. In breve, nonostante l’indebolimento del sentiment rilevato negli ultimi tempi, le basi strutturali dell’investimento sostenibile sembrano ancora intatte.
L’attuale contesto di mercato, tuttavia, ci ha impartito una lezione importante: il cambiamento è una costante. Non si può saltare alcuno step: anche l’investimento sostenibile deve passare alla fase successiva del suo ciclo di vita. Le mutevoli dinamiche di mercato impongono di abbandonare gli approcci sostenibili semplicistici e superficiali per privilegiare quelli che incorporano analisi più lungimiranti e sfumate nonché engagement più ponderati. In definitiva, ciò dovrebbe non solo favorire un cambiamento positivo nelle aziende, ma anche rendere le strategie sostenibili più capaci di affrontare contesti di mercato diversi e più complessi.