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L'opinione di Hans-Jörg Naumer di AllianzGI

La crisi Ucraina porterà a più inflazione e meno crescita

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia apre un periodo di grave incertezza per il mondo intero, mercati finanziari compresi. A differenza dei “rischi”, per cui è possibile conoscere le probabilità di accadimento, in caso di incertezza non è possibile fare previsioni.

Nonostante l’unanimità nell’imporre sanzioni alla Russia e i segnali iniziali di apertura ai negoziati da parte dei due Paesi protagonisti del conflitto lascino sperare in una distensione, non si possono prevedere gli sviluppi della situazione. L’aumento dell’incertezza non comporta solo un rialzo dei premi per il rischio sui mercati finanziari, ma ci possiamo anche aspettare adeguamenti a livello di economia reale, dipendenti dalla durata del conflitto. 

In questo scenario gli elementi chiave sono il sentiment economico, il prezzo del petrolio e i tassi di inflazione. A tal proposito la storia ci insegna che quando il prezzo del greggio raddoppia in termini reali (cioè senza tener conto degli effetti dell’inflazione) le probabilità di recessione aumentano. In ogni caso, tale aumento deve avvenire in un periodo di due anni. Al momento la situazione sembra ancora tollerabile, ma i più recenti aumenti del prezzo del Brent a oltre i 100 dollari al barile probabilmente non saranno sostenibili a lungo.

Hans-Jörg Naumer, Director Global Capital Markets & Thematic Research di AllianzGI

Da un punto di vista economico le conseguenze dell’invasione dell’Ucraina si possono riassumere in “più inflazione, meno crescita”. Resta da vedere in che misura questi sviluppi indurranno le grandi banche centrali ad adeguare le loro strategie, come qualcuno già si aspetta. Sia la Federal Reserve (Fed) statunitense che la Banca Centrale Europea (BCE) sono da tempo alle prese con un’accelerazione dell’inflazione, evidente già prima del recente rialzo del prezzo del petrolio.

Il contesto di mercato è dominato dall’invasione dell’Ucraina e gli investitori dovrebbero prepararsi a una maggiore volatilità. Mentre l’incertezza aumenta, il 70% delle obbligazioni globali scambia tuttora al di sotto del tasso di inflazione target del 2% della BCE. Considerando la perdita del potere di acquisto, questo si traduce in perdite in termini reali.

Allocazione tattica, azioni e obbligazioni
  • La congiuntura sostanzialmente stabile, che in base ai dati sta seguendo un andamento “a zig zag”, riserva sempre meno sorprese positive. Gli economisti difficilmente sono ancora sorpresi da dati superiori alle attese.
  • Lo stesso vale anche per le revisioni delle attese circa gli utili societari. Dopo un consistente rialzo, il rapporto fra revisioni positive e negative degli utili ha perso slancio.
  • L’andamento economico è leggermente a rischio a causa dell’aumento dei prezzi del petrolio. È vero che negli ultimi decenni l’intensità energetica (una misura dell’efficienza energetica del sistema economico di una nazione) è significativamente diminuita, e non solo dei Paesi industrializzati, come riscontrabile anche nella riduzione delle emissioni di gas serra, tuttavia la storia insegna che il rischio di recessione aumenta, ceteris paribus, dopo un raddoppio dei prezzi del greggio nel giro di due anni. Basti pensare che due anni fa un barile di petrolio WTI costava tra i 50 e i 60 dollari.
  • A fronte di tassi (reali) ancora prevalentemente negativi, gli asset come le azioni dovrebbero risultare strutturalmente supportati. Tuttavia, al momento le incertezze legate al conflitto ucraino suggeriscono un posizionamento più prudente.
Azioni
  • Come si evince dal sondaggio globale di Bank of America fra i gestori di fondi, la propensione al rischio nei confronti dell’azionario USA e dei titoli tecnologici sta diminuendo. Le azioni dei settori materie prime ed energia, oltre che delle società britanniche, godono invece di un maggior favore. Si nota un più ampio interesse anche per le borse delle aree emergenti. Tuttavia, in base ai dati EPFR, i flussi di investimento nei fondi azionari non si sono arrestati.
  • I tempi degli incrementi esorbitanti degli utili, nel quadro della ripresa post-pandemia, sono probabilmente finiti, ma gli utili aziendali dovrebbero continuare ad avere un effetto stabilizzante anche in futuro.
  • Considerate le elevate disponibilità liquide e l’andamento della domanda, tra i vari fattori, le società dovrebbero riuscire a reggere le pressioni inflazionistiche o a trasferire l’incremento dei costi, per quanto la situazione differisca da settore a settore. Ciò assume una rilevanza particolare in un contesto di incremento dei costi di rifinanziamento.
  • I rapporti prezzo/utili depurati delle oscillazioni cicliche (P/E di Shiller) indicano che le valutazioni sono elevate, ma vanno interpretati alla luce dei tassi reali bassi/negativi.
  • I fattori ESG, parametri della sostenibilità delle aziende, dovrebbero avere un peso sempre maggiore nella selezione dei titoli in ottica di lungo termine.