La Norvegia è diventata il primo paese al mondo a dare il via libera alla controversa pratica dell’estrazione mineraria in acque profonde. Lo scorso 9 gennaio, infatti, il parlamento norvegese ha approvato un disegno di legge che accelererà la ricerca sottomarina dei minerali necessari per la costruzione di tecnologie verdi come le batterie per i veicoli elettrici. Secondo il governo di Oslo, l’area interessata da tale attività dovrebbe estendersi per circa 280.000 metri quadrati nelle acque nazionali del paese, un’area grande quasi quanto l’Italia, nella zona tra le Svalbard, la Groenlandia e l’Islanda.
L’approvazione del disegno di legge, ha sottolineato il governo norvegese, non significa però che automaticamente verranno approvate le licenze per estrarre minerali dal fondale marino. Anzi, saranno effettuate analisi accurate per verificare che l’attività dell’estrazione possa essere svolta in modo sostenibile.
Questa precisazione del governo di Oslo, però, non ha rassicurato esperti e attivisti ambientali, secondo cui l’estrazione mineraria in acque profonde potrebbe avere impatti devastanti sulle forme di vita marine e sul carbonio immagazzinato nell’oceano. Secondo loro, sarebbero necessarie più ricerche sul tema prima di autorizzare qualsiasi attività di estrazione, al fine di comprendere il reale impatto che potrebbe subire l’ecosistema marino.
Tra i minerali maggiormente presenti nei fondali marini e più utili per la transizione ecologica, il cobalto e lo zinco. La Norvegia, quindi, muovendo i primi passi in questo business, potrebbe diventare un leader nel processo di transizione, favorendo automaticamente anche gli altri paesi europei. Oltre a questi argomenti, le aziende che spingono per l’estrazione mineraria in acque profonde, sostengono anche che sarà più economica e avrà un impatto ambientale minore rispetto all’estrazione sulla terraferma.
L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura ha affermato che l’attività mineraria potrebbe aggredire il fondale marino con inquinamento luminoso e acustico e danneggiare gli habitat della biodiversità che abita questi ecosistemi. Ad opporsi allo sviluppo incondizionato di questo business non sono solo gli attivisti e gli scienziati ambientali, ma anche la comunità politica dei paesi vicini alla Norvegia, membri dell’UE in primis. A novembre, infatti, il Parlamento europeo aveva scritto una lettera aperta ai politici norvegesi per frenare l’approvazione del disegno di legge. La lettera degli europarlamentari metteva in guardia anche da un altro potenziale pericolo: diventando il primo paese al mondo a consentire l’estrazione di minerali dalle profondità marine, la Norvegia creerebbe un precedente nei negoziati ancora in corso sulla possibilità di aprire le acque internazionali all’estrazione mineraria nei fondali marini.
Contrarie anche alcuni operatori finanziari, estranei al settore, come la società di gestione italiana Etica Sgr, che a fine luglio 2023, aveva sottoscritto con altre 35 istituzioni finanziarie il Global Financial Institutions Statement to Governments on Deep Seabed Mining, un Investor Statement rivolto all’International Seabed Authority (Autorità Internazionale dei Fondali Marini, ISA), organismo parte dell’Onu con sede in Giamaica, in cui si esortavano i governi a proteggere gli oceani e a non procedere con l’estrazione in acque profonde fino a quando i rischi ambientali, sociali ed economici non saranno stati compresi a fondo e le alternative ai minerali di acque profonde non saranno state completamente esplorate.
Come riportato dal The Guardian, secondo l’Environmental Justice Foundation, l’estrazione mineraria in acque profonde non è necessaria per la transizione verso l’energia pulita. Per la fondazione, infatti, una combinazione di nuove tecnologie, economia circolare e riciclaggio potrebbe ridurre la domanda di minerali del 58% tra il 2022 e il 2050.
Il prossimo incontro dell’Autorità Internazionale per i Fondali Marini si svolgerà entro la fine dell’anno e proseguiranno i negoziati per finalizzare le norme sull’estrazione mineraria in acque profonde nelle acque internazionali. Da diversi anni l’ISA cerca di fissare delle regole comuni per il “deep sea mining”, ottenendo fino ad oggi scarsi risultati. Ma ora che le tecnologie per svolgere l’attività mineraria negli abissi sono più concrete e disponibili, il suo intervento si fa realmente urgente. Bisogna attendere per vedere come il precedente stabilito dalla Norvegia potrebbe influenzare gli approcci degli altri paesi.