La rendicontazione relativa a rischi e opportunità legati al cambiamento climatico continua a crescere: l’87% delle società italiane considera nei propri processi di gestione del rischio quelli legati al cambiamento climatico e una società su quattro ha sviluppato un’analisi di scenario utile a prevedere gli impatti evolutivi del cambiamento climatico sulla propria organizzazione e viceversa. È quanto emerge dalla seconda edizione del rapporto curato da Deloitte, L’attuazione delle Raccomandazioni TCFD nelle società quotate italiane che approfondisce le modalità con cui le società appartenenti agli indici azionari nel 2023 hanno affrontato i temi legati al climate change e alla transizione energetica attraverso l’analisi di documenti pubblici, siano essi redatti per obbligo di legge o in forma volontaria.
Nonostante la consapevolezza delle imprese quotate italiane riguardo la materialità del cambiamento climatico sia in aumento, come testimoniato dall’interesse a riorientare i modelli di business in direzione della transizione energetica e dall’aumento del numero di aziende disposte a rendicontare in modo trasparente sia gli impegni assunti sia i risultati conseguiti, ci sono ancora dei passi da realizzare. Questi comprendono, per esempio, l’incremento delle competenze degli organi di governance in materia di cambiamento climatico, una maggiore diffusione di misure di adattamento e di impegni per la carbon neutrality e un’incidenza ancora troppo ridotta del climate change nelle politiche di remunerazione.
La presentazione si tiene oggi, martedì 14 maggio, alle ore 11 presso la Deloitte Greenhouse a Milano, in via Tortona 25. L’incontro si apre con gli interventi di Valeria Brambilla, AD di Deloitte & Touche, e Stefano Pareglio, Presidente di Deloitte Climate & Sustainability, a cui fanno seguito gli interventi di Alessandra Cerruti, Senior Manager Deloitte & Touche, e Daniele Strippoli, Partner Deloitte Climate & Sustainability. Segue una tavola rotonda, moderata da Roberto Race, a cui prenderanno parte Agostino Re Rebaudengo, Presidente Elettricità Futura e Presidente Asja Ambiente Italia, Monica de Virgiliis, Presidente Snam, Giuseppe Zammarchi, Head of ESG Metrics, Policies and Disclosure UniCredit, Agnese Gramoli, Team Leader Sustainability & Stakeholder Engagement Credem.
“La crescente consapevolezza delle imprese di media e grande dimensione italiane sulle tematiche legate al cambiamento climatico e in generale dei fattori ESG”, ha dichiarato Valeria Brambilla, AD di Deloitte & Touche “rappresenta un significativo passo in avanti per l’intero ecosistema del nostro Paese in un contesto di forte sensibilità e crescente attenzione da parte delle istituzioni, degli investitori, dei consumatori e degli enti regolatori. I dati che emergono dal nostro rapporto e le interlocuzioni che abbiamo con il mondo imprenditoriale dimostrano un ruolo importante dei fattori ESG nella definizione delle strategie“.
“Le aziende quotate italiane sono sostanzialmente consapevoli del ruolo che il cambiamento climatico e la transizione energetica hanno nel determinare l’evoluzione dei modelli di business”, ha commentato Stefano Pareglio, Presidente di Deloitte Climate & Sustainability. “Ci sono però molti margini di miglioramento. Dalle competenze del board e del management alle politiche di remunerazione, dalle analisi di scenario alla strategia di allocazione del capitale, dalla gestione del rischio alle relazioni con la catena di fornitura, fino dalle misure di adattamento, registriamo infatti gradi di maturità assai diversi e dunque l’esigenza di azioni più incisive”.
Il rapporto si concentra sull’attuazione delle raccomandazioni TCFD e ne misura, se presenti, eventuali progressi in merito a quattro aree tematiche: governance, strategia, gestione del rischio, metriche e obiettivi.
Governance
La governance delle questioni climatiche ha un ruolo primario per l’integrazione della sostenibilità nelle strategie e nelle attività ordinarie di ogni società. Il 69% delle società interpellate, in aumento rispetto al 60% dello scorso anno, ha attribuito responsabilità in materia di sostenibilità a un comitato endoconsiliare specifico. Il 41% delle società indagate inoltre dichiara la presenza di almeno un membro, all’interno del Consiglio di Amministrazione, dotato di competenze in tema ESG, cambiamento climatico e sostenibilità in senso lato: tale risultato è più che raddoppiato rispetto al rapporto dello scorso anno, in cui si rilevava la presenza di almeno un consigliere per il 18% del campione. Altri parametri sono in crescita rispetto a quanto registrato nell’ultima edizione: il 19% del campione analizzato dichiara di aver istituito un management committee con responsabilità specifiche legate all’adattamento e alla mitigazione del cambiamento climatico, in aumento rispetto al 15% del 2022; il 44% delle società appartenenti al campione analizzato possiede invece una politica di remunerazione con obiettivi legati al cambiamento climatico, in aumento rispetto al precedente 29%.
Strategie sul clima
Le organizzazioni sono chiamate a considerare gli impatti negativi sulle attività, gli obiettivi e la pianificazione finanziaria che potrebbero derivare da una mancata visione strategica. Le analisi condotte sul campione confermano che, in linea con quanto riportato lo scorso anno, il 94% delle aziende riconosce il cambiamento climatico come tema materiale e rilevante per la società e i suoi stakeholder. Si evince inoltre che il 25% delle società analizzate ha sviluppato un’analisi di scenario utile a prevedere gli impatti evolutivi del cambiamento climatico sulla propria organizzazione (e viceversa) e che la maggior parte (67%) di tali organizzazioni dà disclosure di chiare informazioni a riguardo. Questo risultato evidenzia, rispetto all’ultimo rapporto, un miglioramento in termini chiarezza e trasparenza: del 24% di società che sviluppavano un’analisi di scenario, solo il 43% ne dava disclosure in modo appropriato.
Gestione del rischio climatico
Le società sono chiamate a descrivere i propri processi di gestione del rischio per l’identificazione, la valutazione, l’integrazione a livello di sistema di gestione del rischio e le relative azioni di mitigazione intraprese. L’87% delle società analizzate considera i rischi e le opportunità derivanti dal cambiamento climatico nei propri processi di gestione del rischio, seppur in alcuni casi in modo generico all’interno dei rischi di natura ambientale. Rispetto all’analisi dello scorso anno, in cui tale integrazione si attestava al 70%, si registra un notevole miglioramento. In tema di quantificazione vanno tenute presenti due evoluzioni positive: il 51% del campione, in aumento rispetto al 41% registrato nel rapporto dello scorso anno, ha dichiarato di valutare i rischi climatici fisici e di transizione, seppur in alcuni casi solo genericamente e senza quantificarne sistematicamente i relativi impatti monetari e il 51% delle società in campione – rispetto al 34% dello scorso anno – quantifica le opportunità climatiche, seppur, in alcuni casi, senza quantificarne i relativi impatti monetari.
Metriche e obiettivi per monitorare i rischi del climate change
L’ultima area di Raccomandazioni TCFD riguarda la definizione e l’utilizzo di target e metriche per monitorare i rischi climatici associati all’uso di energia e di risorse naturali quali acqua, aria e suolo. Il 72% del campione ha effettuato analisi di Carbon Footprint relative all’organizzazione e/o ai propri prodotti o, seppur non presenti informazioni dettagliate a riguardo, offre prodotti e servizi green e svolge relative analisi in materia ambientale. Il 36% del campione in analisi nel 2022 ha aderito al questionario CDP Climate Change, che fornisce un’indicazione su come il business dell’azienda influisce sul cambiamento climatico e viceversa. Infine, il 23% del campione in analisi, rispetto al 16% dello scorso anno, dichiara di aver identificato obiettivi quantitativi di riduzione delle emissioni GHG connessi agli Science Based Targets e un target di neutralità carbonica.