Summit per il clima

Clima, COP26 scalda i motori: il 31 al via a Glasgow la 26a Conferenza delle Parti

A novembre il Regno Unito, insieme all’Italia, ospiterà la COP26 che molti ritengono essere la migliore, nonché ultima, opportunità del mondo per tenere sotto controllo le conseguenze devastanti dei cambiamenti climatici. Questo evento è organizzato dalle Nazioni Unite e riunisce quasi tutti i Paesi della terra per i vertici globali sul clima – chiamati COP – ovvero ”Conferenza delle Parti”. Quest’anno si terrà il 26eismo vertice annuale, di qui il nome COP26.

La conferenza sul clima COP26 sarà presieduta dal Regno Unito e avrà sede a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre 2021. L’etimologia della città si fa risalire a “Piccola Valle Verde” e ciò la rende il luogo ideale per ospitare un evento COP dedicato alla sostenibilità.

La decisione del governo del Regno Unito di ospitare la kermesse riflette l’impegno di questo Paese a far fronte all’urgenza del cambiamento climatico. Esperti provenienti da tutto il mondo si riuniranno a Glasgow insieme a Capi di Stato, esperti di clima, attivisti e imprenditori per concordare un’azione concertata. Alla COP26 sul clima l’UE sarà rappresentata dal Consiglio e dalla Commissione europea: la delegazione dell’UE a Glasgow, formata da un gruppo di funzionari del Consiglio e della Commissione, sarà guidata dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel, dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e dal primo ministro della Slovenia Janez Janša in qualità di presidente di turno del Consiglio dell’UE.

Nel corso della riunione le parti esamineranno i progressi compiuti in relazione agli impegni assunti in occcasione della COP21 tenutasi a Parigi. Il contributo degli accordi presi in quella sede è stato sostanziale perché per la prima volta tutti i Paesi accettarono di collaborare per limitare l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2°C, puntando a limitarlo a 1,5°C. Inoltre, gli stessi si impegnarono ad adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici ed a mobilitare i fondi necessari per raggiungere questi obiettivi.

Nel quadro dell’Accordo di Parigi ciascun Paese si è impegnato a creare un piano nazionale indicante la misura della riduzione delle proprie emissioni, detto Nationally Determined Contribution (NDC) o “contributo determinato a livello nazionale”. I Paesi concordarono che ogni cinque anni avrebbero presentato un piano aggiornato che rifletteva la loro massima ambizione possibile in ambito climatico e Glasgow sarà il momento in cui i paesi dovranno concretamente presentare le azioni climatiche che adotteranno negli anni futuri per raggiungere gli obiettivi fissati.

Realisticamente però gli impegni presi a Parigi non sono sufficienti per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, e la finestra utile per il raggiungimento di questo obiettivo si sta via via chiudendo, quindi per quanto il vertice di Parigi sia stato un evento epocale, i Paesi dovranno spingersi ben oltre quanto fatto in quella storica occasione per mantenere viva la speranza di contenere l’aumento della temperatura a 1,5°C. Il grafico della IEA (International Energy Agency) qui di seguito riporta una analisi basata su quatro diversi scenari che rappresentano quattro diversi approcci con cui può essere affrontato il cambiamento climatico e l’incremento delle temperature. Dal grafico emerge che, con le azioni climatiche concertate finora dai paesi, la tendenza porterà le temperature ad un continuo incremento fino a superare i 2,5°C.

L’unica opportunità di poter raggiungere gli obiettivi prefissati durante gli Accordi di Parigi sarebbe quella di adottare lo scenario Net Zero, che prevede emissioni nette di CO2 pari a zero nel 2050 a livello globale e rapide riduzioni di altri inquinanti (come il metano). A questo punto l’aumento della temperatura raggiungerà un livello massimo di poco superiore a 1,5 °C intorno al 2050 e inizierà a diminuire lentamente grazie alle continue riduzioni delle emissioni fino a toccare gli 1,4 °C nel 2100.

Gli obiettivi che ci si prefissa di raggiungere durante la COP26 sono quattro:

1. Presentare obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni entro il 2030 che siano allineati con il raggiungimento del traguardo Net Zero e puntare a limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C entro il 2050,

2. Adattarsi per la salvaguardia delle comunità e degli habitat naturali,

3. Mobilitare i finanziamenti (erano stati previsti almeno 100 miliardi di dollari l’anno in finanziamenti per il clima entro il 2020)

4. Collaborare (rafforzare la collaborazione tra i governi, le imprese e la società civile nel contrasto alla crisi climatica)

Peraltro, questo ultimo punto può sembrare il più semplice da conseguire ma dai più è considerato come l’obiettivo più spinoso e ostico da portare a termine. Il motivo è rappresentato dal “Libro delle Regole” di Parigi. Alla COP26, infatti, tra gli altri obiettivi, i delegati mireranno in primis a finalizzare il “Paris Rulebook” che contiene le regole necessarie per attuare l’accordo di Parigi del 2015 e a concludere le questioni in sospeso della COP25 di Madrid.

Il Rulebook è un tema molto sensibile e rappresenterà il vero e proprio percorso che ciascuna nazione dovrà seguire per raggiungere la neutralità climatica. Molte domande vertono su come i paesi dovrebbero preparare i loro NDC, ad esempio quali informazioni dovrebbero essere incluse in modo chiaro e trasparente in modo che altri paesi e parti interessate possano capire come ogni paese prevede di contabilizzare le proprie emissioni di gas serra (GHG). Anche la questione se tutti gli NDC debbano coprire lo stesso periodo di tempo è stata presa in considerazione nei negoziati, sebbene non sia stata ancora risolta. I paesi che fanno affidamento sul sostegno internazionale possono pianificare in modo più efficace l’azione per il clima se comprendono chiaramente il futuro sostegno finanziario che riceveranno dai paesi sviluppati. Il Rulebook quindi affronta i tipi di informazioni che i paesi sviluppati e altri paesi che forniscono supporto devono comunicare e un processo per come queste informazioni saranno considerate e discusse. Il regolamento offre anche una guida su quali tipi di informazioni i paesi partecipanti dovrebbero condividere in merito a priorità, piani e azioni di adattamento. E’ chiaro come soprattutto i paesi più arretrati e che puntano a crescere molto nei prossimi anni sopratutto sfruttando la leva dei combustibili fossili cercheranno di spingere per un’approccio di misurazione e reporting delle emissioni meno rigido e questo rallenterà sicuramente tutto l’iter decisionale.

A complicare ulteriormente la vicenda siaggiunga che Cina, Russia e India, tre dei più grandi emittenti di inquinanti al mondo, hanno già dichiarato che non parteciperanno alla conferenza.

La conferenza inizierà domenica 31 ottobre e seguirà il programma come riportato di seguito.