L'opinione di Rocchino Contangelo di Swisscanto Invest

Transizione energetica ecco i titoli che avranno i maggiori benefici

La transizione energetica, urgente e necessaria, richiede elevate risorse economiche: l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) stima gli investimenti necessari per raggiungere l’obiettivo di un’economia globale «net zero» entro il 2050 in 150 miliardi di dollari. Considerando i 30 anni che devono ancora trascorrere prima di arrivare al 2050, ciò significa un investimento di 5 miliardi di dollari all’anno. 

Che tali stime non siano del tutto infondate, è dimostrato da cifre analoghe dell’Organizzazione internazionale per le energie rinnovabili (IRENA), che prevede un fabbisogno di investimenti pari a 131 miliardi di dollari entro il 2050, ovvero 4.4 miliardi di dollari all’anno. La Bank of America ha rilevato che negli ultimi cinque anni sono stati investiti solo 2.3 miliardi di dollari all’anno nella transizione energetica a livello globale. Evidentemente vi è un notevole gap da colmare. Per orientarsi seriamente verso il «net zero», nei prossimi anni si dovrebbe investire in modo mirato un ulteriore 4% della performance economica mondiale per il cambiamento climatico.  

Da dove provengono i capitali necessari? 

In linea di massima, sono disponibili quattro fonti di finanziamento

  • Investimenti diretti di aziende e privati 
  • Crediti bancari 
  • Mercato dei capitali 
  • Finanziamenti da parte dei bilanci pubblici (ad es. EU Green Deal e altri) 

In qualità di asset manager, siamo particolarmente interessati agli investimenti diretti delle aziende, perché ci aspettiamo che nei prossimi anni vi saranno numerose aziende che realizzeranno risultati positivi nell’ambito della transizione energetica. Stimolante è anche il tema dei «green bond», che sono sempre più emessi e che suscitano un forte interesse da parte degli investitori. 

Rocchino Contangelo, Head of ESG-integrated Global Research di Swisscanto Invest

Negli ultimi anni, gli investimenti di imprese e privati nel settore della transizione energetica sono passati dai 60 miliardi di dollari del 2005 ai ben 500 miliardi di dollari del 2020.

Gli investimenti si sono indirizzati soprattutto ai settori delle energie rinnovabili e della mobilità elettrica. Anche in futuro l’economia privata avrà le maggiori probabilità di trainare le innovazioni per il cambiamento climatico. Tuttavia, alla luce del fabbisogno di investimenti di 5 miliardi di dollari all’anno, il capitale mobilitato dall’economia privata è ben lungi dall’essere sufficiente anche solo ad avvicinarsi all’obiettivo dell’Accordo di Parigi sul clima. Ci aspettiamo che gli investimenti del settore privato aumenteranno fortemente nei prossimi anni, mentre le altre fonti di finanziamento continueranno a essere importanti o addirittura ad aumentare di peso. 

Riteniamo che saranno soprattutto le imprese del settore delle energie rinnovabili, insieme ai loro fornitori, a beneficiare dell’onda «green». Tra queste potremmo citare aziende come First Solar, Orsted, Vestas, Siemens o Gamesa, ma anche Enel o Northland Power.

Vediamo un potenziale anche nelle imprese «clean tech», grazie alle loro soluzioni sostenibili per l’ambiente e le infrastrutture (Schneider Electric) o che facilitano l’economia circolare (Ecolab, Waste Management). Il nostro interesse è rivolto anche a tutte le aziende che possono aumentare l’efficienza energetica e delle risorse degli edifici o persino delle città (Rockwool, Owens Coming, Kingspan, Itron, Carrier Global ecc.). Le società sopra citate sono investibili attraverso le loro azioni. La loro inclusione nei nostri portafogli sostenibili, tuttavia, è e rimane il risultato di una valutazione fondamentale completa e continua che, oltre all’impatto sostenibile (Impact), attribuisce massima importanza alla «qualità», anche sotto forma di un rendimento sul capitale investito (ROIC) ordinario. 

Ci sono anche aziende svizzere che cavalcano l’onda green, come Gurit, Belimo, Zehnder, Meyer Burger, Sika e ABB che beneficiano di questa domanda di investimenti sostenibili. 

Alcune aziende che operano in settori ad alta intensità di CO2 sono particolarmente chiamate ad agire per invertire le conseguenze climatiche delle loro elevate emissioni di CO2. In questo caso, i vantaggi di ogni franco investito per il clima potrebbero essere particolarmente elevato. Alcuni noti produttori di acciaio e cemento con elevate emissioni di CO2 si sono già impegnati a rispettare gli obiettivi scientifici dell’SBTI (Science Based Target Initiative): nel settore dell’acciaio la tedesca Thyssenkrupp, la svedese SSAB. Nell’industria del cemento la svizzera Holcim e la tedesca HeidelbergCement

Cosa potrebbe comportare la Conferenza sul clima COP26 per queste aziende? 

I CEO vogliono che i governi e i responsabili politici definiscano condizioni quadro chiare per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità e climatici. La società di consulenza Accenture, insieme al Global Compact delle Nazioni Unite, ha presentato durante il vertice sul clima uno studio a cui hanno partecipato 1230 CEO di 113 Paesi e 21 settori. Nell’ambito della COP26 di Glasgow, vengono richieste ai governi misure puntuali, in particolare per quanto concerne la definizione esatta dei prezzi del carbonio, gli investimenti nelle infrastrutture e impegni finanziari per una soluzione «net zero» adeguata per i Paesi in via di sviluppo. Altrettanto importante è la presenza di buone condizioni quadro giuridiche: solo l’1% degli immobili esistenti viene sottoposto a interventi per la riqualificazione energetica. Qui la politica può intervenire.  

Una cosa che è già stata raggiunta è la chiara intenzione di consolidare la rendicontazione sostenibile creando un comitato incentrato sulla sostenibilità presso la Fondazione IFRS per gli standard contabili internazionali (l’International Sustainability Standards Board). 

C’è speranza… ma una cosa è certa, il tempo stringe e che il mondo deve agire ora. Ne abbiamo avuto un avvertimento la scorsa estate con il caldo e gli incendi in Europa meridionale, le forti piogge e le inondazioni nell’Europa settentrionale. Quanto più a lungo attendiamo, tanto più alto sarà il prezzo da pagare!