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L'opinione di Carlos Ruiz de Gauna di Arcano Partners

Idrogeno verde, tante potenzialità ma altrettanti limiti

Le principali economie mondiali hanno trasformato l’idrogeno verde – quello prodotto attraverso energie rinnovabili – in punta di lancia per raggiungere la neutralità climatica nel 2050, cercando di sostituire i combustibili fossili (petrolio, carbone e gas naturale), responsabili del 70% delle emissioni di anidride carbonica, con idrogeno di origine rinnovabile. 

Come primo passo, la tabella di marcia proposta nel Patto Verde Europeo stabilisce che entro il 2030 l’idrogeno rinnovabile debba rappresentare tra l’8% e il 24% del consumo energetico primario (attualmente è al 2%) e che vengano installati 40 gigawatt (oggi si arriva appena all’1% di questa cifra).

Carlos Ruiz de Gauna, Managing Director, Arcano Partners

L’idrogeno verde è stato utilizzato per decenni in diversi settori (chimica, raffinazione, fertilizzanti e metallurgia, per citarne solo alcuni), tuttavia oggi tutti parlano del suo utilizzo come vettore energetico essenziale per sostituire l’energia ottenuta a partire da combustibili fossili. In realtà, la politica di numerose economie si sta lasciando sedurre da questa idea, promuovendo l’idrogeno come soluzione principale e pressoché unica per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione. Se da un lato l’idrogeno rinnovabile presenta molti vantaggi in quanto fonte di energia pulita e versatile, dall’altro deve affrontare anche sfide in termini di efficienza, infrastrutture e sicurezza.

Per cominciare, non sembra essere il mezzo energetico più efficiente. Le perdite di energia in tutto il processo di produzione (elettrolisi, trasporto, stoccaggio e distribuzione) possono raggiungere l’80%. Inoltre, è leggerissimo, il che ne rende molto complicato il trasporto, e la sua distribuzione implica condizioni più complesse a causa delle proprietà fisiche di questo gas e delle complicazioni insite nella sua liquefazione e rigassificazione. Inoltre, ha una bassissima densità volumetrica di energia. Al contrario del gas naturale, che ha una densità tre volte superiore. Ciò significa che, a parità di contenuto energetico, sarebbe necessario trasportare un volume di idrogeno di tre volte superiore, il che implica più trasporto e, evidentemente, costi maggiori.

È opinione comune che il primo uso che deve essere dato all’idrogeno rinnovabile per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione è quello di sostituire quello prodotto con energia di origine fossile che viene utilizzato in quei settori che sono difficili da elettrificare. Per il resto dei segmenti, riteniamo l’elettrificazione con fonti rinnovabili come migliore alternativa per ottenere la desiderata decarbonizzazione dell’economia e l’indipendenza energetica.

Indubbiamente, l’energia fotovoltaica e quella eolica sono chiamate a guidare la transizione energetica in un momento in cui il loro costo di generazione (USD/MWh) è stato abbattuto sensibilmente. Dal 2010, il costo di un MWh di energia fotovoltaica si è ridotto di oltre il 75% e quello dell’energia eolica onshore di oltre il 60%.

A questo proposito, come sottolinea l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), la recente crisi energetica globale e la ricerca dell’indipendenza energetica sono servite da catalizzatore per l’installazione di generazione rinnovabile, dando impulso agli investimenti annuali in energie rinnovabili entro il 2030 di oltre il 50% rispetto ai livelli attuali.

Nessuno dubita che l’idrogeno rinnovabile possa svolgere un ruolo significativo nella transizione energetica, ma al di là della riduzione dei costi di produzione, che sicuramente arriverà, non dimentichiamo le caratteristiche di questo gas che pongono sfide diverse legate alla sua produzione, al suo stoccaggio e alla sua distribuzione.