Carbon Tracker Initiative

Eni è la società petrolifera con la migliore strategia di decarbonizzazione

Eni si conferma al top come strategia di decarbonizzazione tra i gruppi petroliferi. Nel complesso, tuttavia, gli sforzi per ridurre le proprie emissioni dei big dell’oil non sono sufficienti e, avanti di questo passo, in 8 anni è molto probabile che sarà già raggiunto l’aumento delle temperature di 1.5 gradi. E’ questa la sintesi dell’analisi del think tank finanziario indipendente Carbon Tracker Initiative che ha confrontato i target climatici e le strategie di decarbonizzazione delle 15 maggiori aziende quotate in borsa attive in settori “carbon intensive”. Per il terzo anno consecutivo, il gruppo del cane a sei zampe si è classificato al primo posto tra le società Oil & Gas internazionali nella classifica pubblicata nel report, di Carbon Tracker, Absolute Impact 2022: Why Oil and Gas Companies Need Credible Plans to Meet Climate Targets.

Anche quest’anno, dall’analisi emerge che gli obiettivi net zero delle società petrolifere e del gas non bastano per allinearsi ai target di contenimento dell’aumento della temperatura atmosferica terrestre stabiliti dall’Accordo di Parigi. È necessario, infatti, che le aziende fissino tagli alle emissioni in termini assoluti e obiettivi intermedi significativi per essere credibili.

Dal report risulta evidente che rispetto alla prima pubblicazione, nel 2020, siano aumentati gli obiettivi “net zero”. Ma la capacità di questi obiettivi di avere un reale impatto sulla riduzione della temperatura varia a seconda della società. Nel report Eni è risultata la prima tra le compagnie Oil & Gas analizzate per “target che ambiscono a ridurre le emissioni di gas serra che derivano da tutte le proprie operazioni e dai prodotti energetici (quindi scope 1, 2 e 3) e per la completezza della metodologia di rendicontazione, inclusiva di tutte le attività”.

In particolare, spiega il rapporto, Eni è una delle sole quattro aziende a presentare riduzioni in termini assoluti delle emissioni derivanti dalla produzione e dall’uso dei suoi prodotti e ha la politica climatica più forte: si è impegnata infatti a tagliare il 35% delle emissioni entro il 2030, rispetto al precedente obiettivo del 25%.

Fonte: Absolute Impact 2022: Why Oil and Gas Companies Need Credible Plans to Meet Climate Targets.

Il think tank finanziario evidenzia come per avere una possibilità di successo del 66% di mantenere l’aumento di temperatura entro 1,5°C la quantità di emissioni che possiamo rilasciare in atmosfera (a livello globale) è di circa 320 Gt di CO2, il cosiddetto “Carbon Budget”. Considerando che attualmente sono emesse ogni anno 40,5 Gt di CO2, significa che mancano 8 anni per raggiungere l’aumento di temperatura di 1,5 °C; 15 anni invece per raggiungere un incremento di 1,7°C.

Fonte: Absolute Impact 2022: Why Oil and Gas Companies Need Credible Plans to Meet Climate Targets.

A livello globale, la produzione e l’utilizzo finale di petrolio e gas producono ogni anno circa 20 Gt di emissioni di gas serra, circa il 58% delle emissioni totali annue. Questo significa che la pressione sociale, politica e normativa sui produttori di combustibili fossili si farà sempre più forte, spingendoli a ridurre la produzione per limitare il riscaldamento dell’atmosfera. Anche in assenza di una riduzione dell’offerta, sottolinea il report, la domanda di prodotti a base di combustibili fossili diminuirà inevitabilmente, poiché i politici saranno costretti a rispondere agli impatti fisici del cambiamento climatico. E di questo ne sono ormai consapevoli gli investitori sempre più attenti alla questione ambientale.

Nel prendere in considerazione una società su cui investire, quindi, la definizione di obiettivi appropriati è dunque solo il primo passo; l’approccio per raggiungere le riduzioni delle emissioni deve essere credibile per garantire che si verifichino le riduzioni dichiarate e che non si aumenti l’esposizione degli azionisti ai rischi di transizione. Per sostenere l’impegno degli investitori nei confronti delle aziende, il report evidenzia una serie di “criteri di credibilità” per valutare i piani di riduzione delle emissioni delle aziende.

Affinché gli approcci siano credibili, gli obiettivi di emissione non devono essere raggiunti attraverso dismissioni di attività brown che “creano spazio” nel bilancio delle emissioni per continuare a investire in nuovi sviluppi di petrolio e gas; non devono fare eccessivo affidamento sulle tecnologie di mitigazione delle emissioni (EMT), come per esempio le tecnologie di cattura, utilizzo e/o stoccaggio del carbonio (CCUS), le tecnologie a emissioni negative (NET) o le soluzioni basate sulla natura (Nature Based Solutions) la cui efficacia non è stata ancora assicurata; non devono dipendere dall’acquisto di compensazioni di terze parti che potrebbero essere solo emissioni evitate e non effettivamente eliminate.

A tal fine, il think tank finanziario ha presentato infine nel rapporto una serie di domande che gli investitori possono porre per valutare attivamente i piani delle aziende. Queste sono: L’azienda cerca di ottenere riduzioni assolute attraverso la dismissione di asset? Se i piani dell’azienda prevedono CCUS o NBS, allora: L’azienda ha quantificato le emissioni che intende mitigare? Quale sarà la percentuale delle emissioni future (2030/2050) dell’intero ciclo di vita? Che tipo di progetti sono previsti e la tecnologia è già disponibile alla scala necessaria? L’azienda ha esperienze precedenti con progetti simili? L’azienda ha delineato piani di investimento per sostenere gli investimenti? I piani dell’azienda prevedono l’acquisto di compensazioni da parte di terzi? Queste compensazioni comportano effettivamente emissioni negative che non si sarebbero verificate se non fosse stata acquistata la compensazione? (O si tratta semplicemente di emissioni evitate)?