Le attrezzature da pesca abbandonate sono i rifiuti maggiormente rinvenuti nei mari di tutto il mondo e rappresentano una delle più serie minacce alla biodiversità marina: per questo la Divisione Subacquea di Marevivo si è immersa nelle acque dell’Isola del Giglio liberandole da una rete fantasma.
L’operazione si è resa possibile grazie al supporto della Guardia Costiera-Corpo delle Capitanerie di Porto Santo Stefano e Isola del Giglio e di Banor, società che opera in ambito finanziario e che da anni collabora con Marevivo sponsorizzando alcuni dei progetti a tutela dell’ambiente marino.
Se a terra le nostre spiagge soffrono a causa della presenza di rifiuti, la situazione è ancora peggiore nelle profondità marine: secondo un rapporto realizzato da FAO e Unep (2009), ogni anno in tutto il mondo vengono abbandonate o perse dalle 640.000 alle 800.000 tonnellate di attrezzi da pesca (reti, cordame, trappole, galleggianti, piombi, calze per mitilicoltura). Il Great Pacific Garbage Patch, più comunemente noto come “isola di plastica”, è costituito per il 46% da attrezzature e reti da pesca. Nel nostro Mediterraneo recenti ricerche condotte in diverse località indicano che gli attrezzi da pesca possono rappresentare la maggior parte dei rifiuti marini registrati, con cifre che raggiungono anche l’89%.
I danni arrecati all’ambiente marino non si limitano all’inquinamento: una volta abbandonate, le attrezzature da pesca diventano vere e proprie trappole che occupano i fondali o che, trascinate dalle correnti, continuano a imprigionare e a pescare mettendo in pericolo la fauna e la flora marina, con il risultato che ogni anno circa 100.000 mammiferi marini e un milione di uccelli marini muoiono a causa dell’intrappolamento in reti da pesca fantasma o per l’ingestione dei relativi frammenti.
“Questo recupero – ha detto Rosalba Giugni, Presidente di Marevivo – rappresenta il grande lavoro di stretta collaborazione che Marevivo porta avanti da anni con le Amministrazioni e le realtà delle isole minori. Grazie alle indicazioni di un centro immersioni è stata segnalata la rete di 500 mt in una zona limitrofa a una già tristemente coinvolta dal naufragio della nave Costa Concordia e abbiamo deciso di intervenire grazie al supporto di Banor”.
“La tutela dell’ambiente e l’attenzione verso i temi della sostenibilità – ha dichiarato Giacomo Mergoni, CEO di Banor Capital – sono una priorità per noi di Banor. La nostra offerta si compone infatti di investimenti responsabili con un alto profilo ESG. Da diverso tempo sosteniamo l’Associazione Marevivo nel suo lavoro di tutela e salvaguardia del mare e dell’ambiente, contro l’inquinamento e la pesca illegale. La nostra sensibilità nei confronti di queste tematiche ci ha portati a voler nuovamente presenziare accanto alla Onlus Italiana in questa importante operazione di recupero e di bonifica dei fondali. Banor è lieta di poter dare un supporto diretto ad una giusta causa e di giocare il suo ruolo in questo progetto di recupero di reti fantasma, un problema ancora sconosciuto a molti, che ogni anno causa non solo inquinamento, ma anche la distruzione della biodiversità marina e la morte di molte specie animali”.