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Osservatorio sulla Sostenibilità

Fondazione Sodalitas: senza sostenibilità sociale non c’è futuro

Due anni di pandemia Covid-19 e il tragico impatto sociale ed economico della guerra hanno reso del tutto evidente che non ci può essere futuro senza sostenibilità sociale. Questo è tanto più vero in un Paese come l’Italia che presenta una situazione sociale particolarmente fragile da tanti punti di vista. La stessa transizione ecologica e digitale, pur necessaria, è destinata a produrre effetti negativi sul piano sociale in termini di occupazione e marginalizzazione delle persone. Per questo Fondazione Sodalitas, da sempre impegnata a promuovere il contributo dell’impresa allo sviluppo della società, ha deciso di dare vita a un Osservatorio permanente sulla Sostenibilità Sociale d’Impresa (SSI) con l’obiettivo di conoscere, approfondire e comunicare il contributo distintivo delle imprese nell’affrontare i profondi impatti su persone e società generati dai cambiamenti in corso, per realizzare una prospettiva duratura di sviluppo.

Un tale contesto attraversato da disuguaglianze e fratture sempre più ampie chiama le imprese a considerare centrale, nei prossimi anni, l’impegno a rafforzare la sostenibilità sociale. Per le aziende, impegnarsi in tal senso non è una questione di reputazione, né tanto meno di filantropia, ma è una scelta obbligata e non più rinviabile per preservare quei fattori da cui dipendono le prospettive di crescita economica e competitività aziendale, e che sono fortemente minacciati dalle crisi in corso.

È necessario, per le prospettive di crescita dell’azienda e di sviluppo della società, che questa responsabilità sia declinata sia nei confronti delle persone che fanno parte dell’azienda e della sua catena del valore che a beneficio degli stakeholder al di fuori del perimetro aziendale in senso stretto.

D’altra parte, la crescita dell’impresa è prodotta dal benessere, dalla creatività e dalla competenza delle persone che vi operano, e nello stesso tempo dall’empatia e fiducia che essa genera presso i propri stakeholder, clienti, fornitori e investitori, comunità e territorio. Sono le persone a determinare il livello di accettazione sociale che sostiene lo
sviluppo dell’impresa nel tempo.

Formazione dei giovani, sviluppo personale e professionale, benessere e sicurezza dei collaboratori, valorizzazione e inclusione delle diversità, generazione di una comunità coesa e integrata. Queste sono le sfide della sostenibilità sociale, che chiamano le imprese ad agire oggi per costruire solide prospettive di crescita e sviluppo. Alcune grandi aziende operano già in questa direzione, integrando la sostenibilità sociale nelle relazioni industriali, ad esempio attraverso accordi innovativi con i sindacati per migliorare la qualità di vita e sicurezza sociale dei propri dipendenti e delle loro famiglie, nonché nelle relazioni con il territorio, ad esempio attraverso ‘patti di comunità’ con le istituzioni e il privato sociale per realizzare iniziative sistemiche di rafforzamento della coesione e inclusione sociale. Sono esempi preziosi, a cui devono seguirne tanti altri per coinvolgere sempre più imprese in una sfida cruciale per il loro stesso futuro.

Principali evidenze

Le principali evidenze emerse dal 1° Rapporto dell’Osservatorio sulla Sostenibilità Sociale d’Impresa, presentate il 15 novembre in un convegno tenutosi presso l’Auditorium di Assolombarda a Milano, possono così essere riassunte:

  • A causa della drammaticità dell’emergenza climatica, nel corso degli ultimi anni l’impegno in sostenibilità è stato in prevalenza identificato – dai media, dall’opinione pubblica ed anche dalle imprese – con l’impegno sul fronte
    ambientale.
  • L’aggravarsi delle crisi sociali – la crescita della povertà, l’aumento delle diseguaglianze – stanno determinando una crescente attenzione al sociale su cui si innesta la previsione di un ulteriore probabile peggioramento dovuto al protrarsi della crisi economica ed energetica, alle ricadute sociali della crisi ambientale e agli inevitabili costi sociali della transizione ecologica e digitale.
  • Da qui deriva la consapevolezza della necessità di un maggiore impegno “sociale” da parte di tutti gli attori pubblici e privati e in particolare delle imprese che sono chiamate ad agire su un duplice fronte: interno (i dipendenti) ed esterno (la comunità di appartenenza). In particolare dalle imprese ci si attende un impegno rivolto a: migliorare la qualità del lavoro/il benessere dei dipendenti in azienda; migliorare la qualità della vita delle comunità dove l’impresa opera; promuovere politiche attive per i giovani per valorizzarli e motivarli; ridurre le diseguaglianze (sociali, geografiche/territoriali, di generazione, di genere…); difendere i diritti umani e sociali tramite un’attenta gestione della catena di fornitura.
  • Decisivo per quanto riguarda la sostenibilità sociale d’impresa è risultato il tema della misurazione dell’impatto delle iniziative messe in atto. A differenza dell’impegno ambientale che dispone di indicatori numerici (riduzione delle emissioni, risparmio energetico, risparmio idrico…) l’impegno sociale viene oggi quasi sempre “narrato” in modo qualitativo ovvero senza l’utilizzo di KPI’s numerici. Questo rende problematica la misurazione dei progressi nel tempo e il confronto tra realtà differenti. E rende anche più facile e meno verificabile il rischio di social washing.
  • Un freno all’impegno in SSI da parte delle imprese è costituito dalla maggiore difficoltà a valutarne il ritorno economico e questo fa sì che – a differenza dell’impegno ambientale che può generare tangibili risparmi (di acqua, di energia, di materie prime…) e goodwill da parte dei consumatori – venga spesso considerato un costo piuttosto che un investimento.
  • In verità – suggeriscono gli esperti – è dimostrato il nesso tra benessere in azienda e produttività: le imprese leader sul piano sociale sono più redditizie e riescono più facilmente ad attrarre e trattenere i giovani talenti più qualificati. Inoltre un buon radicamento territoriale è fattore competitivo in quanto generatore di buona reputazione e buone relazioni a livello locale e non solo.
  • L’attuale livello di impegno da parte delle aziende è giudicato in crescita ma complessivamente insufficiente. Vi sono ancora ampi scarti tra quanto viene dichiarato e quanto viene effettivamente realizzato. In generale è considerato maggiore l’impegno da parte delle grandi imprese – che possono investire più risorse e permettersi persone dedicate – ma in prospettiva viene considerato essenziale il coinvolgimento delle PMI che in Italia costituiscono la larga maggioranza.
  • Alla luce di quanto emerso da questa prima esplorazione appare opportuna una gestione più coordinata delle iniziative in ambito sociale in termini di responsabilità di gestione – oggi frammentata fra diversi centri di decisione aziendale ed un maggiore investimento in comunicazione al fine di dare visibilità e valorizzare le iniziative attuate.
  • Il benessere delle persone appare come il possibile valore-guida unificante in grado di connettere l’impegno interno e l’impegno esterno dell’impresa e il volontariato d’impresa la pratica virtuosa in grado di generare benessere sia per i dipendenti che per la comunità di appartenenza.
  • Infine alle imprese è attribuito il compito – oggi scarsamente praticato – di una comunicazione volta non solo a comunicare le cose buone fatte ma anche orientata a creare una diffusa cultura della sostenibilità e a promuovere comportamenti responsabili da parte dei cittadini-consumatori nei propri ambiti di vita e di consumo.