Una lampadina, metafora di impatto positivo

Italian Sustainability week

ESG per piccole e medie imprese: la comunicazione dei propri dati e risultati è la maggiore sfida

La sostenibilità è un percorso appena avviato ma non si tratta di una moda transitoria bensì di una grande opportunità per aumentare il valore di un’azienda nel medio e lungo termine. Ma per le piccole e medie aziende la sfida è ancora più rilevante rispetto ai gruppi di maggiori dimensioni, più strutturati e organizzati al proprio interno per gestire l’approccio alla sostenibilità. In particolare capacità di comunicare all’esterno, assenza di figure referenti dell’area ESG e mancanza di correlazione tra remunerazioni e obiettivi sostenibili sono le aree di possibile miglioramento per le pmi. E’ quanto emerge dal webinar “ESG for Mid & Small caps” organizzato da Borsa Italiana nell’ambito della Italian Sustainability week che si è conclusa il 2 luglio.

Nella prima tavola rotonda si sono confrontati analisti e service provider. Per Paola Carboni, Equity Analyst, Equita l’analisi ESG è incorporata nell’analisi fondamentale e per quanto riguarda la ricerca ESG è stato predisposto uno strumento sintetico che si basa principalmente sugli aspetti di materialità, comparabilità ed engagement, vale a dire confronto diretto con il management delle società, che per le pmi coincide spesso con l’imprenditore proprietario. E per le aziende più piccole interagire con le diverse agenzie di rating esistenti è forse lo scoglio più difficile. In alcuni casi non sanno neanche di avere già un rating esg.

Giorgio Maria Zancan, CEO of ESN & Head of ESG, Banca Akros ha sottolineato il rilievo strategico delle small cap e la realizzazione di un sistema di scorecard interno per valutare lo stato dell’arte delle aziende esaminate anche in relazione al posizionamento dei concorrenti e dei 17 obiettivi ONU. Il valore dell’area ESG è riconosciuto pressoché da tutte le aziende, la grande differenza è data dalla capacità di reporting su questi temi. La direttiva “CSRD” (Corporate Sustainability Reporting Directive) che attualmente si rivolge alle aziende con oltre 500 dipendenti e coinvolge circa 11mila società secondo le stime UE, con l’atteso abbassamento della soglia a 250 dipendenti farà crescere il numero delle aziende coinvolte a circa 50.000 nel 2026. Il reporting, ha sottolineato Zancan, deve essere sempre più integrato tra aspetti finanziari ed ESG e comprendere oltre ai dati passati anche quelli previsionali.

E sulla qualità del reporting delle piccole e medie imprese il percorso è lungo, ha affermato Andrea Randone, Head of Mid Small Cap Research, Intermonte SIM che ha richiamato una ricerca effettuata con il Politecnico di Milano su alcune società quotate da cui è emerso che la capacità di reporting era molto buona sull’area social, più lacunosa per ambiente e governance. Tra i suggerimenti alle pmi per migliorare questi aspetti vi sono quelli di fissare obiettivi ESG quantitativi per permettere rendicontazione, collegare remunerazione dei manager a obiettivi ESG di lungo termine, istituire comitato di sostenibilità o figura referente, dedicare una sezione del sito a progettualità e risultati ESG e integrare anche nelle comunicazioni periodiche (per es. trimestrali) i target futuri ESG e quelli già raggiunti.

La seconda tavola rotonda ha messo a confronto il punto di vista di diversi investitori istituzionali soprattutto in materia di scoring e di engagement. Per Francesco De Astis, Head of Italian Equity, Eurizon che ha ricordato che Eurizon è stato il primo a lanciare un prodotto etico nel 1996, il sistema di valutazione delle aziende è nodale e l’acquisto di ricerche esterne copre solo in parte il fabbisogno informativo. Per questo la società ha sviluppato uno score proprietario per la valutazione dei fattori ESG. La quotazione in borsa è un catalizzatore per quanto riguarda la sensibilità ai temi ESG. Fondamentale l’engagement che permette agli investitori di partecipare alla vita delle aziende ad esempio votando in assemblea contro i punti che non rispettano le best practices. Infine, le small cap hanno spesso un problema di comunicazione: fanno bene ma non sanno renderlo noto.

Antonio Amendola, Fund Manager, AcomeA ha poi sottolineato come l’Italia non sia seconda a nessuno in materia di sostenibilità e ha raccontato l’approccio collaborativo del fondo all’engagement. A proposito delle aziende del segmento AIM, ad esempio,  la società ha coperto quest’anno 5 società non analizzate da provider esterni ( e altre sono in pipeline) e ha fatto avviare il percorso per diventare società benefit ad un’altra azienda.

Nessun team di ricerca ESG separato dagli altri anche per Angelo Meda, Head of Equities & ESG Research, Banor SIM, poiché la società crede nella totale interrelazione tra aspetti finanziari e sostenibili. Il processo di analisi ha due stadi, il primo si basa su check list per evitare truffe ed engagement non corretto, superata questa fase il team di analisi fa la valutazione delle tematiche ESG. Le variabili da considerare sono molte ed è necessario focalizzarsi su quelle più quantitative mentre per quelle qualitative, oltre al confronto con il management, sono molto utili anche le ricerche sul web, come le recensioni degli ex dipendenti.

Anche per Fidelity, nata come fornitore di equity research e oggi attore principale del settore con oltre 400 analisti. la ricerca ESG è integrata con quella fondamentale, ha affermato Alberto Chiandetti, Portfolio Manager Equity, Fidelity International. Il ruolo dei dati è importante in queste analisi e vengono acquistati sia da terze parti che utilizzati rating proprietari e interni. Le correlazioni sono molto varie e non è possibile fare riferimento ad un solo provider (che spesso effettua solo un’analisi algoritmica dei testi pubblicati): il dialogo diretto con le imprese è necessario. Un’altra area problematica è rappresentata dall’assenza di standard globali ESG e dalla difficoltosa comparazione dei rating esistenti. E in questa direzione ha ricordato l’impegno dell’ESMA (European Securities and Markets Authority) per la realizzazione di un database unico per informazioni finanziari e non finanziarie (ESAP European Single Access Point).