L’inclusione dei criteri ESG nel settore assicurativo è sempre più diffusa. Quasi tutte le imprese di assicurazione italiane (99%), infatti, integrano la sostenibilità nei piani strategici e nelle politiche di investimento e includono obiettivi ESG nelle politiche di remunerazione. Inoltre, quasi la totalità (96%) presidia i temi ESG attraverso l’istituzione di comitati e/o funzioni specifiche dedicati alla sostenibilità e la pressoché totalità (98%) ha introdotto programmi di formazione rivolti a tutto il personale. Lo rileva la ricerca realizzata dal Forum per la Finanza Sostenibile e dall’Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici (ANIA), da cui è emerso che quest’anno è salita al 60% la percentuale delle compagnie di assicurazione che include i criteri ESG nelle proprie politiche di sottoscrizione, attraverso l’offerta di prodotti assicurativi, danni o vita diversi dai prodotti di investimento, che tengono in considerazione aspetti ambientali, sociali e/o di buona governance. Tale dato risulta in significativo aumento rispetto alle precedenti edizioni (quando era pari al 45% del campione), sebbene i risultati dell’indagine continuino a essere influenzati da un quadro normativo molto meno evoluto rispetto a quello relativo agli investimenti e caratterizzato dall’assenza di definizioni di prodotti danni “sostenibili”.
L’indagine, presentata a Roma nell’ambito delle Settimane SRI, la principale rassegna in Italia sulla finanza sostenibile, promossa e organizzata dal Forum per la finanza sostenibile, è giunta quest’anno alla terza edizione, con una partecipazione pari all’87% del mercato assicurativo italiano in termini di premi raccolti. Il dato è in continuo aumento rispetto agli anni precedenti: le compagnie rispondenti rappresentavano infatti una quota di mercato premi pari al 76% nel 2023 e al 73% nel 2022. La ricerca è stata realizzata con il sostegno di Etica SGR, EY, Payden&Rygel, Reale Mutua e dall’analisi di quest’anno
“Per le assicurazioni i temi della sostenibilità sono diventati una presenza costante e ineludibile. Dalla ricerca” osserva Massimo Giusti, Presidente del Forum per la Finanza Sostenibile, “emerge la conferma di come la scelta della sostenibilità sia irreversibile e ormai insita nelle pratiche quotidiane delle società assicuratrici, che negli ultimi anni, grazie a un forte impegno su questo fronte, stanno compiendo importanti passi in avanti”.
Come nelle edizioni precedenti, l’indagine è stata strutturata in tre sezioni con focus su governance, investimenti e sottoscrizione dei rischi.
Indice
Governance
Dalla ricerca è emerso che la pressoché totalità delle imprese di assicurazione italiane ormai integrano la sostenibilità nei piani strategici e nelle politiche di remunerazione. Un tendenza al rialzo rispetto all’anno scorso. Tuttavia lo scorso anno si è registrato un andamento bifronte. Se da una parte infatti è aumentato l’impegno verso il clima, sui temi sociali è stato fatto un passo indietro. I dato mostrano che le compagnie danno priorità ai temi ambientali, soprattutto agli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti Scope 1 e 2 (97% del campione), quelle legate agli investimenti (93%) e alle polizze (32%). Inoltre, le assicurazioni iniziano a promuovere i piani di adattamento ai rischi climatici volti a garantire l’assicurabilità dei settori più esposti (32%). Riguardo ai temi sociali, le imprese includono i diritti umani nelle politiche di investimento (61% del campione) e nelle politiche di sottoscrizione (36%), entrambi i dati in calo rispetto al 2023. Così come è scesa all’83% la quota del campione che include tra le priorità iniziative volte a promuovere e diffondere i valori ESG.
La quasi totalità del campione (96%) presidia i temi ESG attraverso l’istituzione di comitati e/o funzioni specifiche dedicati alla sostenibilità e la pressoché totalità (98%) ha introdotto programmi di formazione rivolti a tutto il personale. Infine, particolare attenzione viene data ai temi della diversità; la quasi totalità del campione (96%) integra l’obiettivo della parità di genere nelle politiche di gestione delle risorse umane.
Inoltre gli obiettivi ESG sono sempre più inseriti nelle politiche di remunerazione, per la parte variabile, il 97% utilizza indicatori quantitativi, affiancati nel 76% dei casi da indicatori qualitativi, dati che negli ultimi tre anni sono cresciuti significativamente.
In particolare, questi obiettivi di sostenibilità sono incentivi per le figure apicali quali l’amministratore delegato o il direttore generale (89% dei casi) e i dirigenti (90%). Una quota minoritaria (18%) li adotta nei confronti dei funzionari e di tutti i dipendenti.
La ricerca di modelli di governance della sostenibilità nel mondo assicurativo fa sempre più riferimento ai principi guida di grandi organizzazioni. Il 98% degli intervistati dichiara di impegnarsi in iniziative di promozione per lo sviluppo sostenibile, quelle più partecipate risultano essere i Principles for Responsible Investment (PRI, 77%), i Principles for Sustainable Insurance (PSI, 76%) e la Net-Zero Asset Owner Alliance (NZAOA, 73%). Nel complesso, la maggior parte delle iniziative è partecipata da una quota di campione superiore o analoga a quella degli anni precedenti, segno di un trend positivo nell’assunzione di impegni e nell’adesione a principi di sostenibilità da parte delle compagnie.
E tra le iniziative per la sostenibilità in Italia c’è anche il Forum per la Finanza Sostenibile al quale ha aderito la metà del campione dei partecipanti. “Le imprese assicuratrici rappresentano uno stakeholder fondamentale” dichiara Francesco Bicciato, Direttore Generale del Forum per la Finanza Sostenibile che aggiunge: “nel processo di transizione, le imprese di assicurazione svolgono un ruolo cruciale, offrendo copertura sia per le attività economiche sostenibili, sia per quelle impegnate a diventarlo. Inoltre, le compagnie assicuratrici sono fondamentali nella gestione dei rischi connessi al cambiamento climatico – si pensi ai rischi fisici, in deciso aumento -, anche attraverso lo studio di soluzioni innovative”.
Parità di genere
Tra le imprese di assicurazione emerge una particolare attenzione ai temi della diversità e l’obiettivo della parità di genere è integrato nelle politiche di gestione delle risorse umane dal 96% del campione, nella quasi totalità dei casi (94%) attraverso indicatori quantitativi. Tra questi, quello più diffuso è il divario salariale tra donne e uomini (gender pay gap) calcolato dall’86% del campione. Il 76% accompagna gli indicatori quantitativi con quelli qualitativi.
Entrando nel dettaglio, solo l’1% delle imprese che che si impegna nel raggiungere la parità di genere circoscrive l’impegno al solo consiglio di amministrazione. Nel 93% dei casi l’obiettivo riguarda tutto il personale, e nel 49% sia i dipendenti che il board. Per il 6% i ruoli coinvolti sono quelli dirigenziali (con anche l’inclusione del CdA in oltre la metà di questi).
Inclusione dei criteri ESG nelle decisioni di investimento
Rispetto al ruolo di investitori istituzionali delle compagnie di assicurazione, l’indagine mostra che la pressoché totalità del campione (99,7%) include i criteri ESG nelle proprie politiche di investimento, applicandoli a una quota rilevante dell’intero portafoglio investimenti.
L’inclusione dei criteri ESG nelle politiche e nelle decisioni di investimento avviene tramite una molteplicità di approcci che tengono in considerazione i criteri ESG. Quelli maggiormente utilizzati sono le esclusioni (100% del campione), l‘engagement (86%), il best in class (79%), le convenzioni internazionali (76%), gli investimenti tematici (76%) e il voting (71%). Risultano molto utilizzate (73% del campione) anche le politiche di disinvestimento.
“Non sorprende che l’esclusione resti un approccio popolare. Fornisce infatti indicazioni chiare: ai gestori sui fattori da privilegiare, e al mercato sui valori dell’investitore. Resta però importante che il caso di ogni investitore venga valutato a sé, come ci insegnano le nostre numerose collaborazioni con varie compagnie assicurative su questi temi” dichiara Antonella Manganelli, Chief Executive Officer & Co-Chief Investment Officer, Payden Global SIM.
Tra i settori più esclusi, i combustibili fossili sono quelli maggiormente citati, con particolare riferimento a carbone termico (75% dei casi), gas non convenzionale (68%), gas di scisto (66%) e petrolio non convenzionale (57%). Anche il settore delle armi risulta tra i più esclusi dall’universo investibile, soprattutto in relazione alle armi non convenzionali (69%) o, più in generale, a tutte le tipologie di armi (32%). Altri settori esclusi sono le scommesse e il gioco d’azzardo (20%) e il tabacco (17%). Il 74% esclude dai propri investimenti le imprese che hanno commesso gravi violazioni dell’UN Global Compact.
Per quanto riguarda invece l’engagement, nell’85% dei casi è stata definita una politica di impegno nei confronti degli emittenti inseriti in portafoglio. Chi, invece, non ha ancora adottato una politica formale cita come motivazione principale la natura occasionale delle iniziative di engagement avviate. I principali temi inclusi nelle politiche di impegno sono la gestione dei rischi legati al cambiamento climatico (nel 72% dei casi), il rispetto dei diritti umani (54%) e la riduzione delle emissioni climalteranti (49%). Spazio anche alle tematiche inerenti a legalità e sicurezza sul lavoro (47% dei casi) e alle politiche di remunerazione legate a obiettivi di sostenibilità (33%).
Sugli investimenti tematici, l’indagine conferma sul podio i settori delle energie rinnovabili (100% dei casi) e dell’efficienza energetica (99%). Molto diffusi risultano anche gli investimenti relativi ai temi della formazione (77%), della gestione delle risorse idriche (75%), dell’economia circolare (73%), del digitale (69%) e della salute (57%).
Grande attenzione viene poi data al cambiamento climatico: il 73% del campione cita esplicitamente l’obiettivo della neutralità climatica e la quasi totalità del campione (98%, in crescita rispetto agli anni precedenti) misura l’impronta di carbonio del portafoglio investimenti, nell’intento finale di decarbonizzarlo (88%) e identificare i rischi finanziari associati al cambiamento climatico (75%).
“Tra le esclusioni quello dei combustibili fossili è il settore più citato ed il carbone termico è in cima ai settori oggetto di disinvestimento. In un contesto nel quale gli eventi climatici estremi incombono al primo posto nella graduatoria dei rischi globali del prossimo decennio, rischiando anche di compromettere la stabilità finanziaria, è ancora possibile affrontare la sfida attraverso consapevolezza, promozione di investimenti volti a favorire i processi di transizione energetica, misurazione del rischio climatico dei portafogli di investimento”, evidenzia Arianna Magni, Head of Institutional and International Business Development, Etica SGR.
Inclusione dei criteri ESG nell’attività di sottoscrizione dei rischi
Dall’analisi è poi emerso che il 60% del campione (in forte crescita rispetto alle precedenti edizioni) include i criteri ESG nelle politiche di sottoscrizione, attraverso l’offerta di prodotti assicurativi danni o vita diversi dai prodotti di investimento che tengono in considerazione fattori ambientali, sociali e/o di buona governance. Chi non ha ancora incluso gli aspetti di sostenibilità nelle politiche di underwriting sta conducendo valutazioni in merito che dovrebbero concludersi, nella maggioranza dei casi, entro 1-2 anni.
Tra le motivazioni principali per cui le imprese di assicurazione decidono di includere i criteri ESG nei prodotti assicurativi ci sono l’intento di incentivare comportamenti più sostenibili e meno rischiosi nel 94% dei casi, incoraggiare la prevenzione dei rischi legati al cambiamento climatico per l’87% e integrare l’offerta commerciale 46%. Per un 30% la decisione è legata all’impulso normativo mentre una parte minore lo fa per migliorare la reputazione (12%) o per rispondere alle preferenze di sostenibilità dei clienti (8%).
Prodotti assicurativi con caratteristiche ESG
Le imprese che integrano i criteri ESG nelle politiche di sottoscrizione includono nella propria offerta di prodotti assicurativi prevalentemente prodotti con caratteristiche ambientali (100%) e prodotti con caratteristiche sociali (76%), mentre risultano residuali i prodotti con caratteristiche di buona governance (0,3%). Per quanto concerne i prodotti con caratteristiche ambientali, questi sono volti soprattutto alla riduzione di rischi catastrofali (94%), alla promozione delle energie rinnovabili (92%), alla mobilità sostenibile (76%) e alla riduzione dei danni ambientali (62%).
Mentre i prodotti con caratteristiche sociali sono indirizzati principalmente alla copertura per perdita di autosufficienza e malattie gravi (98%) o per invalidità (98%), alla promozione della prevenzione sanitaria (90%) e di stili di vita salutari (80%), nonché alla copertura delle fasce “deboli” della popolazione (48%).
Le modalità in cui avviene l’integrazione dei criteri ESG nell’offerta di prodotti assicurativi sono poi principalmente due: l’offerta di prodotti assicurativi dedicati ai temi ESG, per la copertura di rischi climatici (100%) e per favorire l’inclusione assicurativa (65%) e le limitazioni nell’offerta di prodotti assicurativi per attività esposte ad alti rischi ESG (92%), quali la produzione di armi e l’estrazione di combustibili fossili.
“La ricerca evidenzia come le compagnie assicurative stiano integrando in maniera significativa e strutturata i fattori ESG nelle proprie politiche di governance, investimento e attività di sottoscrizione dei rischi. Tuttavia”, conclude Ilario Cadringher, Director Sustainability Italy di EY, “il panorama normativo del settore è complesso e frammentato, comprendendo regolamenti come SFDR, Tassonomia, CSRD e la prossima CSDDD, ciascuno dei quali affronta aspetti distinti ma interconnessi della sostenibilità. La sfida principale per le compagnie sarà adottare un approccio olistico e integrato alla sostenibilità, che permetta loro di sfruttare le opportunità di mercato e, al contempo, di mitigare i rischi legati al greenwashing”.