Investimenti responsabili

DPAM, 10 anni in Italia da pioniere ESG

DPAM, società di asset management attiva in Europa specializzata negli investimenti sostenibili e responsabili, festeggia i dieci anni di attività in Italia e punta ad ampliare la propria attività. Da quando nel 2013 DPAM ha preso la scelta strategica di aprire gli uffici di Milano, la squadra manageriale dedicata al mercato italiano ha continuato a crescere e oggi conta sei professionisti, uno sviluppo accompagnato anche da quello raccolta. A oggi l’Italia vale quasi 2 miliardi di euro di patrimonio in gestione e in advisory per DPAM. Poco più del 50% da parte di clientela istituzionale con la parte rimanente quasi equamente divisa tra fund buyers e distributori di fondi a marchio DPAM. E l’Italia resta un Paese interessante per l’asset manager belga, come conferma l’amministratore delegato Peter de Coensel, a Milano per l’occasione.

Alessandro Fonzi, CFA, Deputy Head of International Sales e Country Head Italy di DPAM

“Le scelte dei nostri clienti e collocatori, premiano l’attenzione che DPAM presta da sempre alle tematiche ESG: quasi il 100% dei fondi, che sono circa i 2/3 della nostra attività in Italia, è articolo 8 o 9 ai sensi della normativa SFDR. Queste scelte sono state sempre dettate dalla performance, ma la dimensione della sostenibilità ha permesso a tutti noi di navigare con successo in anni di sfide ambientali e sociali importanti e potrebbe continuare a farlo in futuro, a fronte dei cambiamenti geopolitici in atto” ha sottolineato Alessandro Fonzi, CFA, Deputy Head of International Sales e Country Head Italy di DPAM.

Non solo la geopolitica, ma anche la normativa pone di fronte a sfide continue. “Ne sono un esempio le classificazioni dell’SFDR relative agli articoli 8 e 9, che ancora oggi sono al centro del dibattito legislativo. Il processo normativo è in continuo movimento e quello che possiamo fare noi come DPAM è di comunicare in modo più trasparente possibile ai nostri clienti. Come investitori particolarmente sensibili alle tematiche ESG, non ci resta che trasmettere ai clienti il valore degli investimenti sostenibili, che portano miglioramenti alla performance finanziaria e proteggono da rischi di varia natura”, ha aggiunto Fonzi.

Quadro geopolitico da un assetto bi-polare a multipolare

Terminata la Guerra Fredda, il mondo è stato dominato dagli Stati Uniti che hanno dato vita a un ordine globale unipolare. Tuttavia, i cambiamenti nella geopolitica stanno mettendo in discussione questa dinamica, spingendoci verso un mondo più multipolare. Questo aspetto geopolitico sta rimodellando la scacchiera internazionale, in gran parte immutata dagli accordi di Bretton Woods. Questo cambiamento avrà un impatto significativo sulle future tendenze degli investimenti, sul dollaro, sul mercato dei titoli di Stato e sulle materie prime. Nessun attore del mercato sarà immune a questa evoluzione che offre opportunità per alcune regioni, economie e settori.

“Durante l’era unipolare, nonostante alcuni conflitti isolati, le principali nazioni hanno mantenuto una pace quantomeno apparente. Ma il nuovo ordine mondiale punta al riconoscimento dei singoli Paesi sulla base delle dimensioni della popolazione e sulle capacità economiche, ritenute trascurate da istituzioni post-1945 come il G7 e il G20. All’orizzonte non c’è un mondo bipolare, ma multipolare. Paesi come l’India, l’Arabia Saudita, il Sudafrica e Singapore non sono più disposti a limitarsi a seguire la linea dettata da altri, ma preferiscono agire in base ai propri interessi nazionali”, ha dichiarato Yves Ceelen, CIO Global Balanced and Head of Institutional Mandates di DPAM.

In questo senso va letta anche l’evoluzione economica mondiale da un modello incentrato sugli Stati Uniti a uno incentrato sulla Cina, un’evoluzione avvenuta in soli due decenni. La Cina sembra essere alla guida della nuova era della globalizzazione, promuovendo alleanze con le nazioni sino ad ora ai margini attraverso iniziative come Belt & Road, BRICS+ e l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai. Queste piattaforme offrono un palcoscenico comune a Paesi, principalmente del Sud Globale (Paesi dell’America Latina, Asia, Africa e Oceania), con storie comuni di oppressione e sfruttamento, spesso per mano dell’Occidente. Al centro di questa narrazione c’è l’ascesa della Cina da vittima coloniale a potenza globale, che funge da faro per le nazioni meno inclini alla democrazia liberale.

La coesione tra queste nazioni sta crescendo, come dimostra l’espansione di organismi regionali come la SCO, l’EAEU, l’ASEAN, la CSTO, i BRICS e il RCEP. La tecnologia, in particolare i social media, è fondamentale per la diffusione delle informazioni. Inoltre, il modello di sviluppo economico cinese offre una visione alternativa per le nazioni non allineate che costituiscono circa i due terzi della popolazione globale.

risarcimenti legati ai cambiamenti climatici sono una possibile forma di manifestazione di questo   malcontento, che mette in luce la responsabilità delle nazioni industrializzate occidentali per la loro quota significativa nelle emissioni storiche. I Paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, pur avendo contribuito in misura minore ai cambiamenti climatici, sono quelli che soffrono di più per il loro impatto e chiedono un risarcimento.

La fine del dollaro-centrismo? E la ricerca di nuove valute di scambio

Sebbene il ruolo dominante del dollaro nel commercio globale possa diminuire ulteriormente, è importante ricordare che si tratta di una transizione continua, non di un crollo improvviso. Visto l’uso del dollaro USA (e dell’euro dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia) alla stregua di un’arma, gli altri Paesi trattano sempre più direttamente, lasciando al “biglietto verde” una quota minore negli scambi commerciali. Tuttavia, non dimentichiamo che il dollaro costituisce ancora circa il 70% del debito mondiale: molte nazioni emergenti hanno ancora obblighi finanziari in valuta americana.

Questa tendenza continuerà a svalutare il dollaro? La risposta non è necessariamente semplice. I tassi di cambio sono un puzzle con diversi pezzi: tassi d’interesse, variazioni dei tassi, bilancio e saldo delle partite correnti, per citarne solo alcuni. È importante notare che tutte le monete legali tendono a svalutarsi nel tempo. Fortunatamente per il dollaro USA, i tassi di interesse più elevati sono tornati in auge, fornendo uno scudo contro l’erosione della valuta causata dall’inflazione. E per chi è alla ricerca di un altro rifugio sicuro, l’oro rappresenta una salvaguardia senza tempo contro la svalutazione delle valute.

Obbligazioni dei Paesi emergenti come scudo anti-inflazione

In una fase in cui la protezione del patrimonio è fondamentale, è interessante considerare gli investimenti che offrono una copertura contro l’inflazione. Salta all’occhio come molti mercati emergenti registrino attualmente tassi d’inflazione più bassi rispetto alle loro controparti occidentali, in controtendenza rispetto alle tendenze storiche. Pertanto, riteniamo che le obbligazioni di questi Paesi, che offrono un rendimento di circa il 7%-8% e rendimenti reali consistenti, costituiscano un’interessante diversificazione per i portafogli a reddito fisso. Inoltre, alcuni investitori potrebbero voler contribuire direttamente a contrastare l’impatto del cambiamento climatico, in particolare in regioni come l’Africa, l’America Latina e l’Asia. A tal fine, può essere utile incorporare la microfinanza nei tradizionali portafogli multi-asset. Questa asset class, composta da numerosi piccoli prestiti a breve termine con tassi di default generalmente bassi, non solo offre potenzialmente un rendimento costante di circa il 4-5%, ma può anche migliorare in modo significativo la vita quotidiana degli individui e delle piccole imprese di questi Paesi.