Gas o rinnovabili? Forse la soluzione per raggiungere il Net Zero non risiede in nessuno dei due, ma nell’idrogeno. Tuttavia, nonostante l’innovazione potenziale di questa piccola particella presente in larga misura nell’acqua, la soluzione non è proprio dietro l’angolo. La tecnologia, infatti, non ha ancora raggiunto un livello di maturità tale da consentire all’idrogeno di rappresentare la soluzione immediata.
Comunque, la ricerca scientifica avanza a ritmo sostenuto e anche le società di asset management hanno focalizzato la propria attenzione sull’idrogeno per iniziare questa rivoluzione. È il caso di Amundi, che sta iniziando a indirizzare buona parte degli investimenti proprio al primo elemento della tavola periodica.
“La transizione energetica è un passaggio fondamentale nell’ambito dell’innovazione sostenibile e dello sviluppo verso un’economia Net-Zero, la cui urgenza è sotto gli occhi di tutti”. A dirlo è Paolo Proli, Head of Retail Division and Executive Board Member di Amundi, in occasione di un intervento all’evento ConsulenTia organizzato dall’Anasf (Associazione Nazionale Consulenti Finanziari) a Roma.
“È ora necessario accelerare il cambio di rotta, utilizzando a pieno il potenziale delle energie rinnovabili in ogni aspetto della società, nell’industria, nei consumi, nei trasporti, per creare un volano di sviluppo che potremmo definire rivoluzionario. L’idrogeno è l’elemento di base che permette un’accelerazione di questo cambiamento”, spiega Proli.
Indice
- 1 Più energia pulita per un futuro a zero emissioni
- 2 Idrogeno, il motore della rivoluzione verde
- 3 Lo spettro dei colori dell’idrogeno: dal grigio al verde
- 4 Verso una economia “net zero”
- 5 Dall’industria ai trasporti, crescono i progetti legati all’idrogeno decarbonizzato
- 6 Sfide legate all’utilizzo dell’idrogeno “verde” su larga scala
- 7 L’Unione Europea apre la strada
- 8 In tutto il pianeta, strategie adattate alle specificità locali
- 9 Il fondo CPR Investiment – Hydrogen
Più energia pulita per un futuro a zero emissioni
Secondo l’ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC), pubblicato la scorsa estate, a partire dal 2020, il budget globale di carbonio rimanente per limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C entro il 2100 è di 400 gigatonnellate di CO2, equivalente a circa 10 anni di emissioni di carbonio globali.
“Il conto alla rovescia è iniziato, e non possiamo né tornare indietro nel tempo né dire che non lo sapevamo”, afferma Olivier Mariée, CEO di CPR AM, membro del Comitato Esecutivo di Amundi. Sebbene il ritmo delle azioni della comunità internazionale non sia in linea con il riscaldamento globale, la crisi sanitaria globale ha comunque contribuito a mettere la questione ambientale al centro delle agende. Infatti, dall’inizio del 2021, più di 130 Paesi si sono impegnati a raggiungere zero emissioni nette di carbonio verso la metà del secolo.
“L’idrogeno, il composto più leggero e più abbondante dell’universo, negli ultimi anni è stato identificato come elemento chiave per decarbonizzare l’impatto dell’attività umana sul pianeta e affrontare la sfida di un’economia a zero emissioni nette entro il 2050”, spiega Mariée. L’idrogeno può essere utilizzato come vettore energetico e soluzione di stoccaggio per le energie rinnovabili, che non sempre sono affidabili, sottolinea l’esperto di Amundi. “Il punto principale è che l’idrogeno verde – ossia l’idrogeno prodotto da risorse rinnovabili – è attualmente l’unica soluzione praticabile per ridurre le emissioni nei settori in cui è più difficile abbatterle, come i trasporti e l’industria pesante”, aggiunge Mariée.
Ci sono ormai le condizioni adatte ad utilizzare l’idrogeno verde su larga scala, secondo l’analista di Amundi. Sempre più governi nazionali, infatti, si stanno mobilitando per la causa, mentre stanno crescendo in tutto il mondo i progetti intrapresi dai principali attori della catena del valore del settore. Anche gli investitori possono dare un contributo significativo e positivo sostenendo l’intera catena del valore dell’idrogeno e accompagnandone la transizione verso l’idrogeno verde.
Idrogeno, il motore della rivoluzione verde
È l’idrogeno la chiave per decarbonizzare le nostre società? L’Hydrogen Council, un’iniziativa globale lanciata nel 2017 che riunisce aziende leader nei settori dell’energia, dei trasporti e dell’industria, si è spesa per mettere l’idrogeno al centro della scena. Tra massicci investimenti governativi, una proliferazione di progetti pubblici e privati, progressi tecnologici e prezzi in calo, l’idrogeno sta emergendo come una soluzione chiave per affrontare l’emergenza climatica, in grado di realizzare ciò che altre fonti energetiche verdi non sono riuscite a realizzare da sole.
L’idrogeno, però, presenta un paradosso: pur essendo l’elemento più abbondante dell’universo, è praticamente introvabile sulla Terra nella sua forma pura. Essendo estremamente leggero, è sempre legato ad altri atomi, in particolare nell’acqua, nella biomassa e nei combustibili fossili.
Quando si parla di idrogeno nel contesto della transizione energetica, in realtà si intende il diidrogeno (H2), un gas chiaro e inodore la cui domanda globale ammonta a circa 70 milioni di tonnellate all’anno. È un materiale di base importante per i produttori di sostanze chimiche, utilizzato principalmente nella produzione di ammoniaca e raffinazione del petrolio. Durante la combustione, 1 kg di idrogeno rilascia tre volte più energia di 1 kg di benzina. Come l’elettricità, l’idrogeno non è una fonte di energia, ma piuttosto un vettore energetico che collega le fonti di energia primaria agli usi finali. Un veicolo a idrogeno, ad esempio, funziona per mezzo di un sistema di propulsione elettrica che trae la sua energia da una cella a combustibile alimentata a idrogeno.
L’elenco delle possibili applicazioni dell’idrogeno è lungo: celle a combustibile che possono alimentare veicoli elettrici (EV) o fornire elettricità in luoghi remoti o “off-grid”, iniezione nelle reti di gas naturale o soluzioni di stoccaggio per l’energia rinnovabile.
Poiché rilascia solo acqua, la combustione dell’idrogeno ha il vantaggio di non emettere particelle di zolfo e ossido di azoto. Un altro vantaggio è che mentre ci vogliono diverse ore per ricaricare una batteria per veicoli elettrici, un serbatoio di idrogeno può essere riempito in pochi minuti.
“L’idrogeno come vettore energetico offre la possibilità di immagazzinare grandi quantità di energia, e questo viene già sfruttato per alimentare veicoli e carrelli elevatori, in gran parte utilizzati nei centri logistici. Inoltre, questa proprietà dell’idrogeno sta anche contribuendo a rispondere alle sfide di decarbonizzazione in settori che emettono ingenti quantità di gas a effetto serra (GHG), come il trasporto a lungo raggio”, precisa Emmanuelle Sée.
Nel lungo termine, l’idrogeno potrebbe consentire ai settori della navigazione e dell’aviazione di intraprendere le proprie rivoluzioni ecologiche. L’idrogeno può essere utilizzato anche per immagazzinare elettricità che non viene consumata immediatamente, affrontando così le sfide legate alla natura intermittente delle fonti rinnovabili come l’eolico e il solare. L’elettricità in eccesso viene utilizzata per produrre idrogeno, e viceversa, quando la produzione di energia diminuisce, l’idrogeno può essere riconvertito in elettricità, diventando complementare alle energie rinnovabili.
Lo spettro dei colori dell’idrogeno: dal grigio al verde
Per ragioni infrastrutturali e di costo, oltre il 95% dell’idrogeno è attualmente prodotto utilizzando combustibili fossili: l’idrogeno “grigio”, come viene chiamato, non è né rinnovabile né a basse emissioni di carbonio. Fortunatamente, esiste un’alternativa più pulita: l’idrogeno decarbonizzato ottenuto mediante elettrolisi dell’acqua.
“Questo processo, che è più rispettoso dell’ambiente, richiede corrente elettrica per scindere la molecola dell’acqua. L’energia può provenire da fonti diverse. Se la fonte è rinnovabile, come nel caso in cui l’elettrolizzatore utilizzato per garantire il processo di scissione dell’acqua è legato a un parco eolico o a un impianto fotovoltaico, l’idrogeno decarbonizzato prodotto è qualificato come «verde»”, dice Christian Lopez, Strategic Investment Advisor presso CPR Asset Management.
Come spesso accade, la grande sfida è il costo di produzione. Sebbene in questo momento i costi di produzione dell’idrogeno pulito siano maggiori di quelli del suo equivalente grigio, un incremento della capacità della produzione globale e la creazione di un mercato su larga scala dovrebbero contribuire a raggiungere un migliore equilibrio. “Il costo della produzione di energia rinnovabile e di elettrolizzatori si è dimezzato negli ultimi cinque anni”, aggiunge Sée, “E la ricerca suggerisce che entro la fine del decennio, i costi diminuiranno di un ulteriore 60%-90% rispetto ad oggi”. Secondo Alexandru Floristean, Intelligence Manager per Hydrogen Europe, “è potenzialmente possibile, fattibile e credibile avere soluzioni a emissioni zero più economiche rispetto alle soluzioni tradizionali, inquinanti, basate sui combustibili fossili”.
Verso una economia “net zero”
“La strategia per l’idrogeno dell’Unione europea conta sulla produzione di massa per aumentare la capacità di produzione di idrogeno rinnovabile in Europa entro il 2024”, afferma Emmanuelle Sée. Descritto come il futuro motore “che guida la rivoluzione verde” dalla Commissione europea, l’idrogeno è senza dubbio una delle soluzioni più promettenti per decarbonizzare le nostre economie, a condizione che sia più “verde” che “grigio”.
“Nel settore siderurgico, sempre più aziende si stanno convertendo a tecnologie meno inquinanti, nel tentativo di ridurre l’elevata impronta di carbonio del settore. Idem per la produzione di fertilizzanti, cemento e nel settore della chimica verde”, continua Christian Lopez.
Dall’industria ai trasporti, crescono i progetti legati all’idrogeno decarbonizzato
Tra annunci di raccolta fondi e un maggiore sostegno dei governi, le strutture che sfruttano il potere di questo vettore energetico stanno proliferando in tutto il mondo come mai prima, provocando una reale svolta nelle catene di valore dei settori coinvolti.
In occasione della pubblicazione del Global Hydrogen Review 2021 dell’International Energy Agency (IEA), il direttore esecutivo Fatih Birol, ha commentato: “In passato abbiamo sperimentato false partenze con l’idrogeno, quindi, non possiamo dare il successo per scontato. Ma questa volta, stiamo assistendo a progressi entusiasmanti”.
Mentre l’IEA non sottovaluta il problema dei costi per l’idrogeno verde – attualmente tre volte più costoso da produrre del suo equivalente grigio – il mercato si sta muovendo nella giusta direzione. La capacità globale degli elettrolizzatori, la tecnologia che permette di estrarre idrogeno dall’acqua utilizzando l’elettricità, è raddoppiata nel giro di cinque anni. Tra gennaio 2019 e metà 2021, le aziende specializzate nella produzione, distribuzione e uso dell’idrogeno hanno evitato lo sconvolgimento causato dalla pandemia del Covid-19 e sono riuscite a raccogliere quasi 9,5 miliardi di euro di fondi. L’aumento senza precedenti delle fonti di finanziamento ha accelerato il ritmo di molti progetti che si sono concretizzati in diversi settori in tutto il mondo.
Sfide legate all’utilizzo dell’idrogeno “verde” su larga scala
Markus Wilthaner, partner di Mckinsey & Company, Hydrogen and batteries, Strategy and business building, è categorico: “Per raggiungere la transizione energetica, abbiamo bisogno di idrogeno sia nel breve che nel lungo termine. In questo momento c’è un vero slancio con un investimento potenziale di oltre 500 miliardi di dollari entro il 2030 e l’annuncio di 350 progetti su larga scala. Inoltre, il ritmo sta accelerando: 130 di questi progetti sono stati presentati solo nella prima metà del 2021”.Oltre al costo di produzione, ci sono sfide tecniche da superare, in particolare la questione delle infrastrutture per il trasporto dell’idrogeno. Una questione chiave è collegare le regioni con una grande fornitura di idrogeno verde, grazie alla loro capacità di generazione di energia rinnovabile, con quelli che ne hanno bisogno.
L’Unione Europea apre la strada
L’Unione europea ha dichiarato la propria ambizione di svolgere un ruolo trainante nella produzione e nell’uso dell’idrogeno verde. Nel 2020, ha fissato l’obiettivo di integrare l’idrogeno verde nel suo sistema energetico, con piani per installare almeno 40 GW di elettrolizzatori e la produzione di 10 milioni di tonnellate di idrogeno da rinnovabili.
Tra gli esempi di iniziative concrete figurano una quota obiettivo per i carburanti sostenibili derivati dall’idrogeno per l’aviazione entro il 2030 e obiettivi per la costruzione di stazioni di rifornimento di idrogeno lungo le strade. Nella stessa ottica, all’idrogeno è stato assegnato un posto chiave nel programma di stimoloeconomico dell’UE da 800 miliardi di euro.
In questo contesto, all’inizio del 2021 un gruppo di 30 imprese industriali europee ha annunciato il lancio di HyDeal Ambition, un’iniziativa volta a produrre 3,6 milioni di tonnellate di idrogeno verde all’anno e poi distribuirlo in diversi Paesi europei, comprese Spagna, Francia e Germania, attraverso 7.000 km di gasdotti, in particolare mediante l’adeguamento delle infrastrutture del gas esistenti.
Dal punto di vista tecnologico, l’Europa ha probabilmente le aziende più performanti nella produzione di elettrolizzatori”, afferma Floristean, “Abbiamo le caratteristiche necessarie per affermarci come leader mondiali nelle risorse per la produzione di idrogeno. Tuttavia, lo stesso non è vero per le applicazioni finali”.
In tutto il pianeta, strategie adattate alle specificità locali
Un aspetto critico nell’accelerazione dell’idrogeno è che non esiste una strategia adatta a tutti i Paesi. Gli approcci devono prendere in considerazione la struttura del settore, il sistema energetico e le risorse disponibili, comprese le energie rinnovabili e lo stoccaggio di gas/carbonio.
“Non tutti i Paesi possono essere come la Spagna o l’Arabia Saudita”, dice Floristean. “Devi identificare i tuoi punti di forza e sapere in quale parte della catena del valore si desidera eccellere”. Cita il Cile, un Paese che ha dichiarato chiaramente il suo obiettivo di diventare un produttore massiccio di energia rinnovabileche prevede di esportare sotto forma di idrogeno. Con una striscia di terra lunga 4.500 km che vanta il deserto di Atacama e che dispone del livello più elevato di radiazioni solari al mondo, così come di venti potenti, il Cile vuole sfruttare il suo clima eccezionale e diversificato per aumentare la sua capacità di produrre energia rinnovabile a prezzi competitivi.
Profondamente consapevoli della loro dipendenza dalla produzione e dalla vendita di petrolio, le nazioni del Medio Oriente come l’Arabia Saudita e il Kuwait stanno cercando di diversificare la loro base economica. Altre regioni hanno i loro punti di forza, tra cui l’Asia che è leader tecnologico dopo anni di massicci investimenti in ricerca e sviluppo, soprattutto nelle celle a combustibile.
Attualmente sono 30 i Paesi che in tutto il mondo hanno definito la propria strategia sull’idrogeno. “Stiamo vedendo un forte slancio, ma abbiamo bisogno di aumentare ancora il ritmo del cambiamento”, sottolinea Wilthaner, “Gli investimenti e le opportunità di crescita abbondano. Senza dubbio, coloro che prenderanno l’iniziativa e adotteranno decisioni intelligenti potrebbero raccogliere frutti incredibili”.
Il fondo CPR Investiment – Hydrogen
Proprio per le interessanti prospettive dell’idrogeno Amundi ha lanciato un nuovo fondo, il CPR Investment – Hydrogen, che, come hanno spiegato Paolo Proli, Marco Serventi, ed Enrico Zulpo – entrambi Sales Director – riceve già una buona parte dei 2 miliardi di masse gestite da CPR Asset Management.
“In CPR AM, siamo convinti che l’idrogeno sarà un game changer e svolgerà un ruolo cruciale per raggiungere una economia a zero emissioni nette di domani”, spiega Emmanuelle Sée, Global Thematic Equities Portfolio Manager e gestore del fondo. Attualmente, l’idrogeno pulito è la soluzione migliore per decarbonizzare l’economia, l’unica praticabile per ridurre le emissioni in settori che sono difficili da decarbonizzare con le attuali fonti rinnovabili. Tra questi settori, industria pesante e trasporti sono in testa.
Grazie alla spinta e agli impegni globali verso la sostenibilità, i progressi tecnologici, la riduzione dei costi e le massicce iniziative di investimento da parte di attori pubblici e privati per sviluppare l’economia dell’idrogeno, argomenta Sée, si stima che il mercato globale dell’idrogeno verde varrà 11.000 miliardi di dollari entro il 2050.
“Attraverso questo fondo – prosegue la manager di CPR AM – intendiamo sostenere la transizione verso la produzione e l’utilizzo dell’idrogeno verde, beneficiando nel contempo delle opportunità di crescita significative associate alla sua economia nascente”.
A tal fine, il fondo investe in azioni globali coinvolte nell’intero ecosistema dell’idrogeno, e l’universo di investimenti ingloba l’intera catena del valore dell’idrogeno, dalle attività a monte (es. energie pulite) a quelle a valle (es. industria automobilistica). Per ottenere un universo di investimento responsabile, vengono escluse le società con i peggiori punteggi ESG attribuiti applicando la policy ESG interna alla società e integrando l’analisi delle controversie basata sul database di tre provider esterni. Il fondo è anche conforme all’articolo 9 della SFDR.
“Più concretamente, il nostro universo di investimento legato all’idrogeno comprende aziende la cui attività ruota intorno alla produzione di turbine eoliche o pannelli solari. Infatti, l’elettricità pulita è essenziale per generare la reazione chimica che divide l’acqua in ossigeno e idrogeno verde”, spiega Sée.
Nel processo di individuazione delle aziende in cui il fondo investe, vengono selezionate quelle con esposizione all’idrogeno “materiale e concreta”. Molte aziende esprimono il desiderio di passare all’idrogeno verde, ma questa “buona volontà” spesso non è seguita da azioni concrete.
Geograficamente parlando, Sée sottolinea che il portafoglio è per lo più esposto all’Europa e all’Asia (incluso il Giappone), aree che oggi rappresentano l’epicentro delle tecnologie e dei progetti più avanzati legati all’idrogeno. Ma a tal proposito “vale la pena sottolineare che la ripartizione geografica dell’universo è destinata ad evolversi man mano che nuovi Paesi assumeranno impegni riguardo l’idrogeno”, specifica la manager, portando come esempio gli Stati Uniti, che erano chiaramente in ritardo e stanno ora cercando di recuperare e ridurre il divario impegnandosi in strategie aggressive di distribuzione dell’idrogeno.