Sanzioni e mercati

Russia-Ucraina, il rebus degli investitori sugli asset di Mosca

Esplode il caso degli asset russi in mano agli investitori internazionali, e travolti dalle sanzioni occidentali che hanno di fatto tagliato fuori Mosca dal sistema finanziario globale. Secondo le stime, gli investitori globali hanno infatti almeno 150 miliardi di dollari in titoli russi – tra azioni e bond – e gli investitori esteri possiedono 20 miliardi di debito denominato in dollari e titoli di stato russi in rubli, che alla fine del 2021 valevano oltre il doppio, secondo i dati della banca centrale di Mosca. Per quanto riguarda in particolare i bond russi in dollari, secondo Bloomberg gli asset manager più esposti sono BlackRock, Capital Group e Legal & General. Dei 33 miliardi di dollari di titoli di debito russi in dollari in circolazione, BlackRock avrebbe infatti circa 1,5 miliardi, mentre Capital Group avrebbe un’esposizione di circa 283 milioni e Legal & General di 272 milioni.

I bond russi in dollari hanno perso molto del loro valore dall’inizio del conflitto in Ucraina a causa delle sanzioni, che riducono la capacità degli investitori di scambiare titoli sul mercato secondario. L’accesso ai bond russi in dollari aveva già subito delle restrizioni dopo l’invasione della Crimea nel 2014, e ad aprile 2021 il presidente USA Joe Biden aveva già impedito agli investitori americani di comprare titoli di stato emessi da Mosca, sui sospetti di ingerenza russa nelle elezioni presidenziali nazionali. Ma adesso il quadro è ben più complesso.

Chiaramente, le valutazioni sul mantenimento in portafoglio di asset russi non riguarda soltanto il rischio geopolitico, ma anche le posizioni ESG: avere in portafoglio titoli di stato che servono a finanziare un’aggressione bellica a uno stato sovrano è difficilmente compatibile con una logica di sostenibilità. Il problema è enorme e riguarda investitori e istituzioni finanziarie in tutto il mondo. Il governo norvegese ha chiesto al fondo pensione di stato GPFG di congelare immediatamente tutti gli investimenti in Russia, e ha sollecitato il fondo sovrano – che con asset per circa 1.300 miliardi di dollari è il più grande al mondo ed è considerato un benchmark per le proprie politiche sulla sostenibilità di disinvestire dagli asset di Mosca. Ma la situazione, per chi ha questi titoli in portafoglio e vuole liberarsene, è molto complicata.

Washington ha annunciato il  divieto per le entità Usa di partecipare alle transazioni sul mercato secondario che riguardano il debito sia in valuta locale sia in valuta forte emesso dalla banca centrale russa, dal fondo sovrano nazionale e dal ministero delle finanze dopo il 1° marzo 2022. L’Unione Europea ha invece deciso sanzioni che impattano duramente la capacità di Mosca di accedere ai mercati finanziari, e ha imposto agli investitori europei il divieto di transazioni sui titoli di stato russi. Gli asset russi sono ancora presenti in molti indici globali (e quindi in molti ETF – da qui anche l’elevata esposizione del colosso BlackRock) ma le società di gestione di tali indici potrebbero decidere di escluderli. Gli ETF americani hanno tempo fino a maggio per liberarsi degli asset del Paese.

Il problema però è che l’esclusione di molte banche russe dal network dei pagamenti Swift comporta che gli investitori stranieri siano ora bloccati: non sono in grado di trovare altri investitori esteri disposti a comprare dei titoli che sono ormai i “paria” del mercato finanziario, e anche la possibilità di rivendere tali asset alle banche russe è complicato senza incorrere in sanzioni. Per il momento non è chiaro per le sale operative se le controparti di trading saranno anch’esse escluse da Swift. E si teme anche che i pagamenti per le transazioni e per le cedole dei bond vengano ora congelati sui conti delle banche di custodia e delle istituzioni depositarie, dove vengono definite le transazioni e aggiornati i conti tra banche commerciali e banche centrali.