Ecolabel prodotti finanziari | ESG News

Salone del Risparmio

Ecolabel: pro e contro dell’applicazione ai prodotti finanziari

Per gli investitori comprendere se un prodotto di investimento rispetti realmente le proprie aspettative ambientali sociali e di governance non è facile. Le società di rating spesso hanno opinioni divergenti e i downgrading di molti fondi ex. art. 9 della SFDR non hanno aiutato. Nella crescente necessità da parte degli investitori di informazioni sintetiche e coerenti, l’estensione del marchio volontario europeo Ecolabel ai prodotti finanziari green permetterebbe una certificazione unica, indipendente e rigorosa, contribuendo alla lotta al greenwashing. Bisogna però vedere se c’è una reale domanda da parte degli investitori per un’etichettatura che potrebbe comunque rappresentare un costo. È quanto emerso dalla conferenza Ecolabel per la finanza sostenibile: nuova certificazione per i prodotti finanziari tenutasi in occasione del Salone del Risparmio 2023, durante la quale Paola Mungo, co amministratrice delegata di Azimut Holding, direttrice scientifica del corso executive in finanza sostenibile e docente del master in finanza sostenibile di ALTIS (Università Cattolica) e Sara Lovisolo, head of ESG development di Amundi, hanno discusso dell’applicazione dell’etichetta Ecolabel ai prodotti finanziari sottolineando come questa servirebbe non solo come certificazione di qualità, ma anche come strumento di educazione finanziaria per le nuove e le vecchie generazioni. In Italia, però, questo traguardo appare ancora lontano.

L’Ecolabel dei prodotti finanziari

La proposta di estendere l’etichetta Ecolabel ai prodotti finanziari si applica in un contesto di normative europee e internazionali in divenire e di novità che creano fermento nel mercato finanziario. Dalla Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR), alla Tassonomia per gli investimenti sostenibili fino allo European Green Bond Standard cresce la necessità che tutte le iniziative sul fronte ESG in ambito finanziario seguano dei principi comuni e che siano ben strutturate tra loro. Pertanto, la prima sfida a cui bisogna far fronte per evitare di creare confusione tra le diverse normative europee riguarda i criteri con i quali attribuire il bollino dell’Ecolabel.

Inoltre, è necessario individuare quali soglie di investimenti in attività ecosostenibili possono essere applicate ai fondi nell’assegnazione dell’Ecolabel, pensando quindi anche ai criteri di esclusione e tenendo in conto che, secondo una mappatura recente dell’ESMA, solo lo 0,5% dei 3.000 fondi europei ex art 8 ed ex art 9, per un totale di 16, soddisfa i criteri minimi pensati per la certificazione europea volontaria in questione.

L’attuale bozza della Commissione Europea pone al 50% la soglia minima di investimenti legati alla Tassonomia per i fondi azionari, che sale al 70% per gli obbligazionari.

Risulta poi di particolare rilievo per l’estensione dell’Ecolabel anche il ruolo delle banche dati, poiché per poter certificare un prodotto finanziario servono criteri rigorosi, validati scientificamente. Ecolabel viene da sempre rilasciato da enti certificatori indipendenti sulla base di standard che tengono conto di tutta la vita del prodotto, ed è quindi necessario avere tali istituzioni e banche dati pubbliche anche per i prodotti finanziari. A questo proposito, in Italia, Ispra, l’Istituto Italiano per la Salvaguardia dell’Ambiente, ha creato una task force in grado di fornire le banche dati necessarie, le stesse che Ispra utilizza per la certificazione dei prodotti a marchio Ecolabel.

I vantaggi dell’Ecolabel

L’introduzione dell’Ecolabel potrebbe portare vantaggi significativi agli investitori retail. L’obiettivo principale di estendere l’Ecolabel ai prodotti finanziari è infatti cercare di ridurre il più possibile il rischio di greenwashing, che favorisce una concorrenza sleale del mercato ed ingannevole per i clienti. Grazie all’Ecolabel gli investitori retail possono individuare più facilmente i prodotti con identità ecologica reale e sono in grado di riconoscere in modo immediato la validità del marchio perché utilizzato per altri prodotti di consumo.

Nonostante un numero alto e crescente di asset riceva bollini volontari da organismi di certificazione, indice del bisogno di certificare i prodotti, in questo contesto di molteplici etichette, nazionali e internazionali, pubbliche e private, si crea una frammentazione del mercato EU. L’Ecolabel europea nasce quindi anche per sanare questa situazione, proponendo uno strumento immediato e aggregante.

Avere una etichettatura agevole aiuta inoltre un investitore retail a comprendere la valenza del prodotto di investimento senza ricorrere a un linguaggio complicato o a molteplici processi di certificazione. L’Ecolabel può quindi arrivare a creare fiducia in contesti come l’Italia, che secondo le ultime indagini dell’OCSE non ha ancora un livello soddisfacente di educazione e alfabetizzazione finanziaria.

“Per un’educazione finanziaria di qualità sono necessarie sinergie tra i mondi dell’industria, dell’accademia e delle istituzioni” ha dichiarato Paola Mungo, “Solo creando questo triangolo virtuoso si può migliorare il posizionamento dell’Italia nelle classifiche OCSE e la certificazione Ecolabel può aiutare nel processo”.

Le relatrici hanno specificato che questo aiuto alla formazione finanziaria non andrà in sostituzione al lavoro dei consulenti finanziari o degli intermediari finanziari, anzi, l’idea è proprio quella di consentire a chi lavora nel settore di poter dialogare con i clienti a un livello meno impari, consentendo al singolo di essere guidato nelle opzioni di investimento possibili con un’ottica consapevole.

Il paradosso italiano

In Italia siamo ancora lontani dalla possibile implementazione della nuova Ecolabel. Il progetto è on hold, quindi in questo momento non vi è possibilità di procedere, ma pensando al futuro bisogna tenere conto del paradosso del mercato italiano, dove un basso livello di alfabetizzazione finanziaria si abbina a un forte mercato retail, dove il pubblico fa le sue scelte di investimento senza passare necessariamente da fondi e asset manager. 

In un mercato come questo alcuni strumenti messi a disposizione dalla regolamentazione europea non funzionano, e la profilazione Mifid difficilmente si riesce ad abbinare alle richieste del cliente di comprare azioni di un ente specifico. In questo contesto, i casi d’uso di un’etichetta ad hoc per l’Italia potrebbero essere più limitati rispetto ad altri paesi come la Gran Bretagna, dove l’unica modalità di investimento pensabile è quella attraverso un trust. Per cui bisogna capire, dopo la partenza del progetto Ecolabel, qual è la vera domanda di queste etichette da parte del mercato, specialmente da parte dei consulenti. Se i consulenti finanziari percepiscono che la classificazione come art 8 o 9 non basta, allora ci può essere una domanda aggiuntiva per questo tipo di etichetta come Ecolabel, che avrebbe inoltre un costo aggiuntivo.

Tra i costi principali vi sono quelli di mantenimento della certificazione, che inevitabilmente ricadono sull’investitore finale, per cui vanno valutati costi e benefici e i passi vanno presi una volta che ci sia domanda ragionevolmente viva da parte da parte del mercato.

In generale il sentimento del mercato appare dunque spaccato, tra coloro che vedono l’Ecolabel solo come un’ulteriore frammentazione della già complessa classificazione degli investimenti ESG e i sostenitori che invece la reputano uno strumento di trasparenza e resilienza.