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Lotta al Greenwashing

Le linee guida del Forum per la Finanza Sostenibile per combattere il Greenwashing

Il greenwashing – ossia mostrare di essere attenti all’ambiente anche se non è così – danneggia investitori, consumatoriconcorrenti e, più in generale, la credibilità del mercato. In pratica, quella del darsi un tono green, che espone sia le società che lo praticano, sia gli operatori finanziari che le supportano, a numerosi rischireputazionali, legali e finanziari. Per prevenire e contrastare il fenomeno, il Forum per la Finanza Sostenibile ha redatto il paper “Greenwashing e finanza sostenibile: rischi e risorse di contrasto”.

Nel documento, il forum mostra come la valorizzazione di risorse, che comprendono le normative vigenti a livello europeo e italiano, i dati ESG e le certificazioni di sostenibilità, sia fondamentale per arginare il rischio di greenwashing. Inoltre, il Forum suggerisce che aziende e investitori possano evitare di incorrere nel greenwashing seguendo alcune raccomandazioni generali relative a: identificazione degli obiettivi di sostenibilità e loro raggiungimento; metodologie di misurazione dei KPI; modalità di reperimento dei dati ESG; verifica dei dati divulgati e dei progressi realizzati; dialogo con gli stakeholder; comunicazione accurata e trasparente.

In particolare, secondo il Forum per quanto riguarda il settore finanziario, per prevenire e contrastare il greenwashing è essenziale l’impegno sia degli asset owner, sia degli asset manager. I primi definiscono le politiche di investimento sostenibile e hanno il compito di guidare e monitorare l’operato dei gestori, che devono garantire la corretta implementazione delle politiche di investimento e la presenza di procedure e controlli sugli aspetti ESG. I secondi, invece, sono tenuti a progettare, classificare e commercializzare i prodotti finanziari in modo da riflettere fedelmente gli investimenti sottostanti.

Come si manifesta il fenomeno del greenwashing

Per quanto concerne il settore finanziario, l’European Securities and Markets Authority (ESMA) associa il greenwashing a quelle pratiche di mercato che fanno riferimento a profili di sostenibilità senza riflettere adeguatamente né i rischi né gli impatti sottostanti. Tali profili di sostenibilità possono riferirsi sia agli strumenti, che ai prodotti finanziari, sia agli emittenti.

Nel paper, il Forum sottolinea che il greenwashing può riguardare:

  • I prodotti: qualsiasi prodotto, in qualsiasi settore, può essere oggetto di greenwashing (per es. cibo, automobili, articoli di abbigliamento, prodotti finanziari);
  • Le aziende: la rappresentazione che l’azienda propone di sé può costituire una pratica di greenwashing con riferimento ad azioni intraprese (per esempio conformità dei processi produttivi a standard ambientali e sociali, valorizzazione delle diversità e promozione della parità di genere) o a impegni assunti (ad esempio neutralità climatica, tutela della biodiversità e contrasto alla deforestazione e altro).

Le rappresentazioni di prodotti o aziende che possono ricadere nel fenomeno del greenwashing sono veicolate attraverso vari canali:

  • La pubblicità
  • La comunicazione aziendale, ad esempio il sito aziendale o i profili social;
  • La Dichiarazione Non Finanziaria (DNF) o il bilancio di sostenibilità.

Perché il greenwashing è un problema

In ambito finanziario, l’ESMA rileva che il greenwashing danneggia gli investitori che vogliono allocare le proprie risorse in attività economiche sostenibili: la comunicazione di profili di sostenibilità non veritieri o verificabili potrebbe configurarsi come rappresentazione fuorviante e pratica scorretta di vendita o attribuzione del prezzo.

Come sottolinea il Forum per la Finanza Sostenibile, l’origine del greenwashing può risiedere in diverse fasi della catena del valore di un investimento e, in alcuni casi, può riguardare aspetti che precedono il collocamento del prodotto finanziario. Per esempio, le dichiarazioni degli emittenti possono fornire un quadro non veritiero dei profili ESG. Inoltre, la quantità e la qualità dei dati disponibili possono non essere sufficienti per una corretta analisi delle aziende investibili dal punto di vista dei rischi e degli impatti di sostenibilità.

Ora, il greenwashing non pregiudica soltanto gli interessi degli investitori e dei consumatori, bensì anche quelli delle aziende concorrenti che non presentano sé stesse o i propri prodotti come “green” e, dunque, si espongono al rischio di perdita di quote di mercato. Anche le imprese che incorporano reali caratteristiche di sostenibilità sono danneggiate dalla concorrenza sleale legata al greenwashing. “Le aziende realmente sostenibili, infatti, si fanno carico non solo delle opportunità e dei vantaggi legati ai temi ESG, ma anche dei relativi costi”, si legge nel report.

Infine, la concorrenza sleale legata alle pratiche di greenwashing costituisce un rischio concreto per la credibilità del mercato nel suo complesso e per la fiducia che i partecipanti (aziende, investitori e consumatori) vi ripongono. In una fase storica come quella attuale, in cui si assiste a un forte aumento di interesse sui temi di sostenibilità, la diffusione del greenwashing contribuisce ad alimentare lo scetticismo su qualsiasi affermazione riguardante gli aspetti ESG.

Più nello specifico, il Forum suddivide i rischi a cui si espongono sia le società che incorrono nel greenwashing, sia gli operatori finanziari che le supportano, in tre categorie principali:

  • Il rischio reputazionale, con riferimento a possibili danni all’immagine dell’azienda e, di conseguenza, alla reputazione dei suoi investitori, con perdita di credibilità nei confronti di clienti e concorrenti;
  • Il rischio legale, per effetto dei possibili contenziosi e delle sanzioni previste dalle normative riguardanti le politiche di sostenibilità;
  • Il rischio finanziario, come conseguenza delle eventuali spese legali e sanzioni ricevute, ma anche della riduzione del prezzo dei titoli in Borsa e della perdita di clienti o di quote di mercato.

Risorse di contrasto al greenwashing

Una volta chiarite le caratteristiche principali del greenwashing e le sue conseguenze per i diversi attori coinvolti, il Forum esamina le risorse a disposizione per prevenire e contrastare tale fenomeno.

Quadro normativo

A partire dall’Action Plan on Sustainable Finance del 2018, e ispirandosi ai principi e standard definiti a livello internazionale (come il Global Compact o l’OCSE), l’Unione Europea ha introdotto una serie di regolamenti e direttive al fine di incrementare la trasparenza sui temi ESG. L’obiettivo è quello di aumentare quantità, qualità e comparabilità delle informazioni sulla sostenibilità riguardanti imprese, operatori e prodotti finanziari.

I principali atti normativi sono:

  • La tassonomia delle attività economiche ecosostenibili, una classificazione comune a livello europeo delle attività economiche che possono essere considerate sostenibili dal punto di vista ambientale. È concepita come uno strumento per guidare le scelte di investitori e imprese a favore della transizione ecologica. A partire da criteri scientifici, le attività economiche sono selezionate in base al loro contributo ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali identificati dalla Commissione Europea e al rispetto, da un lato, del principio Do No Significant Harm (DNSH) e, dall’altro, di alcune garanzie minime di salvaguardia sociale. Il 15 luglio 2022 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell’UE il nuovo atto delegato della tassonomia che include tra le attività ecosostenibili anche quelle legate al gas naturale e al nucleare (se rispettano i criteri tecnici stabiliti su base scientifica); tali ambiti richiedono però una rendicontazione separata. La Commissione Europea sta anche lavorando a una bozza di tassonomia sociale che identifichi le attività economiche in grado di contribuire al raggiungimento di obiettivi sociali quali lavoro dignitoso, qualità della vita e comunità sostenibili e inclusive.
  • La Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR), che impone norme comuni ai partecipanti ai mercati finanziari in merito alla divulgazione di dati sui temi di sostenibilità. I soggetti interessati dalla normativa devono fornire informazioni su come tengono in considerazione i fattori ESG a due livelli: 1) nei processi decisionali interni all’organizzazione e 2) in tutti i prodotti finanziari collocati sui mercati dell’Unione Europea. Il Regolamento identifica due categorie di prodotti con ulteriori vincoli in termini di divulgazione di dati sugli aspetti ESG: i prodotti che promuovono caratteristiche ambientali o sociali (art. 8 SFDR) e quelli che hanno come obiettivo investimenti sostenibili (art. 9 SFDR).
  • La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), che impone alle imprese di grandi dimensioni e di interesse pubblico di redigere una rendicontazione non finanziaria, inserendo anche il principio della doppia materialità;
  • La Corporate Sustainability Due Diligence (CSDD), che ha l’obiettivo di promuovere un comportamento aziendale sostenibile e responsabile lungo tutta la catena del valore, assicurando una maggiore trasparenza per consumatori e investitori.

Sanzioni

Nel documento, il Forum evidenzia che le direttive europee menzionate mirano a garantire una maggiore trasparenza nei mercati europei e, insieme con altre norme presenti nel sistema giuridico italiano, possono sanzionare le attività illecite legate al fenomeno del greenwashing.

La CONSOB è l’ente italiano preposto a questa funzione di sanzionare per illeciti relativi alle norme europee.

Inoltre, le attività di greenwashing possono essere sanzionate ai sensi del Codice del Consumo, che prevede una normativa relativa alla pubblicità ingannevole.

Infine, Il Forum ricorda gli articoli 9 e 41 della Costituzione italiana, dove viene citato l’ambiente: “una dichiarazione non veritiera sulla tutela ambientale potrebbe, dunque, costituire oggetto di ulteriori azioni legali con conseguenze inibitorie e risarcitorie”.

Dati

Oltre alle normative citate, un’altra risorsa chiave per contrastare il greenwashing citata dal Forum sono i dati: senza informazioni sia sufficienti, sia affidabili, è impossibile comunicare correttamente le caratteristiche dei prodotti, delle azioni e degli obiettivi aziendali. Vi sono numerose iniziative volte a migliorare la quantità e la qualità dei dati disponibili sui temi ESG, tra cui:

  • L’European Single Access Point (ESAP), un progetto relativo alla costituzione di un punto di accesso (centralizzato e di facile utilizzo) alle informazioni che aziende e autorità competenti devono rendere pubbliche relativamente ai servizi finanziari, ai mercati dei capitali e alla sostenibilità;
  • Il CDP ex Carbon Disclosure Project, un’organizzazione non profit che da 20 anni raccoglie dati sugli aspetti ambientali attraverso l’invio di questionari alle aziende.
  • I Global ESG Disclosure Standards del CFA Institute, un’associazione globale di analisti finanziari che ha tra i suoi obiettivi la promozione di alti standard etici e professionali nel settore degli investimenti.

Certificazioni

Un’altra risorsa a disposizione di imprese, investitori e consumatori per prevenire e contrastare il greenwashing risiede nellecertificazioni. L’unico marchio di qualità ecologica riconosciuto a livello europeo è l’Ecolabel UE: esso contraddistingue i prodotti o i servizi che, pur garantendo elevati standard prestazionali, sono caratterizzati da un ridotto impatto ambientale durante l’intero ciclo di vita.

Prevenire il greenwashing: linee guida e buone pratiche per la finanza sostenibile

Il Forum per la Finanza Sostenibile nel paper fornisce delle linee guida generali, volte a prevenire e contrastare il fenomeno del greenwashing, che le aziende e anche gli operatori di finanza sostenibile possono seguire. Anzitutto, per potersi definire “sostenibili”, occorre intervenire in profondità su cultura aziendale e processi produttivi. In secondo luogo, è meglio comunicare meno, ma essere certi di quello che si comunica, a partire da dati affidabili e solide politiche di sostenibilità. “La parola chiave per contrastare il greenwashing è trasparenza: la comunicazione dev’essere efficace e, al contempo, corretta, veritiera e verificabile”, si legge nel documento.

Infine, ribadisce il Forum, per migliorare i risultati ESG a tutti i livelli, è importante dialogare con gli stakeholder. Per esempio, le imprese possono dialogare con le organizzazioni che assegnano rating di sostenibilità (incluse le ONG), in modo da comprendere meglio le metodologie utilizzate e identificare le aree di miglioramento prioritarie. Per gli attori della finanza sostenibile, il dialogo con le società investite è utile per raccogliere informazioni, per chiarire eventuali situazioni controverse e, infine, per esortare a comportamenti più virtuosi sotto il profilo ESG.

Vi sono poi delle raccomandazioni per sviluppare politiche di sostenibilità efficaci e una comunicazione esente da greenwashing:

  • Identificare obiettivi di sostenibilità e comunicare in modo trasparente sia i principi generali a cui fanno riferimento, sia le ragioni che hanno portato a scegliere ogni specifico obiettivo;
  • Dettagliare il percorso per raggiungere gli obiettivi prefissati esplicitando tempi, modi e obiettivi intermedi; 
  • Esplicitare le metodologie di misurazione dei Key Perfomance Indicator (KPI) scelti per monitorare il raggiungimento degli obiettivi, chiarendone i pro e i contro;
  • Definire le modalità di reperimento dei dati ESG dettagliando le fonti, la tipologia dei dati, le metodologie di raccolta delle informazioni e, infine, il grado di affidabilità e verificabilità sia dei dati, sia delle fonti;
  • Verificare i dati ESG divulgati e i progressi realizzati nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ricorrendo a una terza parte indipendente (preferibilmente pubblica);
  • Dialogare con gli stakeholder (incluse ONG e comunità locali) e pubblicare rendicontazioni dettagliate sui sog- getti coinvolti, sulle modalità di svolgimento del processo di dialogo e sui risultati raggiunti;
  • Comunicare in modo accurato, prestando particolare attenzione alla selezione dei contenuti e alla verificabilità di tutte le informazioni divulgate.

Il ruolo degli investitori: asset owner e asset manager

Infine, il Forum per la Finanza Sostenibile analizza l’importanza del lavoro degli asset owner e degli asset manager in questo contesto. Nel settore finanziario, infatti, gli asset owner ricoprono un ruolo cruciale per contrastare il greenwashing: in quanto titolari degli investimenti, essi definiscono le politiche di allocazione del capitale e ne controllano la corretta applicazione. Tali attività rientrano nel dovere fiduciario che li vincola ad agire nel miglior interesse dei beneficiari finali degli investimenti.

Per essere “sostenibili”, le politiche di investimento delineate dagli asset owner dovrebbero comprendere: criteri di inclusione della sostenibilità ambientale, sociale e di governance nel processo di investimento; criteri di esclusione e disinvestimento; una politica di impegno (engagement), con una rendicontazione puntuale dei risultati raggiunti; una politica di voto con chiare indicazioni su come votare nelle diverse situazioni, in modo che il voto sia allineato agli obiettivi di sostenibilità dell’investitore.

Anche gli asset manager sono fondamentali nel garantire il buon esito delle politiche di investimento sostenibile e nel contrastare il greenwashing. Anzitutto, nel quadro della Product Oversight Governance (POG) è essenziale che tutte le attività coinvolte nella definizione dell’offerta (progettazione, classificazione, commercializzazione, ecc.) riflettano fedelmente gli investimenti sottostanti ciascun prodotto di risparmio, investimento o assicurazione.

Inoltre, in merito al rapporto asset owner – asset manager, il Forum precisa che è necessaria (e richiesta dalle autorità di vigilanza) una due diligence prima dell’assegnazione del mandato di gestione. Gli elementi essenziali da analizzare nel processo di due diligence relativo al gestore sono:

  • La politica di investimento in termini generali;
  • La politica di investimento sostenibile;
  • La ricerca e i dati ESG;
  • La politica di engagement;
  • La politica di voto;
  • La struttura interna;
  • La rendicontazione puntuale dei risultati e la loro corretta comunicazione.