Nel 2020 il numero di società che ha presentato una Dichiarazione non finanziaria (DNF) è rimasto invariato rispetto al 2019 a 151, ma è aumentata la loro consapevolezza sui temi ESG e il loro impegno nell’attuazione e nell’integrazione nelle strategie aziendali anche con il coinvolgimento dei consigli di amministrazione. Sono questi i risultati dell’analisi effettuata dalla Consob sulla rendicontazione non finanziaria delle imprese, con l’obiettivo di valutare i comportamenti delle società quotate che possono segnalare progressi nel processo di trasformazione culturale legato alla considerazione dei fattori ESG nella definizione dei modelli di business, dei piani operativi e della corporate governance.
Un quadro che indica un miglioramento dell’integrazione dei fattori ESG nelle strategie delle società quotate a piazza Affari, come sintetizza il “III Rapporto CONSOB sulla rendicontazione non finanziaria delle società quotate italiane”, presentato dal Commissario Consob Carmine Di Noia in un webinair in cui è stato anche fornito il risultato di una survey sulla “Consapevolezza degli amministratori verso i temi ESG” realizzata da Nedcommunity, l’associazione italiana degli amministratori non esecutivi e indipendenti, su board leadership e business sostenibile.
Il report parte dall’analisi dei documenti pubblicati dalle società come DNF, concentrandosi sulle informazioni concernenti l’analisi di materialità, e sui Piani strategici presentati agli investitori con l’obiettivo di comprendere, come rileva Giovanna Di Stefano, Consob, se l’informativa non finanziaria possa giocare un ruolo come leva di trasformazione. Nel 2020, le società con azioni ordinarie quotate sull’MTA che hanno pubblicato una DNF sono 151, incluse 3 imprese non obbligate. In continuità con gli anni precedenti, la maggior parte delle imprese ha pubblicato la sola DNF (137 casi), anche attraverso un Bilancio di Sostenibilità.
Undici società (9 nel 2018) hanno integrato l’informazione finanziaria con le informazioni non finanziarie richieste dalla disciplina, mediante rispettivamente un Rapporto Integrato (8 casi), un Rapporto Integrato insieme a un Rapporto di sostenibilità (2 casi) e la diffusione di un Rapporto Integrato in aggiunta alla DNF (in 1 caso). Inoltre 3 società hanno pubblicato, oltre alla DNF, un Rapporto di sostenibilità. Nel complesso, il 22% delle DNF sono state incluse nella relazione sulla gestione delle imprese.
Quanto al coinvolgimento degli organi di amministrazione nelle tematiche di sostenibilità si nota un incremento della partecipazione del cda. Il numero di società che ha coinvolto il board nell’analisi di materialità è aumentato a 39 società, dalle 21 del 2019. Inoltre sono state 32 quelle che nel 2020 hanno fatto formazione del board attraverso specifiche sessioni di induction su temi di sostenibilità, contro le 28 del 2019, anche se non viene dettagliato il grado di approfondimento.
Inoltre, come sottolinea Angela Ciavarella, Consob, tra le imprese che pubblicano la DNF, ben 73 società hanno costituito un comitato di sostenibilità, con un incremento significativo rispetto alle 54 nell’anno precedente. In particolare 6 imprese hanno istituito uno specifico comitato, mentre 70 hanno assegnato le funzioni in materia di sostenibilità a un comitato con altre competenze, in prevalenza nell’area controlli e rischi.
Ma quando si tratta di attuare le dichiarazioni di intenti, come le aziende integrano i valori ESG nelle strategie? I temi non finanziari e obiettivi di lungo periodo sono stati citati in 28 casi all’interno di Piani Strategici presentati alla comunità finanziaria (su un totale di 59 società), gli SDGs dell’Onu sono ricordati in 15 casi, 7 società hanno integrato le considerazioni finanziarie e non finanziarie, 1 società ha indicato la materialità come elemento della pianificazione strategica.
Anche i board utilizzano in misura maggiore le tematiche non finanziarie come parametro di riferimento. Elementi ESG sono richiamati in 19 linee guida del board uscente su 50 (38% dei casi vs il 21% del 2018); in 37 autovalutazioni del board (13 nel 2018) e in 32 programmi di induction. I temi più citati sono la sostenibilità in generale e l’innovazione digitale; emergono anche nuove voci relative all’ambiente e alle relazioni con gli stakeholders.
I fattori non finanziari sono inoltre entrati a pieno titolo nei parametri per definire le politiche di remunerazione degli amministratori e dei manager. E’ quasi raddoppiato a 63 società il numero di quelle che correlano la remunerazione dei CEOs a fattori ESG (33 nel 2018), in 53 casi per valutazioni di breve periodo e 29 casi di lungo periodo. La quota di compensi legata a variabili ESG è in media pari al 17% per quanto riguarda le remunerazioni di breve, mentre è del 16% la media di quelle legate a fattori ESG lungo periodo.
Le remunerazioni parametrate a obiettivi sostenibili sono presenti in prevalenza nelle società di maggiori dimensioni, 27 casi per il Ftse Mib e 16 per il Mid Cap. Le imprese finanziarie prevedono parametri ESG in 17 casi, contro i 34 casi de settore industriale e i 12 casi dei servizi. I compensi sostenibili sono più frequenti nelle società a controllo pubblico. Nel breve periodo i compensi sono in prevalenza legati a fattori sociali (34 casi) mentre nel lungo periodo prevalgono i fattori ambientali.
Livia Piermattei, Methodos e NedCommunity, ha presentato un’analisi focalizzata sui consigli di amministrazione per valutare consapevolezza, coinvolgimento, percezioni e aspettative dei membri degli organi di amministrazione e controllo in merito ai profili non finanziari. La ricerca evidenzia come il 76% dei rispondenti, in crescita rispetto al 41% dello scorso anno, sia pienamente convinto che le strategie integrate ESG abbiano un un impatto positivo sulla performance finanziaria.
L’81% dei rispondenti ritiene che gli amministratori indipendenti dovrebbero svolgere un ruolo attivo nell’integrazione degli ESG nelle strategie di lungo periodo, tuttavia solo il 59% dei rispondenti ritiene che in realtà lo facciano. La quota di rispondenti (52%) che ha descritto orientamenti “leading”, proattivi del Cda sulle strategie di lungo termine, è per la prima volta superiore alla quota “lagging” (36%).
Sara Lovisolo di Borsa Italiana, nella sua presentazione “Reporting di sostenibilità di nuova generazione: Verso la costruzione di una “Equity story” di lungo termine?”, ha identificato i trend più importanti a livello internazionale legati al tema del reporting di sostenibilità. Il primo trend è quello legato a un processo di reporting che si è trasferito da rendicontazione di input a risultati e impatti. Il secondo trend identifica il focus dei mercati su informazioni forward looking. Il terzo trend è quello legato alla standardizzazione.