Nonostante quello che pensano alcuni, la possibilità di un’altra amministrazione Trump non rappresenta una minaccia esistenziale per l’energia pulita. Questo perché la transizione energetica è ormai profondamente radicata nelle dinamiche di mercato, nella domanda degli investitori e nell’innovazione, forze abbastanza potenti da portare avanti lo slancio anche nel bel mezzo dei cambiamenti politici. Certo, le politiche governative influenzano il ritmo e le priorità del settore, ma la verità è che le dinamiche economiche sottostanti sono diventate resistenti ai cambiamenti del sostegno federale.
Il passaggio alle energie rinnovabili si è evoluto, insomma, da un approccio guidato dalla politica a uno saldamente ancorato all’economia. Il solare e l’eolico ormai spesso raggiungono o battono il costo dell’energia tradizionale e il calo dei costi dell’accumulo ha reso le rinnovabili sempre più redditizie. Gli investimenti di capitale nell’energia pulita sono oggi guidati più dalle dinamiche di mercato che dalle politiche governative, con i fondi istituzionali fortemente posizionati su asset ESG friendly. L’energia pulita è molto più di una tendenza temporanea: è un cambiamento strutturale nei mercati energetici.
Le principali aziende statunitensi hanno già inserito l’energia pulita nelle loro strategie a lungo termine. Utilities come NextEra e giganti tecnologici con ambiziosi obiettivi Net Zero stanno sottoscrivendo PPA per assicurarsi energia rinnovabile per anni, e questo non solo per motivi ambientali, ma anche per la necessità di rimanere competitivi. Poiché i consumatori, i dipendenti e gli investitori si aspettano sempre più che le aziende diano priorità alla sostenibilità, l’energia pulita è passata da un “nice-to-have” a un imperativo strategico a lungo termine.
Sotto un’amministrazione Harris, le aziende che operano nei settori del solare, dell’eolico, delle batterie e dei veicoli elettrici potrebbero godere di un proseguimento del sostegno federale, che comprende crediti d’imposta e incentivi per rendere le energie rinnovabili più accessibili. Aziende come Tesla, Sunrun e First Solar, che hanno allineato le loro strategie ai sussidi federali, continuerebbero a trarre vantaggio dalla probabile continuazione da parte di Harris della traiettoria politica di Biden. È interessante notare però che i titoli azionari del settore petrolifero e del gas hanno spesso registrato performance positive sotto le amministrazioni democratiche, e che sotto Biden gli Stati Uniti hanno raggiunto il picco di produzione di idrocarburi, rappresentando ora il 20% della produzione globale.
Allo stesso tempo, un’amministrazione Trump difficilmente si opporrebbe apertamente all’energia pulita: l’approccio repubblicano potrebbe enfatizzare una strategia “all-energy” che includa il nucleare, il gas naturale e le fonti rinnovabili, per promuovere l’indipendenza energetica americana.
La posizione di Trump si è evoluta verso una visione più inclusiva, considerando l’energia pulita come una componente essenziale della futura economia americana, dato il suo ruolo nella creazione di posti di lavoro e nell’innovazione tecnologica. Il sostegno di Trump a un mix energetico più diversificato potrebbe dunque rafforzare le imprese americane in tutto il settore energetico, senza escludere le energie rinnovabili.
Certamente un’abrogazione dell’IRA sotto Trump potrebbe creare alcuni ostacoli ai progetti di energia pulita, ma Biden ha allocato strategicamente fino al 90% dei fondi dell’IRA entro la fine dell’anno fiscale 2024, rendendo difficile un’abrogazione completa e probabilmente proteggendo il settore da grandi battute d’arresto. L’orientamento al libero mercato di Trump potrebbe favorire invece indirettamente le tecnologie energetiche pulite, concentrandosi sulla competitività e sull’efficienza. È probabile che il capitale privato continui a confluire in questi settori per i loro vantaggi intrinseci, anche se gli incentivi federali espliciti vengono ridimensionati.
Bisogna anche tener conto che i governi statali e locali hanno un potere significativo nella politica energetica. Stati come la California e New York hanno fissato obiettivi climatici ambiziosi che hanno spinto gli investimenti nelle rinnovabili anche quando le politiche federali tendevano alla deregolamentazione. Oltre la metà dell’economia statunitense è rappresentata nell’U.S. Climate Alliance, che si impegna a ridurre le emissioni in linea con l’Accordo di Parigi. A livello internazionale, inoltre, la domanda di energia pulita rimane forte. Le aziende statunitensi comprendono il vantaggio di posizionarsi all’interno di questa nuova economia verde, e probabilmente si adatteranno a prescindere dai cambiamenti delle politiche federali.
In conclusione, la transizione energetica oggi ha uno slancio di mercato che è abbastanza resiliente rispetto ai cambiamenti politici. L’innovazione nei settori dell’idrogeno verde, dell’accumulo di batterie, del solare e dell’eolico sta trasformando l’energia globale al di là di ciò che ogni singola amministrazione può influenzare. Che arrivi un’amministrazione Harris a raddoppiare il sostegno federale, o invece un’amministrazione Trump 2.0 che pone l’accento su un mix energetico più ampio, la strada da percorrere è ormai segnata dall’economia, dalla tecnologia e dalla domanda dei consumatori, per cui l’energia pulita continuerà a prosperare.