Nel corso della sesta edizione della Social Impact Investments International Conference, tenutasi all’Università La Sapienza di Roma, il direttore dell’Agenzia Standard Ethics, Jacopo Schettini Gherardini, ha affrontato il tema delle opinioni ESG, con un intervento dal titolo “Quando le opinioni degli investitori ESG diventano un fattore negativo”.
Il contributo di Standard Ethics alla conferenza riconosce che il peso incontrollato degli investitori nelle valutazioni ESG e l’eterogeneità delle loro opinioni sono fattori destinati a creare seri problemi nello sviluppo della finanza sostenibile. Ritiene, tuttavia, che imporre al mondo dell’asset management un sistema tale da ottenere valutazioni uniformi è una strada priva di senso perché le opinioni di un investitore istituzionale non devono essere né oggettive né uniformi agli altri concorrenti: il compito di un fondo di investimento è quello di perseguire con metodologie chiare e trasparenti i suoi interessi, che non sono interessi generali, bensì quelli dei suoi sottoscrittori.
Il problema dell’oggettività e dell’uniformità dei giudizi ESG non può quindi essere risolto eliminando le diversità e le difformità interpretative degli investitori o degli ESG Data Provider che offrono loro i servizi, ma promuovendo la diffusione di agenzie di rating specializzate e indipendenti dal mercato in grado di emettere rating di sostenibilità con metodologie appropriate e che applichino il modello applicant-pay. Alcuni aspetti positivi di questo modello, già adottato dalle agenzie di rating creditizio, possono essere interessanti spunti di riflessione.
“Il peso incontrollato degli investitori sulle valutazioni ESG e l’eterogeneità delle loro opinioni sono fattori destinati a creare gravi problemi nello sviluppo della finanza sostenibile e ripercussioni negative sulle aziende quotate”, afferma Schettini Gherardini. “Occorre però essere chiari su un punto: imporre al mondo dell’asset management un sistema
tale da ottenere valutazioni uniformi è una strada priva di senso. Quando un investitore istituzionale valuta direttamente (o attraverso i suoi consulenti) degli asset presenti nel proprio portafoglio, o che vi potrebbero entrare, non deve essere né oggettivo né uniforme agli altri concorrenti, perché deve applicare la propria visione di mercato”, prosegue il direttore dell’Agenzia. “Poi, nel caso dei fondi ESG, abbiamo maggiore complessità”, aggiunge Schettini Gherardini, “molti di questi applicano criteri originali che non sempre hanno a che fare con obbiettivi internazionali in materia di sostenibilità. Questa diversità e queste divergenze interpretative sono positive e fondamentali per la competizione tra fondi di investimento. Sono la ragione per la quale abbiamo un mercato aperto dinamico, in grado di offrire numerosi prodotti finanziari ai risparmiatori”.
“Il problema dell’oggettività dei giudizi ESG non è quindi risolvibile eliminando le diversità e le difformità interpretative tra gli investitori, ma risiede altrove. Un problema analogo si verificò lo scorso secolo quando il mercato chiese opinioni più oggettive ed uniformi su un tema cruciale: quello dell’affidabilità degli emittenti. Non ci volle molto a capire che questo tipo di opinioni non potevano essere pretese dal mondo degli investitori proprio per le ragioni viste sopra. Venne quindi concettualmente distinta l’opinione proveniente dagli investitori da quella affidata ad agenzie specializzate indipendenti, le quali avrebbero emesso opinioni uniformi e metodologicamente coerenti chiamate “rating”, spiega il Direttore, concludendo che “da un punto di vista generale, l’opinione che nasce nell’ambito degli investitori è per definizione soggettiva. Lo è perché deve adottare metriche conformi alle esigenze di asset management. Gli
stessi data provider ed analisti si devono conformare a queste esigenze. Inoltre, e non secondario, si tratta di valutazioni che potrebbero essere riservate e divulgate da un consulente solo al proprio cliente investitore. La seconda tipologia di opinioni che possiamo chiamare “rating”, non segue logiche di mercato: non deve essere conforme ai modelli richiesti dai fondi di investimento ma deve essere conforme ai modelli di analisi del rischio applicabile agli emittenti. Utilizza degli algoritmi su base assoluta validati dai regolatori, i quali non possono essere modificati o interpretabili dal cliente. Si tratta di un giudizio sintetico, chiaro e diretto, che viene reso pubblico a beneficio di tutto il mercato perché non deve produrre un vantaggio per un fondo su un altro”.