La sostenibilità d’impresa è una strada necessaria per contribuire a un futuro migliore per le prossime generazioni, ma deve essere interpretata secondo metriche in grado di guidare verso un percorso percorribile dal punto di vista imprenditoriale. A spiegarlo in un’intervista a ESGnews è Marzia Nobili, Relazioni Istituzionali e Sostenibilità di Credem.
Quali sono i temi più rilevanti per la vostra azienda nell’ambito della sostenibilità? Sono in linea con le richieste che avanzano i vostri investitori a questo riguardo?
La sostenibilità d’impresa va interpretata secondo la metrica rischio/opportunità e costo/beneficio, altrimenti non è percorribile da un punto di vista imprenditoriale.

In quest’ottica, l’obiettivo principale che ci accompagnerà nel medio-lungo periodo sarà focalizzato sulla definizione di un modello proprietario che ci consenta di mappare l’impatto ambientale delle nostre imprese clienti. In questo modo possiamo definire un piano di presidio e monitoraggio che possa accompagnarle verso un percorso di decarbonizzazione in linea con gli obiettivi fissati dall’Accordo sul clima di Parigi mediante finanziamenti specifici in grado di premiare i risultati prefissati e raggiunti. Contestualmente, potenzieremo un ventaglio di prodotti e servizi finanziari che possano garantire protezione rispetto ai rischi crescenti correlati al cambiamento climatico (alluvioni, siccità, ondate di calore), anche mediante coperture assicurative specifiche strutturate sull’analisi territoriale/geografica del nostro Paese e sulla potenzialità di accadimento.
Questa prospettiva è oggetto di attenzione anche da parte degli investitori: lo tocchiamo con mano con l’emissione di green bond, dall’entusiasmo con cui rispondono gli investitori, sempre più inclini a investire in imprese in grado di presidiare e mitigare i rischi correlati al cambiamento climatico, tanto da porre questo obiettivo come elemento prioritario rispetto al rendimento finanziario.
Quali sono i vostri principali obiettivi in ambito ESG?
Gli obiettivi strategici convergono con la matrice di rilevanza.
Quando si passa dal dire al fare, però, i percorsi si ampliano: occorre allineare la struttura organizzativa, definire processi di governance efficienti ed efficaci, fissare obiettivi intermedi e monitorare le implementazioni con una vista contestuale al mercato esterno che può determinare, in via continuativa, variazioni o aggiustamenti rispetto ai target originali.
Quali sono i principali risultati ottenuti?
Abbiamo approcciato la sostenibilità d’impresa con profondità di analisi dal 2018, contestualmente all’introduzione dell’obbligo di pubblicazione del report di sostenibilità.
In questi primi anni di sperimentazione abbiamo investito tanta energia sulla ristrutturazione della governance. Per fare in modo che lo sviluppo sostenibile permei il modo di pensare e agire è stato necessario implementare la struttura organizzativa: abbiamo creato un Comitato di Sostenibilità, di cui fanno parte i top manager della Direzione Centrale e due esponenti del Consiglio Amministrazione, per incentivare la proposizione strategica, e affidato una delega specifica sul presidio dei rischi ambientali e climatici al Comitato Rischi.
Contestualmente, abbiamo creato competenze specialistiche: l’organico della funzione Sostenibilità ha acquisito certificazioni abilitanti a livello nazionale ed europeo (sustainability manager e, successivamente, ESG Advisor), oltre a mantenere un percorso formativo continuativo vincolante, validato da enti terzi. Le conoscenze sono poi state estese ad altre aree nevralgiche: presidio del rischio, erogazione del credito, investimenti.
Questo patrimonio formativo e informativo, in continua evoluzione, è finalizzato a supportare in modo qualificato l’attività dei Comitati e, in ultima istanza, a garantire che il Consiglio di Amministrazione assuma decisioni ancor più consapevoli e informate. Col Board abbiamo peraltro intrapreso un percorso continuativo di induction ESG ricco di soddisfazioni, perché stimola una discussione partecipata e qualificata.
In sintesi, abbiamo lavorato dalla parte delle radici; ora cominciamo a toccare con mano le prime proposizioni strategiche: prodotti e servizi finanziari ESG (finanziamenti, investimenti, servizi di protezione), per i quali è stata definita una progettualità di implementazione che vedrà concretizzarsi l’espressione dell’intero ventaglio di valore entro il 2023.
A che punto siete nel percorso di decarbonizzazione e come pensate che la crisi energetica influirà sulla sua evoluzione?
Abbiamo completato il percorso di mappatura delle emissioni di proprietà/controllate dal gruppo, di quelle indirette generate dall’energia acquistata e consumata ed anche delle emissioni indirette collegate a investimenti e finanziamenti.
Questa analisi ci ha consentito di definire un piano di razionalizzazione delle emissioni di proprietà e generate dall’energia acquistata che si concluderà nel 2023 e che prevede una riduzione rispettivamente del 12% e 19%. Peraltro, siamo riusciti a raggiungere anticipatamente quest’ultimo obiettivo nel corso del 2021.
Per quanto riguarda le emissioni indirette, i piani di decarbonizzazione sono più complessi, perché le fonti sono esterne al gruppo. Ci siamo dati un obiettivo di riduzione riguardante le emissioni correlate a viaggi di lavoro e consumo di carta del 10% entro il 2023, già raggiunto nel 2020 e confermato nel 2021.
Più articolato sarà invece il percorso di mappatura delle emissioni delle nostre imprese clienti: abbiamo strutturato un sistema di raccolta di dati industriali anche in ambito ambientale su un primo campione sperimentale, anche per realizzare un’analisi degli impatti sul rischio di credito e con l’obiettivo di estendere la progettualità a tutte le imprese clienti.
A valle dell’attività saremo in grado di avere un quadro più puntuale degli impatti per poi orientare la strategia di decarbonizzazione.
Credo che la crisi energetica che stiamo vivendo, nel lungo termine, non inciderà sul processo di transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.
Certo, nell’immediato va garantita la tenuta del sistema economico e sociale e quindi si potrebbe registrare un incremento degli approvvigionamenti energetici da fonti non rinnovabili, ma prospetticamente ci sarà una virata verso le fonti rinnovabili: in primis perché le fonti fossili non sono infinite e quindi non saranno più sufficienti, oltre a contribuire in modo sostanziale al surriscaldamento del Pianeta generando danni ambientali e rischi/perdite finanziarie. Queste criticità vincolano i principali piani internazionali (Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU e Accordi sul Clima di Parigi), europei (Green New Deal, Next Generation EU) e nazionali (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) in termini di decisioni, comportamenti, strategie e capitali indirizzati alla transizione ecologica e allo sviluppo di fonti energetiche alternative e rinnovabili.
Ci sono 280 gigawatt di progetti depositati in attesa di autorizzazione, 4 volte quanto necessario per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione auspicati nel 2030.
Dobbiamo avere uno sguardo lungimirante: è un presente dal quale non si torna indietro. Dobbiamo anche essere sostanziali, non cosmetici. Le scelte che faremo nei prossimi 30 anni saranno decisive per i prossimi 100.
Siamo un Gruppo di interesse pubblico: abbiamo l’opportunità di incidere positivamente sul destino del Paese attraverso una strategia di business sostenibile, distintiva, responsabile, trasparente.