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Intervista

Satchian (Crédit Mutuel AM): gli effetti delle uscite dalle alleanze sul clima sulla lotta al climate change

L’uscita da parte delle grandi realtà finanziarie statunitensi dalle grandi alleanze per il clima non è certo passata inosservata. Sotto una pressione sempre più stringente da parte della nuova amministrazione repubblicana, che ha trovato vigore con l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, banche e asset manager preferiscono adattarsi al nuovo corso per evitare problematiche. Sono numerosi gli stati americani che hanno portato in tribunale gli asset manager che seguivano politiche per il clima o che inserivano la diversity tra i propri obiettivi, sostenendo che avevano violato il diritto fiduciario degli investitori ossia quello di massimizzare il profitto. Oppure dalle quali sono stati ritirati gli asset in gestione di fondi pensione pubblici, con un danno economico. Ma quali saranno gli effetti di questo cambiamento? E banche e gestori stanno realmente cancellando il proprio impegno per affrontare la crisi climatica o semplicemente adottano un cauto atteggiamento di non esporsi? Ne abbiamo parlato con Armand Satchian, Sustainable Investment Research Analyst di Crédit Mutuel Asset Management, società di risparmio gestito del Gruppo La Française, la holding della linea di business di asset management del Crédit Mutuel Alliance Fédérale, realtà fortemente impegnata sulle questioni climatiche e di sostenibilità.

Fino a pochi mesi fa, la Net Zero Banking Alliance (NZBA) sembrava registrare progressi significativi. Qual è stato l’impatto della nomina di Donald Trump sulla situazione?

La nomina di Donald Trump ha rimescolato le carte, giustificando in parte l’uscita di diverse banche nordamericane. Goldman Sachs ha annunciato il suo abbandono dell’alleanza a dicembre 2024, segnando la conclusione di un anno che, fino a quel momento, era stato promettente. La NZBA aveva continuato ad attrarre nuovi membri, tra cui Eurobank Holdings SA, Principality Building Society, SBAB Bank e Bank of Queensland, mentre alcune istituzioni finanziarie avevano iniziato a ritirarsi dall’iniziativa Science Based Targets. Nel suo ultimo report, è emersa con chiarezza la capacità della NZBA di stimolare l’engagement da parte del settore bancario in 44 Paesi, nonché la sua capacità di fare da guida per i propri membri. Entro la fine di maggio scorso, 118 banche dell’alleanza avevano fissato obiettivi di decarbonizzazione, 76 avevano pubblicato un piano di transizione, e così via. Nonostante le critiche riguardo alla mancanza di precisione nei requisiti sugli obiettivi di decarbonizzazione, l’alleanza è riuscita ad assicurarsi l’adesione di oltre 140 banche, che rappresentano più di 56.000 miliardi di dollari di asset. Tuttavia, la NZBA è ora chiamata a fronteggiare una nuova sfida: la ritirata pubblica di alcuni stakeholder dalle iniziative di sostenibilità.

Il fenomeno della ritirata dalle iniziative di sostenibilità non si limita al settore bancario. Quali altre realtà hanno seguito questa tendenza?

La tendenza si estende anche agli enti regolatori, come la Federal Reserve, che ha abbandonato l’iniziativa Network for Greening the Financial System (NGFS) a gennaio 2025, e asset manager come BlackRock, che ha lasciato l’iniziativa Net Zero Asset Managers (NZAM) nello stesso mese. L’abbandono non riguarda solo le questioni ambientali, ma anche quelle sociali. All’inizio del 2025, importanti aziende come Google, Disney, McDonald’s, Ford e Meta hanno lasciato o ridotto i loro programmi di Diversità, Equità e Inclusione. Questa tendenza si è diffusa negli Stati Uniti in seguito al ritorno di Trump alla presidenza. La sua campagna elettorale contro le tematiche legate alla sostenibilità ha generato uno scetticismo generale riguardo alle iniziative in questo ambito. Secondo lo studio What Directors Think, l’85% dei membri dei Consigli di Amministrazione statunitensi ritiene che prendere una posizione su questioni sociali possa portare a una potenziale perdita di clienti (rispetto al 71% nel 2017). Quindi, dato che il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance ha criticato la cosiddetta “libertà di parola” in Europa, diversi stakeholder americani sembrano ritenere più opportuno evitare di affrontare pubblicamente temi legati alla sostenibilità.

Quali sono le possibili conseguenze di questa ritirata pubblica sulle strategie di sostenibilità delle imprese?

È troppo presto per dire se questo abbandono porterà sistematicamente a un calo negli sforzi di sostenibilità, in particolare tra gli attori più cauti. Alcuni interpretano questo cambiamento come una semplice evoluzione nella gestione del rischio ESG e privilegiano azioni concrete rispetto alle dichiarazioni pubbliche. In alcuni casi, la ritirata è stata accompagnata da comunicazioni che volevano essere rassicuranti. Le banche nordamericane, ad esempio, hanno rapidamente ribadito la loro intenzione di proseguire con le proprie iniziative relative alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio. Solo i report integrati annuali o i report di sostenibilità di quest’anno inizieranno a rivelare l’impatto reale dell’abbandono delle varie iniziative sulla credibilità delle strategie di sostenibilità intraprese dalle aziende. Tuttavia, queste posizioni restano preoccupanti, perché limitano il dibattito pubblico, ostacolano i progressi raggiunti dall’azione collettiva e, paradossalmente, denotano che non sia saggio affrontare pubblicamente i crescenti rischi legati alla sostenibilità.

Questo disimpegno avviene in un momento critico per la lotta ai cambiamenti climatici. Quali sono i rischi più urgenti secondo gli esperti?

Gli scienziati hanno dimostrato che non è più possibile limitare il riscaldamento globale al di sotto degli 1,5°C. Inoltre, nel suo ultimo report sui rischi globali, il World Economic Forum ha sottolineato che la polarizzazione della società, che influisce sulla sua stabilità, è uno dei principali rischi a breve termine. A lungo termine, lo stesso studio indica che i quattro rischi più critici a livello globale sono legati al clima: eventi meteorologici estremi, perdita di biodiversità e collasso degli ecosistemi, cambiamenti critici nei sistemi terrestri, carenza di risorse naturali. Inoltre, affrontare i rischi climatici sarà sempre più complesso, poiché la probabilità che si verifichino non potrà più essere valutata esclusivamente con i dati storici.

In un contesto così complesso, cosa potrebbe spingere le aziende a mantenere i propri impegni di sostenibilità?

Gli investitori giocano un ruolo chiave. Il loro potere di lobbying può influenzare significativamente le aziende affinché rimangano sulla giusta rotta. Alcuni investitori hanno già dichiarato pubblicamente l’importanza di tutelare un impegno climatico forte, supportato da una legislazione solida. Inoltre, l’NZBA continua a evidenziare la necessità di affrontare questioni fondamentali come l’integrazione delle “facilitated emissions” negli obiettivi di decarbonizzazione delle banche, mantenendo alta l’attenzione su questi temi cruciali.

Qual è il ruolo dell’engagement nel creare consapevolezza?

Affrontare queste sfide richiede buona preparazione da parte degli stakeholder economici. Sebbene l’engagement pubblico non garantisca il raggiungimento di obiettivi definiti, offre certamente agli stakeholder l’opportunità di dibattere sulla pertinenza delle misure proposte. Inoltre, crea una dinamica di mercato che supporta tutti gli attori, indipendentemente dalle loro risorse.