La rinnovata attenzione e passione per la sostenibilità deriva sicuramente dalla recente spinta europea nell’ambito della diffusione dei valori ESG, ma ha tuttavia radici più profonde e lontane. In Europa c’è ormai una strada ben tracciata e che le imprese stanno sposando un progetto – sia culturale, sia di innovazione – che è ormai entrato nel DNA di molte aziende, specialmente nel settore della moda. E, anche se alcune delle attuali priorità sul fronte ambientale potrebbero cambiare in base al possibile dietro-front degli Stati Uniti dagli Accordi di Parigi del 2015, è altresì vero per molte imprese i valori ESG oramai identificano i brand e sono diventato elemento centrale delle strategie di comunicazione, di marketing e di produzione dell’impresa.
In questo contesto culturale e di approccio alla produzione, si inserisce il Regolamento Ecodesign che, approvato nel corso del 2024, dovrà trovare un completamento con gli atti delegati di emanazione della Commissione europea, il primo dei quali è atteso per luglio 2025. Il nuovo regolamento fissa importanti paletti su come dovranno essere pensati i nuovi prodotti, dotati di un passaporto elettronico sulla loro provenienza, sui materiali e altre informazioni sulla sostenibilità del prodotto durante l’intero ciclo di vita.
“Al di là della copertura normativa, è crescente il numero di imprese che hanno fatto propri i principi della produzione eco-compatibile come un modo sano di gestire il procurement e lo stoccaggio, mediante una produzione “controllata” nei numeri che consente di tenere sotto controllo l’invenduto e quindi di gestire meglio lo smaltimento” osserva Matilde Rota delo studio legale Withers Italia alla quale ESGnews ha chiesto di spiegare le principali novità che saranno introdotte dal Regolamento Ecodesign.
Indice
- 1 Quali sono le origini dell’Ecodesign, i principi su cui si basa e gli obiettivi che persegue, e come si è sviluppato nel tempo?
- 2 Quali sono le novità introdotte dal Regolamento Ecodesign e quali categorie merceologiche sono interessate?
- 3 Quali saranno i prossimi passaggi per l’implementazione del Regolamento Ecodesign e quali prodotti saranno interessati per primi nella definizione dei requisiti di progettazione ecocompatibile?
- 4 Quali sono le principali disposizioni del Regolamento Ecodesign per la prevenzione della distruzione di prodotti invenduti?
- 5 Quali sono le novità introdotte dal Passaporto Digitale del prodotto e quali informazioni renderà disponibili per portare a scelte di acquisto più consapevoli?
- 6 Quali approcci di design sostenibile possono adottare le aziende? In particolare per recycling e upcycling
- 7 Quali scenari si prospettano per il Regolamento Eco-Design?
Quali sono le origini dell’Ecodesign, i principi su cui si basa e gli obiettivi che persegue, e come si è sviluppato nel tempo?
Se è vero che l’Ecodesign rappresenta oggi un elemento essenziale per una catena di produzione sostenibile a tutti i livelli, va tuttavia riconosciuto che esso ritrova le sue origini nei primi anni Settanta, periodo in cui venivano introdotte le prime regolamentazioni per il controllo dei livelli di inquinamento ambientale in ambito industriale. È l’esempio del “Clear Air Act” del 1970 negli Stati Uniti e della legislazione a protezione dell’ambiente introdotta in Francia nel 1976, mentre la prima norma tecnica sui sistemi di gestione ambientale (ISO14001) risale al 1996.
Una versione precedente dell’Ecodesign, che ora ritroviamo nel recentissimo Regolamento UE n. 2024/1781 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’UE il 27 giugno 2024), era già ben presente sin dal 2009 con la Direttiva CE n. 2009/125, da questo sostituita. In Europa questa direzione (cioè quella di avere un processo produttivo sostenibile sotto il profilo dell’impatto ambientale) è chiara da diversi anni e gli obiettivi perseguiti si sono ispirati alla necessità di un approccio olistico, incentrato sulla riduzione degli impatti ambientali nel corso del cosiddetto “lifecycle” dei prodotti. Si affaccia così per la prima volta il “Life-Cycle Thinking”, un approccio che mira a valutare l’impatto ambientale di ogni prodotto a partire dalla sua nascita fino al suo “fine vita” e al suo smaltimento.
Questa rinnovata visione, che mette al centro la valutazione degli impatti ambientali nell’ambito dell’intero processo produttivo, ha ricevuto un’ulteriore spinta dal contesto internazionale nato a seguito dell’Accordo di Parigi del 2015 e del cosiddetto “Green Deal Europeo” ed è così culminato nell’emissione del Regolamento Eco-Design del 2024, con una conseguente abrogazione progressiva della Direttiva CE 2009/125, secondo le disposizioni transitorie dello stesso Regolamento.
Il Regolamento Ecodesign detta norme per migliorare la sostenibilità ambientale dei prodotti, ridurre l’impronta di carbonio e l’impronta ambientale complessive nel ciclo di vita dei prodotti, assicurando al contempo la libera circolazione di quelli sostenibili attraverso il passaporto digitale di prodotto.
Quali sono le novità introdotte dal Regolamento Ecodesign e quali categorie merceologiche sono interessate?
Una delle novità più importanti introdotte dal Regolamento è l’estensione delle categorie merceologiche interessate alla disciplina Ecodesign: non si tratta più, infatti, di prodotti “connessi all’energia” come era contemplato dalla precedente Direttiva (che si concentrava sulla riduzione dei consumi energetici), bensì quasi tutte le categorie di beni fisici immessi sul mercato europeo, indipendentemente dal fatto che siano realizzati all’interno o all’esterno della UE (ne sono esclusi prodotti come alimenti e mangimi, farmaci, piante vive, animali e alcune tipologie di veicoli).
A questo proposito, il Regolamento Eco-Design ha introdotto nuovi criteri di progettazione per quasi tutte le categorie di beni fisici immessi sul mercato dell’UE, che dovranno quindi massimizzare la durevolezza, la riciclabilità, l’impatto ambientale e la riutilizzabilità, invitando così tutte le imprese a pensare secondo criteri di economia circolare e scoraggiare fenomeni come l’obsolescenza precoce e la distruzione dei prodotti di consumo invenduti. Prima dell’immissione sul mercato, i prodotti dovranno risultare conformi ai requisiti di progettazione ecocompatibili.
Quali saranno i prossimi passaggi per l’implementazione del Regolamento Ecodesign e quali prodotti saranno interessati per primi nella definizione dei requisiti di progettazione ecocompatibile?
Il Regolamento Ecodesign non è ancora “al gran completo”: dovrà essere infatti attuato mediante l’emanazione degli atti delegati da parte della Commissione europea (il primo dei quali non entrerà in vigore prima del 19 luglio 2025) che definiranno i requisiti di progettazione ecocompatibile, la procedura di valutazione della conformità e il Passaporto Digitale del prodotto.
Questa la tempistica di implementazione prevista:
- Istituzione del Forum Eco-Design entro il terzo trimestre 2024;
- Adozione del primo piano di lavoro entro il 19 aprile 2025;
- Pubblicazione degli atti delegati sul divieto di distruzione dei beni invenduti entro il secondo trimestre 2025;
- Pubblicazione degli atti delegati sul passaporto digitale di prodotto entro fine 2025;
- Entrata in vigore dei primi requisiti di prodotto tra il 2027 e il 2028.
L’implementazione vera e propria del Regolamento Eco-Design viene quindi rinviata agli atti delegati che, secondo la tempistica descritta sopra, entreranno in vigore non prima del 19 luglio 2025.
Questo però non significa che ogni singola tipologia di prodotto venduto in Europa sarà disciplinata, perché rappresenterebbe un obiettivo impossibile da raggiungere anche in termini di investimento di risorse da parte della UE. A questo proposito, è previsto che la Commissione adotterà, entro il 19 aprile 2025, un piano di lavoro di durata non inferiore a tre anni nel quale verranno fissati i gruppi di prodotti che dovranno avere la priorità nella definizione di requisiti di progettazione ecocompatibile.
Il primo piano di lavoro riguarderà prodotti dall’elevato impatto ambientale (art. 18) tra cui ferro, acciaio, alluminio, prodotti tessili, pneumatici, mobili e sostanze chimiche.
Quali sono le principali disposizioni del Regolamento Ecodesign per la prevenzione della distruzione di prodotti invenduti?
Il Regolamento Ecodesign prevede anche, dal 19 luglio 2026, un principio generale di prevenzione della distruzione e obbliga le grandi aziende a segnalare il numero e il peso dei prodotti di consumo invenduti, scartati ogni anno, almeno su una pagina facilmente accessibile del loro sito web e le ragioni per cui è stato necessario distruggerli. Le imprese devono anche comunicare la percentuale di prodotti di scarto consegnati, direttamente o tramite terzi, per essere sottoposti a preparazione per il riutilizzo, riciclo o altri tipi di recupero. Il divieto non si applica alle micro e piccole imprese mentre per le medie imprese è obbligatorio dal 19 luglio 2030.
Il Regolamento ha l’obiettivo di migliorare la sostenibilità ambientale dei prodotti venduti sul mercato unico europeo e di assicurare la loro libera circolazione tra gli Stati membri. Da un lato, quindi, si occupa dell’aspetto ambientale dando alla Commissione europea la possibilità di predisporre un’ampia varietà di requisiti (ad esempio aumentare la durata dei prodotti).
Quali sono le novità introdotte dal Passaporto Digitale del prodotto e quali informazioni renderà disponibili per portare a scelte di acquisto più consapevoli?
Una delle principali novità portate dal Regolamento Ecodesign consiste nell’introduzione del Passaporto Digitale del prodotto, vale a dire un documento d’identità digitale di un prodotto, atto a memorizzare e rendere disponibile le informazioni sul suo ciclo di vita, inclusi i materiali, la loro provenienza, le capacità di riparazione e di riciclaggio e, più in generale, la sua performance ambientale: i cittadini potranno quindi fare scelte di acquisto consapevoli, premiando le aziende che si impegnano per un futuro più green.
Nel settore moda, in particolare, si tratterà di un codice digitale apposto sul capo e che, una volta scansionato, darà accesso a una quantità di informazioni estremamente dettagliate. Non solo: rappresenta una serie di informazioni che, tramite il sistema di blockchain, risultano rapidamente verificabili e perciò più facili da segnalare come parziali o imprecise. Senza dubbio, è uno strumento che potrà rappresentare un’ulteriore garanzia di qualità e durevolezza di un prodotto.
Tra le informazioni che saranno rese disponibili vi sono le modalità di produzione dei capi, la composizione e le indicazioni di lavaggio, anche per prolungarne il più possibile il ciclo di vita, la provenienza dei tessuti, le corrette norme di manutenzione e riparazione per preservare il più possibile i prodotti e così via.
Se è vero che la condivisione di queste informazioni attraverso il Passaporto Digitale del prodotto diventerà una regola a tutti gli effetti a partire dal 2026, è anche vero che sono già diversi i brand rappresentativi del settore luxury fashion che hanno dotato i propri capi del QR code (e, di fatto, di un passaporto digitale del capo di abbigliamento).
Quali approcci di design sostenibile possono adottare le aziende? In particolare per recycling e upcycling
L’industria della moda dovrà impegnarsi nell’intero life-cycle del prodotto e quindi anche per dare una seconda vita agli indumenti o ai materiali tessili. Il recycling consiste nella scomposizione dei vecchi indumenti in materie prime che possono essere utilizzate per creare nuovi prodotti mentre l’upcycling prevede il riutilizzo creativo di vecchi articoli per creare nuovi prodotti, spesso di valore superiore.
Recycling e upcycling sono due approcci al design sostenibile differenti che, pur basandosi entrambi sul ricorso a materiali già esistenti per evitare di produrne di ulteriori nello sviluppo di nuovi prodotti, attuano diverse procedure di produzione e lavorazione. Infatti, nel caso del recycling sono necessarie operazioni di trasformazione dei materiali per produrre nuovi oggetti. Si tratta di operazioni spesso ripetibili solo per un numero limitato di volte e con un impatto potenzialmente significativo sull’ambiente. L’upcycling, invece, non comporta alcuna trasformazione: in altri termini, si realizzano nuovi prodotti senza modificare i materiali di partenza e quindi i processi sono poco impattanti ed effettuabili nuovamente.
Pensiamo a Freitag, brand nato diversi anni fa proponendo borse e zaini realizzati interamente con materiale riciclato: teloni di camion, camere d’aria e cinture di sicurezza. Proprio all’insegna dell’economia circolare e garantire che i teloni di camion non siano solo riciclati ma anche riciclabili in futuro, Freitag collabora con partner industriali selezionati allo sviluppo di teloni per camion che soddisfino i criteri di circolarità. Il nuovo materiale deve essere altrettanto robusto, durevole, idrorepellente e pratico di quello esistente in PVC ma, invece di essere buttato al fine del suo ciclo di vita, il nuovo telone si decomporrà biologicamente o sarà scomposto in materiali tecnici da cui si potranno ricavare nuovi teloni o altri prodotti.
Iniziano poi a vedersi le partnership tra brand proprio per collaborare a questa iniziativa di recupero di scarti di tessuti o di capi invenduti: per ora si nominano partnership, ad esempio, tra Levi’s e MiuMiu, Looptworks e NBA (per il recupero delle maglie non più vendibili perché di giocatori ritirati o ceduti) oppure tra uno dei più grandi progetti di successo in materia di recycling vi è senz’altro il Re-Nylon di Prada.
Quali scenari si prospettano per il Regolamento Eco-Design?
Il Regolamento Ecodesign è quindi già avviato verso una strada di successo: sia perché volto a implementare una politica di riduzione degli impatti ambientali, sia perché si presta facilmente a un’elaborazione creativa da parte dei brand che potranno effettivamente inventare una prospettiva di secondo vita dei propri capi sfruttando la potenza commerciale di questa iniziativa e, in particolare, della sua capacità attrattiva verso i consumatori.