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Interviste

Maruccio (Sace): formazione e metodologia per affrontare i rischi climatici

Con il peggioramento delle condizioni climatiche e il dilagare di eventi estremi (siccità, inondazioni e persistenti ondate di calore) in tutto il mondo, è ancora possibile ignorare i rischi climatici? La risposta è evidentemente “no”, ma va ben argomentata per spiegare come sia ormai sempre più necessario per imprese, istituzioni finanziarie, assicurazioni e investitori tenere nella dovuta considerazione i rischi legati al climate change. 

Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), i rischi connessi agli eventi climatici derivano dall’interazione tra pericoloesposizione e vulnerabilità. Il pericolo si riferisce al potenziale verificarsi di eventi fisici o tendenze legati al clima che possono causare danni e perdite. L’esposizione indica la presenza di beni, servizi, risorse e infrastrutture che potrebbero essere influenzati negativamente. La vulnerabilità, invece, è la propensione o predisposizione ad essere influenzati in modo negativo. Ed è proprio a partire da questi elementi che Sace, il gruppo assicurativo-finanziario italiano specializzato nel supporto alle imprese e al tessuto economico nazionale, sta mettendo a punto una innovativa metodologia per quantificare i rischi climatici dei paesi e delle aziende, in linea con la propria mission e con gli obiettivi del piano industriale INSIEME2025. 

In questa intervista a ESGnews, Chiara Maruccio, Chief Risk Management Officer di Sace rivela l’approccio che Sace sta adottando per la costruzione della metodologia e gli obiettivi che intende raggiungere nel realizzarla. 

I drammatici eventi metereologici degli ultimi giorni hanno reso evidente il rischio derivante dal cambiamento climatico. Come quantificare i rischi dal punto di vista degli investitori?

Fino ad oggi il rischio climatico è stato considerato un rischio di tipo “emergente”. Tuttavia, la frequenza degli eventi metereologici estremi e la gravità degli effetti che si sono verificati collocano ormai questo rischio tra quelli consolidati. 

La metodologia di quantificazione è però in divenire e non è di semplice individuazione, almeno per tre ragioni. Innanzitutto perché si tratta di una categoria di rischio in evoluzione molto rapida. In secondo luogo, la definizione di una metodologia è complicata dal fatto che il rischio climatico ha una strettissima interconnessione con i rischi più tradizionali, nell’ambito dei quali va individuato l’impatto e riconsiderata la quantificazione complessiva . Infine, c’è una grave scarsità di informazioni. La gestione dei rischi tipicamente si avvale di una serie di set informativi che si sono consolidati nel tempo. Questi set vengono usati ad esempio dalle banche prima di erogare un finanziamento, dalle compagnie di assicurazione prima di coprire un rischio o dagli investitori prima di effettuare un investimento. Le informazioni necessarie alla quantificazione del rischio climatico non sono però presenti nei database e ciò rende più complicata la misurazione del rischio.

Quali sono i parametri da tenere in considerazione per costruire un portafoglio che sia solido dal punto di vista del rischio climatico?

Settore di riferimento e geolocalizzazione sono i parametri da considerare per costruire un portafoglio solido. Ma per rispondere a questa domanda è utile fare un piccolo passo indietro. 

La particolarità del rischio climatico risiede nel fatto che si manifesta principalmente attraverso altri rischi, tipicamente quelli tradizionali. È quindi un rischio che può materializzarsi, ad esempio, nell’interruzione dell’operatività di un’impresa, minandone la solidità economica. Di conseguenza, potrebbe riflettersi nel rischio creditizio o nel rischio di equity, a seconda di quale sia la forma d’investimento effettuata su quell’impresa. Il rischio climatico, quindi, si esterna in rischi più classici che vengono gestiti da banche, compagnie di assicurazione o investitori. Per misurarli è necessario considerare due componenti essenziali: il rischio fisico, quindi l’esposizione ad avvenimenti di tipo acuto e di tipo cronico e il rischio di transizione, ovvero quello che deriva dall’appartenenza a un settore che nella transizione energetica avrà meno futuro. 

Un altro fattore da tenere in considerazione, e forse di più difficile definizione, è quello della vulnerabilità di un business ad un evento climatico. Potrebbe verificarsi, infatti, il caso di un’impresa che si trova in un’area molto esposta al rischio di siccità, ma che nel suo ciclo produttivo utilizza poca acqua e quindi è più resiliente alla privazione della risorsa idrica. Al contrario, altre aziende potrebbero essere geolocalizzate in aree poco esposte agli eventi climatici, ma essere vulnerabili al punto da subire degli impatti sulla continuità operativa, fino a giungere in alcuni casi a possibili situazioni di insolvenza. 

Pertanto, nell’intraprendere un percorso di investimento, gli investitori devono tenere conto non più solo dei rischi tradizionali, ma anche di quelli climatici. In tal senso, noi di Sace, con un team di professionisti dedicato, abbiamo iniziato ad integrare la ricognizione dei rischi con una considerazione del rischio climatico, fornendo un servizio rivolto alla comunità, in particolare nell’ambito della Mappa dei Rischi e delle Opportunità, il nostro mappamondo interattivo online che aggiorniamo ogni anno a beneficio delle imprese che esportano e investono nel mondo in circa 200 mercati esteri. Da due anni, infatti, SACE, per orientare le imprese, affianca agli indicatori di opportunità e di valutazione del rischio di credito e del rischio politico di ciascun  paese  , anche un’indicazione del rischio climatico e degli impatti negativi che potrebbe determinare sugli equilibri socio-economici, .

Si tratta quindi di una mappa in fase di evoluzione…

Il nostro è un percorso in divenire che vuole costruire uno strumento di quantificazione del rischio climatico non solo per finalità interne di ricognizione dei propri portafoglidi esposizione, ma per metterlo al servizio delle imprese al fine di renderle più consapevoli e accompagnarle con attività di education nella valutazione di successive attività di rafforzamento, individuando all’interno del loro ecosistema le opportunità di mitigazione di questa nuova categoria di rischio. Un esempio di strumento con cui Sace cerca di rafforzare la resilienza delle imprese è la Garanzia Green, che tra i vari obiettivi ha quello di offrire alle aziende una garanzia a fronte di investimenti volti a incrementare l’adattamento alle condizioni climatiche.

Fatte tutte le considerazioni del caso, i parametri che un investitore deve assolutamente fissare per costruire un portafoglio solido consistono innanzitutto nella valutazione dei settori di riferimento, privilegiando quelli che abilitano la transizione (settori “green”) e limitando l’esposizione a quelli che subiranno un’involuzione per effetto della transizione energetica. La seconda raccomandazione, invece, riguarda l’attenzione alla geolocalizzazione delle aziende in cui si investe, sia che si tratti di portafogli azionari che obbligazionari. È importante, infatti, considerare la vulnerabilità dell’azienda rispetto al rischio climatico. 

Quanto sono consapevoli le imprese dei rischi climatici?

Sul livello di consapevolezza tanta strada è stata fatta, ma ci sono molti passi in avanti da compiere. Da questo punto di vista il rischio climatico si trova effettivamente nella definizione di rischio emergente perché non è sempre  colto dalle aziende. Le grandi imprese sono più attente a questo aspetto e si sono già attivate nella mitigazione, ma le PMI sono ancora lontane da questa consapevolezza, sebbene abbiano ormai una buona comprensione della sostenibilità in generale (basti pensare che ad oggi oltre il 90% delle Garanzie Green sono andate a beneficio di progettualità e investimenti delle PMI, che si dimostrano, quindi, pronte a recepirle per individuare possibili soluzioni per affrontare la transizione). 

Nasce proprio dalla difficoltà di molte aziende nell’individuare e nel gestire i rischi climatici l’esigenza di definire una metodologia che punti a donare alle società uno strumento utile per incrementare il livello di consapevolezza e  per costruire interventi di mitigazione e di copertura.

Certo, data la complessità dei rischi climatici, l’obiettivo che ci siamo dati di stabilire un unico modello di quantificazione non è semplice, ma assume ancora più importanza in un momento in cui le autorità di regolamentazione hanno sollecitato le istituzioni finanziarie a considerare l’esposizione ai rischi climatici delle imprese. Le aziende con un livello di vulnerabilità elevata, quindi, soprattutto le PMI, nel medio-lungo periodo potrebbero avere minore accesso al credito. Pertanto, aiutare le imprese a prevenire questo eventuale trend di contrazione grazie ad un intervento di rafforzamento è essenziale per il loro percorso verso lo sviluppo sostenibile.

Questo compito noi di Sace lo portiamo avanti anche in un’ottica di sistema, attraverso la creazione di partnership, che svolgono un ruolo fondamentale per definire una metodologia di quantificazione del rischio climatico che tutti gli intermediari finanziari possano riconoscere. In particolare, stiamo sviluppando partenrship con il mondo universitario, con l’obiettivo di valorizzare un contributo accademico nell’ambito dello sviluppo del modello di misurazione del rischio fisico e con le istituzioni finanziarie, che sono sollecitate a utilizzare una metodologia standardizzata per garantire alle imprese un contesto ordinato e condiviso. 

Lo strumento delle coperture assicurative può giocare un ruolo e a che livello? 

Le coperture assicurative giocano un ruolo cruciale in questa fase perché rappresentano lo strumento principe di mitigazione, utile per arginare le conseguenze economiche sulle aziende. Si tratta, inoltre, di uno strumento molto considerato anche da parte delle altre istituzioni finanziarie, non solo dalle compagnie di assicurazione. Tuttavia, è vero anche che la copertura assicurativa è solo uno strumento di limitazione del danno subito e ha ancora un ricorso piuttosto limitato tra le PMI. La svolta si avrebbe nel caso in cui le aziende acquisissero una certa consapevolezza della loro esposizione al rischio climatico per rendersi più resilienti attraverso interventi che siano volti non a sanare il danno ma piuttosto a prevenirlo e mitigarlo. 

Come incorporare il rischio climatico nel pricing dei prodotti assicurativi?

Sul tema del pricing del rischio climatico l’approccio che Sace segue è quello di misurare la propagazione del rischio climatico su quello creditizio. Questo aggiustamento del rischio di credito per effetto di quello climatico  che stiamo intraprendendo attraverso un modello di quantificazione dell’impatto climatico sulla stima di perdita, è il fattore che verrà catturato anche dal modello di pricing (definito in logica risk adjusted).

Il ruolo delle compagnie di assicurazione è articolato poiché possono agire sia come investitori, finanziando le aziende che combattono il cambiamento climatico, sia nel favorire i comportamenti più virtuosi da parte dei propri clienti. Cosa suggerisce?

Il ruolo degli assicuratori è molto delicato. Da un lato sono soggetti molto esposti al rischio climatico, su due fronti – lato investimenti e lato delle coperture offerte – mentre dall’altro sono soggetti che possono guidare il cambiamento e la transizione con politiche volte ad incentivare comportamenti virtuosi e interventi di mitigazione, adattamento e contrasto al cambiamento climatico. In questo contesto, Sace ne ha fatto uno dei pilastri della propria missione e nel piano industriale INSIEME2025, con questo intervento di dono di consapevolezza alle aziende rispetto alla tematica del rischio climatico che è in continua evoluzione, nota alle grandi imprese e ancora poco familiare per le PMI. 

Quali sono i maggiori rischi derivanti dal climate change e in che arco temporale li state valutando?

Il climate change per anni è stato definito come un “rischio di coda”, caratterizzato da una bassa probabilità di accadimento e da una gravità estrema. Ma ora gli eventi climatici violenti sono sempre più frequenti e la gravità delle catastrofi generate è tale da ricondurre questo rischio tra quelli “normali”. Il rischio di prima propagazione che noi di Sace individuiamo è quello creditizio. La manifestazione del rischio climatico all’interno del rischio creditizio viene valutata su un orizzonte medio di 3-5 anni (in linea con quello tipico di aggiustamento forward looking del rischio creditizio). Sul fronte investimenti, invece, l’orizzonte da considerare è più di breve termine a causa di una volatilità maggiore e di una manifestazione più rapida dell’evento climatico sul valore diretto del portafoglio di investimenti.