Nei prossimi anni si assisterà a un ritmo di installazione di asset rinnovabili annuale mai visto prima. Complici l’impulso europeo con le direttive, come la RED III, varate per dare un forte impulso allo sviluppo delle energie pulite e una maggiore convenienza dei costi di produzione, gli investimenti in infrastrutture per le energie pulite stanno diventando sempre più interessanti per gli investitori. E’ sulla base di questa convinzione che è stato lanciato il Nexta Renewable Fund, un fondo chiuso che punta a raccogliere 500 milioni di euro entro il 2025, gestito da Nexta Capital Partners, holding d’investimento che opera nello sviluppo di impianti per la produzione di energia alternativa fondata nel 2013 a Londra, ma con uffici anche a Milano e una presenza internazionale.
“Crediamo negli investimenti infrastrutturali perché a nostro avviso, rappresentano, tra le varie asset class, quella con il più elevato grado di resilienza”, spiega Fabrizio Caputo, co-founder e managing director di Nexta Capital Partners, in questa intervista a ESGnews nella quale delinea le prospettive per un settore, quello dell’energia green, fondamentale per la trasformazione del sistema produttivo e di interesse per gli investitori.
Nexta Renewable Fund è un veicolo di investimento in grado di far leva sul particolare mix di capacità di Nexta Capital Partners che combina competenze legate allo sviluppo, alla costruzione e all’esercizio di asset rinnovabili, quindi più di tipo ingegneristico-tecnologico, a quelle finanziarie. Il fondo, domiciliato in Lussemburgo, cerca di generare rendimenti stabili, sotto forma di distribuzione di reddito e rivalutazione del capitale, con un ritorno atteso attorno al 10-12%, investendo in un portafoglio diversificato di investimenti in infrastrutture di energia rinnovabile localizzati nell’Europa meridionale (Italia, Spagna, Grecia e Portogallo).
Il fondo ha fatto della sostenibilità un suo pilastro. E’ classificato come ex articolo 9 secondo la SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation) e si pone diversi obiettivi concreti in ambito delle tematiche ambientali, tra cui l’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili, la garanzia di un maggior accesso ad energia pulita e sicura, la riduzione delle emissioni climalteranti e la promozione della transizione a un’economia circolare.
Nexta Capital Partners ha un particolare modello di business: parte dallo sviluppo degli asset di produzione di energia pulita, fino alla loro valorizzazione. Ci può descrivere la particolarità e i vantaggi di questo approccio?
Nexta Capital Partners ha adottato e disegnato una strategia di integrazione verticale (origination > development > execution >management) in grado di consentire contemporaneamente la creazione di una significativa pipeline proprietaria e lo sviluppo di un modello di risk management più efficiente. La capacità di conoscenza di un asset fin dal suo concepimento, unito alla gestione di tutte le diverse fasi dei progetti permette infatti di individuare e neutralizzare rischi legati alla sostenibilità, alla bancabilità (come i contratti di real estate, permessi e altro) e alla operatività (ad esempio la progettazione, il procurement o la costruzione che si riflettono sulla futura gestione operativa). Un progetto curato nei dettagli fin dall’inizio consente di disporre di asset sostenibili, ottimizzati e in grado di generare ritorni più alti.
Perché avete scelto di concentrarvi sugli asset infrastrutturali nel mercato delle energie rinnovabili?
Il nostro gruppo nasce nel settore delle infrastrutture rinnovabili. Il Nexta Renewable Fund, all’interno del gruppo, rappresenta il veicolo di investimento in grado di capitalizzare la nostra expertise e la capacità di combinare le competenze legate allo sviluppo, alla costruzione e all’esercizio di asset rinnovabili.
Crediamo negli investimenti infrastrutturali perché a nostro avviso, rappresentano tra le varie asset class quella con il più elevato grado di resilienza.
Non solo, le energie rinnovabili, oltre a rappresentare lo strumento principale a disposizione della transizione energetica, che è parte integrante della nostra vision, possiedono una forte componente intrinseca di sostenibilità.
Quali sono le prospettive e le aree più interessanti in Italia?
Con l’approvazione dell’aggiornamento della direttiva sulle energie rinnovabili (RED III), entro il 2030, gli Stati Membri si sono impegnati a raggiungere l’obiettivo minimo di una quota del 42.5% di fonti energetiche rinnovabili nel consumo finale lordo di energia.
Ciò darà il via ad un imponente processo di decarbonizzazione che si tradurrà in un ritmo di installazione di asset rinnovabili pari a circa 12.000 MW all’anno. Si investirà non solo in agro-fotovoltaico – in grado di coniugare valorizzazione delle risorse agricole e installazioni fotovoltaiche – ed eolico onshore, ma gli investimenti riguarderanno anche l’eolico offshore, il biometano e i gas rinnovabili, i sistemi di accumulo, l’idrogeno e il power-to-x.
E quali invece le principali sfide?
I Governi negli ultimi anni stanno facendo uno sforzo enorme per semplificare gli iter autorizzativi e consentire una rapida realizzazione degli impianti, non solo per provare a raggiungere gli obiettivi della transizione verde, ma anche per garantire la sicurezza energetica del Paese. L’energia da fonti rinnovabili è infatti molto più competitiva del termoelettrico e viene prodotta entro i nostri confini. Tuttavia, questo processo procede a rilento a causa delle contraddizioni delle norme, della resistenza delle autorità locali e da un generale dissenso dovuto ad uno storico conflitto con le istituzioni che tutelano i beni paesaggistici.
Nexta Renewable Fund SICAV RAIF è un fondo classificato come ex articolo 9 secondo la SFDR. Quali sono le caratteristiche che permettono di collocarlo nella categoria dei dark green fund?
Il Nexta Renewable Fund ha come target principale il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità e di generazione di ritorni non finanziari. La nostra politica è basata su una robusta strategia ESG che è favorita dal modello di business stesso. Il Nexta Renewable Fund, infatti, dispone di un right of first offer su tutta la pipeline di Nexta Capital Partners e ha quindi una piena visibilità della provenienza degli asset, essendo quindi in grado di valutare la storia degli stessi, dalla origination fino alla costruzione. Questo elemento distintivo consente di poter valutare correttamente i rischi di sostenibilità e garantire con certezza il rispetto dei criteri ESG.
Ci può fare qualche esempio concreto degli obiettivi ambientali o sociali a cui contribuiscono le società in portafoglio?
Il processo di investimento del Nexta Renewable Fund è basato su una strutturata procedura che integra i criteri ESG. Durante l’attività di valutazione degli investimenti è previsto un ruolo di garanzia, il Responsible Investment Advisor, che è stato affidato a Yvo de Boer, già Executive Secretary della Convenzione Quadro delle Nazioni Uniti per i Cambiamenti Climatici. Ogni investimento è dunque vincolato alla verifica di ottemperanza ai criteri stabiliti nella Responsible Investment Policy.
Gli obiettivi concreti fissati dalla Policy sono:
- Incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili;
- Fornire un maggior accesso ad energia pulita e sicura;
- Ridurre le emissioni climalteranti;
- Promuovere la transizione ad una economia circolare.
Il raggiungimento di questi obiettivi avviene in un quadro di regolamenti e standard internazionali di riferimento: oltre alla SFDR e alla EU Taxonomy, la Policy si fonda sull’allineamento ai principi UN SDGs e UNPRI, all’osservanza delle linee guida dell’OCSE Due Diligence Guidance for Responsible Business Conduct, alla UN Declaration of Human Rights, alla UN Global Compact, alla ILO Core Labour Standards ed altre norme e linee guida.
I fattori sociali e di governance considerati negli investimenti sono divisi in una componente “social”, ovvero relazione con le comunità, rispetto dei diritti e della sicurezza sul lavoro, il rispetto dei diritti umani, la diversità, l’equità e l’inclusione, il rispetto della privacy e la sicurezza dei dati e in una componente “governance”, ovvero politiche eque di remunerazione, codice etico, gestione responsabile della value chain, politiche anti-corruzione.