Tra le tecniche agricole più innovative, che mirano a conciliare la produzione alimentare con la tutela degli ecosistemi naturali e a contrastare i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità, da alcuni anni a questa parte sta prendendo piede il cosiddetto “vertical farming”, anche noto come “agricoltura verticale”. Scopriamo cos’è e perchè è stato citato nel Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura nell’Unione europea, avviato nel mese di gennaio del 2024 e conclusosi a inizio settembre 2024, che ha riunito i principali attori della filiera agroalimentare (tra cui gli agricoltori, le cooperative, le imprese agroalimentari e le comunità rurali) e i portatori di interesse (come le organizzazioni non governative, i rappresentanti della società civile, le istituzioni finanziarie e il mondo accademico) con l’obiettivo di confrontarsi sulle sue prospettive future del settore agroalimentare.
Indice
Cos’è il vertical farming?
Al contrario dell’agricoltura tradizionale, che prevede lo sfruttamento di terreni agricoli che si sviluppano in orizzontale, il vertical farming è una “pratica colturale che consente la coltivazione di specie vegetali su più livelli sovrapposti, con l’obiettivo di massimizzare il numero di piante coltivabili a metro quadro, grazie allo sfruttamento dell’intero volume di coltivazione”: questa è la definizione fornita da Vertical Farm Italia, la cui mission è quella di introdurre, a livello nazionale e internazionale, dei modelli di orti verticali autosufficienti. Questa tecnica, la cui versione più moderna, secondo l’enciclopedia Britannica, si è cominciata a diffondere alla fine del ventesimo secolo, rientra fra le tendenze dell’Agricoltura 4.0 e consente di coltivare i vegetali senza terriccio, anche in ambienti chiusi (indoor vertical farming). Queste caratteristiche la rendono particolarmente adatta a soddisfare il crescente fabbisogno alimentare delle città, dove gli orti urbani si stanno affermando come alternative sostenibili ai modelli intensivi.
Come funziona
L’agricoltura verticale, che non prevede l’uso di terriccio, permette di ridurre al minimo il consumo di suolo e di gestire nel modo più efficiente possibile tutte le risorse necessarie, come l’ossigeno, l’acqua e la luce, grazie all’impiego di tecnologie all’avanguardia. Fra queste, rientrano i sensori per il monitoraggio della crescita delle piante e il controllo costante delle condizioni ambientali; gli strumenti di analisi dei dati, che consentono di prevedere le necessità future delle colture; i meccanismi abilitati dall’Internet of Things, che sono in grado di attivare in automatico sistemi come quello di areazione, di irrigazione o di illuminazione, così da regolare temperatura e umidità.
3 tecniche per l’agricoltura verticale
Idroponica
L’idroponica, dall’unione dei termini greci hydro, acqua, e ponos, lavoro, può essere definita come la coltivazione delle piante in acqua, volendola semplicisticamente paragonare all’usanza di riporre le talee nei vasi allo scopo di farle radicare. Si tratta di una pratica che veniva impiegata anche dalle più antiche civiltà e che, nel Ventesimo secolo, è stata rielaborata in chiave moderna. Le piante possono essere immerse direttamente in una soluzione contenente le sostanze nutritive di cui hanno bisogno; in alternativa, la soluzione può essere somministrata attraverso l’irrigazione di un substrato, costituito da materiali come argilla e sabbia. Riutilizzando l’acqua impiegata, è possibile ridurre sensibilmente il consumo idrico rispetto a quello dell’agricoltura tradizionale. Si possono coltivare erbe aromatiche, verdure a foglia verde, pomodori, cetrioli e altri tipi di ortaggi.
Aeroponica
L’aeroponica è la coltivazione delle piante “in aria”, ovvero all’interno di vasi a rete sospesi. Le radici – che, proprio come nel caso delle specie tropicali di orchidea, sono aeree – fuoriescono dal vaso e riescono a trarre il nutrimento di cui la pianta necessita attraverso l’assorbimento di soluzioni a base di sali minerali che vengono nebulizzate nell’aria. Il sistema di coltivazione aeroponico richiede pochissimo spazio e risorse idriche limitate, poiché l’elevata ossigenazione delle radici favorisce una crescita più rapida dei vegetali. Risulta particolarmente indicato per la coltivazione di ortaggi a foglia, che hanno un ciclo colturale relativamente breve, così come per il basilico.
Acquaponica
L’acquaponica non è altro che l’unione fra l’idroponica e l’acquacoltura, ovvero l’allevamento di specie ittiche: l’acqua delle vasche dove si trovano i pesci viene pompata nelle vasche dove si trovano le piante. Questo metodo può essere descritto come “autosufficiente” e “circolare”, poiché i rifiuti generati dai pesci (principalmente ammoniaca) si trasformano in nutrienti essenziali per le piante (nitrati); allo stesso tempo, queste ultime filtrano e purificano l’acqua, di modo che gli animali possano vivere in un ambiente sano. Questo processo simbiotico permette di minimizzare gli sprechi di risorse e di produrre contemporaneamente alimenti di qualità. Si possono allevare specie ittiche da destinare al consumo alimentare, agli acquari domestici o al ripopolamento faunistico.
I vantaggi del vertical farming
Tra i principali vantaggi del vertical farming, ci sono il minor consumo di suolo e l’ottimizzazione degli spazi: lo sviluppo in altezza consente di coltivare gli orti in edifici preesistenti, contribuendo magari anche alla loro riqualificazione, in ambienti urbani limitati. Questo contribuisce parallelamente a ridurre la deforestazione connessa all’espansione dei terreni agricoli. L’agricoltura verticale richiede fino al 90 per cento di acqua in meno rispetto a quella tradizionale, e permette di ridurre anche l’uso di pesticidi, dato che i vegetali coltivati in un ambiente controllato e privo di terra sono molto più resistenti all’attacco dei parassiti. I metodi illustrati (idroponica, aeroponica e acquaponica) consentono di coltivare tutto l’anno prodotti a chilometro zero: la vicinanza degli stabilimenti ai centri urbani limita notevolmente le emissioni di anidride carbonica legate ai trasporti. I prodotti sono mediamente di qualità superiore a quella degli ortaggi coltivati in maniera tradizionale, sia perché sono meno esposti agli agenti atmosferici e alle malattie, sia perché vengono monitorati costantemente.
Limiti del vertical farming
Fra i principali ostacoli del vertical farming, c’è il fatto che richiede investimenti iniziali particolarmente onerosi. I sofisticati sistemi di areazione, illuminazione, irrigazione e monitoraggio sono infatti molto costosi. Ai costi di partenza si aggiungono quelli legati agli elevati consumi energetici: sia l’impatto economico sia quello ambientale possono però essere ridotti facendo ricorso alle fonti energetiche rinnovabili, specialmente con impianti installati in loco. Inoltre, il vertical farming è strettamente legato all’affidabilità delle tecnologie utilizzate: eventuali attacchi informatici o malfunzionamenti tecnici rischiano di rallentare o bloccare temporaneamente l’attività produttiva. Anche per questo motivo, è necessario l’impiego di manodopera altamente qualificata. E solamente le colture a crescita rapida, che richiedono poco spazio, sono adatte a questo tipo di coltivazione. Un’ultima riflessione riguarda l’acquaponica: dato che prevede l’allevamento di pesci, c’è da domandarsi fino a che punto sia etica; in ogni caso, sarebbe opportuno che rispettasse precisi standard di benessere animale.
3 esempi di vertical farms in Italia
Kilometro verde
L’azienda “Kilometro verde”, fondata nel 2021 a Manerbio, in provincia di Brescia, dall’imprenditore Giuseppe Battagliola, coniuga tradizione agricola e innovazione tecnologica per offrire tutto l’anno ortaggi a foglia pronti al consumo, grazie alla vertical farm inaugurata nel 2023 a Verolanuova. Le insalate vengono prodotte tramite idroponica e non hanno bisogno di essere lavate prima di essere consumate, così da anticiparne il confezionamento e assicurare la croccantezza delle foglie.
Planet Farms
Lo stabilimento produttivo di Planet Farms, co-fondata nel 2018 a Milano da Luca Travaglini e Daniele Benatoff, si trova a Cirimido, in provincia di Como. Grazie alle tecniche idroponiche e all’intelligenza artificiale, la startup coltiva lattuga gentile, misticanza, baby iceberg e altri tipi di insalata e mette in commercio prodotti come il “Mix delicato”, il “Mix vivace” e quello “rustico”, oltre al pesto e al pesto senza aglio.
Agricola Moderna
Agricola Moderna è nata nel 2018 nel capoluogo lombardo da un’idea di Pierluigi Giuliani e Benjamin Franchetti. Nel 2019, i due hanno inaugurato la prima struttura pilota a Melzo; nel 2023, hanno avviato la costruzione di un nuovo stabilimento in provincia di Cremona. Producono insalata croccante, insalata tenera, misticanza italiana, lattughino biondo e basilico, tutti certificati Nickel Free, in celle alte otto metri con metodo idroponico e parametri costantemente controllati.
Con un valore di 4,16 miliardi di dollari, l’agricoltura verticale rappresenta ancora una nicchia all’interno del sistema agroalimentare, come evidenziato dall’Osservatorio Smart Agrifood del Politecnico di Milano. Tuttavia, il crescente numero di casi di successo sta alimentando l’interesse di molteplici stakeholder a livello internazionale, facendo presagire ottime prospettive di crescita.