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Studio S&P

Oltre il 4% del PIL globale a rischio a causa del cambiamento climatico

Entro il 2050, se il riscaldamento globale non rimarrà ben al di sotto dei 2°C, ogni anno potrebbe andare perso il 4,4% del PIL mondiale. Questo fenomeno metterà alla prova i piani di adattamento dei paesi, in particolare quelli delle nazioni a basso reddito che sono sproporzionatamente esposte e meno in grado di prevenire perdite permanenti. È quanto emerge da un report di S&P Global Ratings, Lost GDP: Potential Impacts Of Physical Climate Risks.

I numeri: impatto economico di uno scenario di transizione lenta

Fonte: S&P Global Ratings.

Le perdite economiche derivanti dai rischi fisici causati dal cambiamento climatico sono in aumento

Dal 1992 al 2022, afferma S&P, il trend di crescita delle perdite nel settore assicurativo annuali dovute a disastri naturali è stato in media del 5%-7% all’anno, con gli eventi climatici più estremi che causano la maggior parte delle perdite assicurative (dati Swiss Re).

Secondo le Nazioni Unite, entro il 2030, se non verrà intensificata l’attività di mitigazione, il numero di disastri climatici potrebbe essere superiore del 40% rispetto al 2015 (con circa 250 eventi all’anno). E gli impatti di tali disastri, sottolinea S&P Global Ratings, non saranno uguali per tutti. I paesi a reddito medio-basso, infatti, sono i più vulnerabili e i meno pronti ad adattarsi e richiedono maggiori quantità di investimenti per costruire resilienza ai rischi climatici fisici. “Quasi la metà della popolazione mondiale vivrà in aree altamente vulnerabili ai cambiamenti climatici entro il 2050 (il doppio di quanto lo sia oggi), rafforzando ulteriormente la necessità di adattamento, come affermato in un rapporto del 2022 dell’IPCC”, si legge nell’analisi.

In questo contesto, anche gli investimenti in adattamento e resilienza sono in ritardo rispetto a quanto richiesto a livello globale. Il divario finanziario per l’adattamento è pari a 194-366 miliardi di dollari all’anno, ovvero allo 0,6%-1% del PIL dei paesi in via di sviluppo, come riportato dall’UNEP (2023).

Ma cosa sono i rischi fisici? Si tratta, spiega S&P, di rischi associati all’aumento di eventi naturali estremi legati al cambiamento climatico, la cui manifestazione può essere cronica o acuta, e che determinano un impatto economico. Nella sua analisi degli scenari, S&P Global Ratings prende in considerazione sette rischi fisici: caldo estremo, inondazioni fluviali, inondazioni pluviali (forti precipitazioni), innalzamento del livello del mare, stress idrico, incendi e tempeste. Utilizzando i dati sui tassi di perdita storici associati a questi rischi, S&P stima poi i potenziali impatti economici. Ciò che emerge dalla ricerca è che la crescente diffusione dei rischi climatici fisici erode gradualmente la capacità produttiva dei paesi a causa di investimenti più deboli, minore produttività, tassi di mortalità più elevati e perdite di capitale.

Un aspetto messo in luce da S&P Global Ratings nel report, è che è probabile che gli impatti di tali rischi non siano lineari. Storicamente, infatti, la relazione tra crescita del PIL e temperatura non è lineare, il che implica che l’aumento marginale della temperatura è tanto più costoso quanto più alto è il punto di partenza della temperatura. In futuro, è quindi probabile che il cambiamento climatico diventi non lineare una volta raggiunti una serie di punti critici.

Fatte queste premesse, S&P Global Ratings evidenzia come la ripresa dei paesi dalle perdite legate al clima sarà diversa a causa della disparità economica e istituzionale. Costruire l’adattamento e la resilienza ai rischi climatici, infatti, è più difficile dove le istituzioni sono deboli e le economie hanno meno risorse. L’incertezza politica e la volatilità macroeconomica associate alla debolezza istituzionale limitano la capacità dei paesi di adattarsi ai rischi in generale, mentre mercati del lavoro e dei prodotti meno flessibili rendono più difficile preparare o ricollocare la produzione dopo una crisi.

La metodologia: la valutazione della vulnerabilità dei paesi ai rischi fisici

Prendendo in considerazione uno scenario definito “di transizione lenta” (SSP3-7.0), S&P Global Ratings utilizza tre parametri per valutare gli impatti economici dei rischi climatici fisici. L’“esposizione”, che quantifica la quota del PIL o della popolazione che potrebbe essere colpita dai rischi climatici, il “PIL a rischio”, ovvero la quota di PIL che potrebbe essere persa ogni anno a causa dell’esposizione ai rischi climatici fisici, e la “prontezza”, che fornisce un quadro della capacità dei paesi di rispondere ad alcune di queste perdite in base alla loro forza economica e istituzionale.

Approccio per valutare la vulnerabilità dei paesi ai rischi climatici fisici

Fonte: S&P Global Ratings. Le tempeste includono uragani, tifoni e cicloni tropicali. Le inondazioni includono fiumi, innalzamento del livello del mare e inondazioni pluviali.

L’impatto economico dei rischi fisici

I rischi fisici derivanti dai cambiamenti climatici sono in aumento e il loro impatto economico e finanziario probabilmente aumenterà nel tempo, in particolare se gli sforzi di mitigazione e adattamento non verranno accelerati. Come detto, entro il 2050, se il riscaldamento globale non si manterrà ben al di sotto dei 2°C, in assenza di misure di adattamento si potrebbe perdere fino al 4,4% del PIL mondiale ogni anno. Si tratta di almeno un terzo in più rispetto allo scenario dell’Accordo di Parigi, in cui si rileva che il 3,2% del PIL globale potrebbe essere a rischio ogni anno. Un rischio che sale al 5,1% in uno scenario di mitigazione limitata, in cui le emissioni sono elevate (SSP5-8.5).

Negli scenari di lenta mitigazione, le economie potrebbero vedere le perdite salire al 4,4%-5,1% del PIL entro il 2050

Fonte: S&P Global Ratings. Il PIL a rischio rappresenta la quota di PIL che potrebbe essere persa ogni anno a causa dell’elevata esposizione ai rischi climatici fisici, in assenza di adattamento al rischio climatico, senza tenere conto dei cambiamenti nella geografia e nella struttura economica e assumendo che tutti i pericoli si verifichino ogni anno. Scenario con emissioni medio-alte (SSP3-7.0). Scenario ad alte emissioni (SSP5-8.5).

Analizzando le differenze regionali relative alla capacità di adattamento e di resilienza rispetto ai rischi fisici, S&P Global Ratings sottolinea come l’Asia meridionale si trovi ad affrontare perdite economiche potenziali 3 volte superiori rispetto alla media globale, con circa il 12% del PIL annuo a rischio entro il 2050 in uno scenario di transizione lenta (SSP3-7.0), in assenza di adattamento. Questa regione è seguita dall’Africa sub-sahariana, dal Medio Oriente e dal Nord Africa (MENA), ciascuno con l’8% del PIL a rischio. Europa e Nord America appaiono meno esposte con circa il 2% del Pil a rischio. Queste specificità geografiche si riflettono anche nei gruppi di reddito dei paesi, evidenziando come i paesi a reddito medio-basso si trovano già ad affrontare temperature medie più elevate e un numero maggiore di eventi climatici estremi rispetto ai paesi a reddito medio-alto.

Nel 2050 l’Asia meridionale dovrà affrontare perdite potenziali pari a circa tre volte la media globale

Fonte: S&P Global Ratings. Reddito superiore = reddito medio-alto e alto; Reddito più basso = Reddito basso e medio-basso, sulla base dei dati della Banca Mondiale.

Il fatto che l’adattamento e lo sviluppo della resilienza agli impatti fisici dei cambiamenti climatici siano fortemente legati al contesto e al luogo, significa che le esigenze di investimento sono diverse in termini di dimensioni, ma lo sono anche i rischi. Per esempio, le tempeste sono tipicamente più evidenti nell’Asia meridionale, nell’Asia orientale, nel Pacifico e nei Caraibi rispetto alle nazioni senza sbocco sul mare dell’Asia centrale, della regione MENA e dell’Africa sub-sahariana. Ciò riflette in parte le condizioni esistenti, con nazioni insulari come Filippine, Giamaica o Giappone che già affrontano il 100% del PIL esposto alle tempeste rispetto ad appena il 40% di esposizione del PIL negli Stati Uniti e solo circa l’1% in Europa.

Gli impatti dei rischi climatici saranno eterogenei

Fonte: S&P Global Ratings. L’innalzamento del livello del mare non viene mostrato a causa della grossolanità dei dati se visualizzati su scala globale. La metrica dell’esposizione quantifica la quota percentuale dell’esposizione del PIL a ciascun pericolo, ad eccezione del caldo estremo, che utilizza la percentuale di esposizione della popolazione.

Tra i rischi fisici analizzati da S&P, lo stress idrico e gli eventi di caldo estremo sono quelli che potrebbero rappresentare oltre il 60% delle potenziali perdite economiche entro il 2050 in uno scenario di transizione lenta, in assenza di adattamento. Altri pericoli, come le inondazioni pluviali, le inondazioni fluviali e gli incendi boschivi, contribuiscono ciascuno tra il 10% e il 15% alle perdite.

Lo stress idrico e il caldo estremo causano le maggiori perdite economiche legate ai rischi fisici a livello globale

Fonte: S&P Global Ratings.

Un dato molto preoccupante messo in lune nella ricerca è che più i rischi fisici aumentano di frequenza, più è probabile che essi si verifichino simultaneamente. Ne è un esempio la relazione tra incendi e caldo estremo: temperature medie ed estreme più elevate durante gli incendi possono contribuire a condizioni meteorologiche prolungate per gli incendi, a causa del basso contenuto di umidità del suolo e della bassa umidità.

È probabile che i rischi climatici si verifichino simultaneamente man mano che la loro frequenza aumenta

Fonte: S&P Global Ratings. L’esposizione quantifica la quota del PIL o della popolazione che potrebbe essere colpita dai rischi climatici.

I rischi fisici frenano l’economia dei più vulnerabili

L’indicatore di “prontezza” (in una scala da 1 a 6 dove 1 indica il grado di preparazione più alto e 6 il più basso) viene utilizzato da S&P per spiegare perché le attuali perdite economiche derivanti dai rischi climatici fisici possono apparire relativamente basse in alcune economie (tipicamente più sviluppate), anche se l’esposizione ai rischi climatici fisici è elevata o il PIL a rischio è significativo. È il caso, ad esempio, di Hong Kong, che ha un’esposizione del 100% del PIL alle tempeste a causa dell’elevata frequenza dei tifoni (che si verificano circa 8 volte all’anno) e una valutazione di preparazione pari a 2. Per alcuni paesi, un livello elevato di preparazione implica anche che una percentuale significativa di risorse sia probabilmente già dedicata alle misure di adattamento e resilienza. Un altro esempio di preparazione si ha nel Consiglio di Cooperazione del Golfo, dove il caldo estremo e lo stress idrico sono già problemi seri, ma ingenti mezzi finanziari hanno consentito ai paesi del Golfo di rispondere in modo adeguato, ad esempio attraverso l’installazione di impianti di climatizzazione e di desalinizzazione dell’acqua.

In media, le perdite economiche saranno maggiori per le regioni a basso reddito

Fonte: S&P Global Ratings. La preparazione fornisce un quadro relativo della capacità dei paesi di evitare e rispondere ad alcune perdite in base alla loro forza economica e istituzionale.

Alla luce di tutto ciò, S&P Global Ratings conclude evidenziando come, con ogni probabilità, gli investimenti nell’adattamento e nella resilienza diventeranno sempre più importanti man mano che i rischi diventano più estremi, sia in termini di intensità che di frequenza in molte regioni. Se non verrà destinato sufficiente capitale alla lotta al cambiamento climatico, a pagarne le spese maggiori saranno i paesi più poveri e, quindi, più vulnerabili, rendendo ancora più improbabile che il processo di “giusta transizione” si concretizzi.