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Oil and Gas Benchmark

Oil & gas: progressi zero, solo il 12% delle emissioni dirette allineato ad Accordo Parigi

Non ci sono progressi sul fronte climatico da parte delle aziende del settore del petrolio e del gas che non stanno affrontando il problema delle loro emissioni operative dirette, sebbene siano disponibili soluzioni di decarbonizzazione finanziariamente fattibili. Anzi, continuano a legare la retribuzione o gli incentivi dei dirigenti alla crescita dei combustibili fossili. Il risultato è che quest’anno solo il 12% delle emissioni Scope 1 e 2 considerate dalle aziende, infatti, è diminuito in modo da limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C (come previsto dall’Accordo di Parigi). A rivelarlo è un benchmark della World Benchmarking Alliance (WBA) e Carbon Disclosure Project (CDP). L’Oil and Gas Benchmark, infatti, mostra una pericolosa mancanza di progressi del settore verso gli obiettivi climatici globali. L’aspetto più preoccupante è che i progressi delle aziende del settore petrolifero e del gas nel limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C non solo sono stati scarsi, ma sono stati addirittura in calo.

L’Oil and Gas Benchmark valuta e classifica le società dell’oil & gas più influenti al mondo – tra cui l’italiana Eni, TotalEnergies, Chevron e la China National Petroleum Corporation – in base alla loro transizione a basse emissioni di carbonio e al loro impatto sociale. La ricerca mostra che il settore petrolifero e del gas, pur avendo a disposizione una grande quantità di risorse e strumenti per la decarbonizzazione, non riesce a utilizzarli.

Un quadro “desolante” per la decarbonizzazione

Secondo la WBA e CDP, l’anno scorso le sette principali compagnie petrolifere e del gas hanno registrato un profitto record di 380 miliardi di dollari, ma nonostante questo gli investimenti per raggiungere un’economia a basse emissioni di CO2 sono stati in calo. Per dimezzare le emissioni Scope 1 e 2 del settore, le società devono investire 600 miliardi di dollari entro il 2030 in soluzioni a basse emissioni di carbonio. Ma non è quello che sta accadendo. Solo il 12% delle emissioni Scope 1 e 2 considerate dalle aziende, infatti, è diminuito in modo da limitare il riscaldamento globale a 1,5 C. Le emissioni di metano Scope 1 e 2 devono essere ridotte del 60% entro il 2030, ma solo 29 aziende hanno reso noti gli obiettivi di riduzione delle emissioni di metano entro il 2030.

Dato che circa l’80% delle emissioni del settore deriva dalla combustione dei prodotti petroliferi e del gas, WBA e CDP sottolineano che l’unica strada per la transizione del settore è l’eliminazione graduale dei combustibili fossili. Sebbene ciò non possa avvenire repentinamente, le aziende al momento non stanno neanche mettendo in atto dei piani e non c’è alcun segno che le imprese stiano rallentando l’estrazione. L’anno scorso, infatti, il settore ha investito mezzo trilione di dollari per nuove trivellazioni ed estrazioni. 

In effetti, spiegano WBA e CDP, si prevede che le 81 società petrolifere e del gas con attività di estrazione aumenteranno la produzione totale di petrolio del 9% a partire dal 2021, raggiungendo il picco nel 2028. Inoltre, dalla ricerca è emerso che oltre la metà delle società valutate lega ancora la retribuzione o gli incentivi dei dirigenti alla crescita dei combustibili fossili e solo il 18% delle società valutate ha obiettivi di emissioni di ambito 3.

Anche per quanto riguarda gli investimenti in tecnologie a basse emissioni di carbonio, le aziende non sono sulla buona strada. Solo il 25%, infatti, riporta l’ammontare delle spese di capitale investite in tecnologie a basse emissioni di CO2 e queste aziende dedicano solo il 18% circa dei loro investimenti alla decarbonizzazione. Unica eccezione Neste, che investe abbastanza per una transizione credibile, destinando l’88% degli investimenti a opzioni a basse emissioni di carbonio come i biocarburanti avanzati.

Sebbene nessuna azienda abbia ottenuto buoni risultati, WBA e CDP hanno stilato una classifica delle 10 che hanno ottenuto un miglior punteggio, tra cui compare al 5° posto Eni.

Fonte: WBA e CDP.

“Questa valutazione del settore petrolifero e del gas ha una tempistica critica prima della COP28, e deve essere utilizzata per rafforzare le attuali grida sul fatto che non è possibile limitare il riscaldamento a 1,5 gradi e scongiurare i peggiori impatti del cambiamento climatico se non iniziamo a chiedere conto a questo settore vitale. È necessario che il settore petrolifero e del gas guardi al proprio futuro attraverso lenti scientificamente allineate, affrontando cambiamenti strutturali e non cosmetici. Gli impegni e le azioni sono limitati in tutti i settori. Non un numero sufficiente di aziende ha fissato degli obiettivi e, tra quelle che lo hanno fatto, la maggior parte non ha obiettivi che includano la riduzione delle emissioni dell’ambito 3. Anche il piccolo numero di quelle che hanno obiettivi che includono la riduzione delle emissioni. Anche il piccolo numero di aziende che hanno obiettivi che includono l’ambito 3 non li supportano con un piano di transizione credibile. Il consiglio dell’AIE non potrebbe essere più chiaro: dobbiamo interrompere l’esplorazione entro il 2021, ma attualmente il picco non è previsto prima del 2028. Alcune aziende del benchmark dimostrano che c’è spazio per la transizione per chi agisce ora, il resto del settore deve seguire l’esempio, e in fretta”, ha dichiarato Amir Sokolowski, direttore globale di CDP per il clima.

Alcuni progressi sui diritti umani

Oltre alla decarbonizzazione, WBA e CDP analizzano anche l’aspetto legato alla “giusta transizione” e, quindi, agli investimenti volti a proteggere i lavoratori e le comunità che subiranno l’impatto della transizione verso un futuro a zero emissioni

Nonostante il quadro desolante sulla decarbonizzazione, la ricerca mostra che alcune aziende hanno fatto progressi in materia di due diligence sui diritti umani. L’85% delle aziende si sta adoperando per valutare i rischi legati ai diritti umani, il 56% dispone ora di politiche sui diritti umani e il 12% dimostra un’efficace due diligence sui diritti umani, che comprende l’identificazione dei rischi potenziali per i diritti umani, l’integrazione dei rischi salienti nella pianificazione e la risposta proattiva ai problemi.

Infine, sebbene solo il 35% delle aziende valutate sia impegnato nel dialogo sociale, un numero crescente di aziende si sta impegnando con gli stakeholder nella pianificazione della transizione (attualmente il 15%, rispetto all’8% del 2021).