Sono AXA, Allianz e Aviva le compagnie di assicurazione meglio posizionate nella classifica delle compagnie più sostenibili, secondo il rapporto Insuring Disaster pubblicato da ShareAction che fa il punto sui progressi nell’integrazione delle pratiche ESG nel business delle compagnie assicurative. In particolare, nel report sono state incluse 70 delle più grandi compagnie assicurative del mondo, classificate in materia di governance, cambiamento climatico, biodiversità e diritti umani. Le prime tre classificate sono le uniche del ramo danni ad avere ricevuto un rating A dalla charity che da 12 anni si occupa di favorire gli investimenti responsabili, mentre Generali, unica rappresentante italiana, si classifica sesta nel settore danni (P&C) con un rating B.
Il rapporto sottolinea come il settore assicurativo sia direttamente coinvolto dalle crescenti sfide ambientali e sociali. Dagli impatti dei cambiamenti climatici e dalle violazioni dei diritti umani, stanno emergendo in tutto il mondo rischi sistemici e interconnessi, che colpiscono ogni settore dell’economia e minacciano i mezzi di sussistenza, case e posti di lavoro di milioni di persone. E proprio alle compagnie spetta il compito di valutare e gestire il rischio, nonché contribuire alla prevenzione e alla riduzione dello stesso.
Nonostante abbiano iniziato ad affrontare alcuni di questi problemi, anche attraverso l’adesione di iniziative come i Principi per l’assicurazione sostenibile e la Net-Zero Asset Owner Alliance, le compagnie di assicurazione non sono ancora allineate alla traiettoria per raggiungere obiettivi ESG: al contrario, un recente rapporto di Insure Our Future mostra che molti grandi assicuratori continuano ad investire e ad assicurare compagnie e progetti legati ai combustibili fossili, la causa primaria della crisi climatica.
In generale, il rapporto mostra che quasi la metà (46 per cento) delle assicurazioni del campione ha ricevuto il rating più basso (E) (tra i quali si trova anche Ping An Insurance, il più grande assicuratore del mondo con sede in Cina).
Gli assicuratori europei hanno fatto meglio rispetto ai competitor americani e cinesi. Tutti e cinque gli assicuratori con rating A hanno sede in Europa (tre del ramo danni e due vita) e il 39% degli assicuratori europei ha ricevuto un rating pari o superiore a B. Al contrario, solo un assicuratore nordamericano e un assicuratore asiatico hanno ricevuto un rating pari o superiore a B.
La migliore performance degli assicuratori europei è probabilmente attribuibile ai forti segnali normativi sulla finanza sostenibile in Europa, un importante indicatore del fatto che il coinvolgimento dei policymaker è preferibile a un puro approccio di mercato.

L’ambito che ha raggiunto la migliore performance è la governance. Il punteggio medio per questa sezione è del 27%, più del doppio rispetto al punteggio medio complessivo. I risultati nelle altre aree tematiche sono molto scarsi, in particolare, sul tema della biodiversità, dove gli assicuratori hanno ottenuto un punteggio medio di appena il 3 per cento.
La biodiversità è chiaramente un argomento nuovo nel settore assicurativo, ma è fondamentale che gli assicuratori se ne occupino rapidamente. La perdita di biodiversità è “tra i principali rischi globali per la società”, secondo l’OCSE. L’inazione sulla crisi della biodiversità minaccia la destabilizzazione dell’economia e della società globali. I costi finanziari della perdita di biodiversità nell’ultimo decennio sono stati stimati tra i 4-20 trilioni di dollari USA e si prevede che queste perdite aumenteranno con l’accelerazione della crisi.
Nonostante la governance abbia ottenuto il punteggio più alto permangono significative problematiche che riguardano il board. Quasi la metà (49 per cento) degli assicuratori intervistati ha riferito che il consiglio di amministrazione non è coinvolto in decisioni relative a investimenti e assicurazioni responsabili, solo il 19% ha KPI a livello di consiglio o obiettivi legati a investimenti e assicurazioni responsabili, mentre solo il 14% ha KPI legati alla retribuzione.
Inoltre, le compagnie sembrano fare poca o nessuna due diligence per garantire che i loro capitali siano gestiti in modo responsabile, infatti, solo un quarto (24%) indica di scegliere intenzionalmente gestori patrimoniali con un forte approccio all’investimento responsabile. In questo ambito Generali è leader perché include KPI ESG tra gli obiettivi del comitato esecutivo e dei dipendenti sia dal lato degli investimenti che da quello delle assicurazioni.
Dal lato degli investimenti, i KPI sono legati all’obiettivo di 4,5 miliardi di euro di nuovi investimenti verdi e sostenibili entro il 2021, mentre dal lato dell’assunzione del rischio l’obiettivo è un aumento del 7-9 per cento dei premi dei prodotti ambientali e sociali entro il 2021.
Anche in ambito cambiamenti climatici c’è ancora molta strada da fare; i risultati migliori sono stati raggiunti nel campo degli investimenti dove poco meno della metà del campione ha una politica ad hoc e il 13% ha assunto impegni a zero. Meno bene, invece, negli asset assicurativi, in ritardo sia nella redazione di policy Net Zero che Climate. Anche in questo caso emergono nette differenze tra Europa e Nord America e Asia. La maggioranza (78%) degli assicuratori europei valutati ha una politica di investimento che copre il cambiamento climatico in netto contrasto con Asia e Nord America, dove solo il 35% e il 21% degli assicuratori hanno rispettivamente politiche sul clima.

L’ambito biodiversità, come visto in precedenza, non viene affrontato a nessun livello aziendale tanto che nessun assicuratore ha una strategia completa per misurare e gestire gli impatti sulla natura e nessun assicuratore ha obiettivi per ridurre al minimo l’impatto della perdita di biodiversità. Solo tre assicuratori hanno affermato che stanno pianificando di rilasciare una politica di investimento sulla biodiversità nei prossimi 12 mesi.
Le maggiori sfide che gli attori finanziari devono affrontare nello sviluppo di un approccio alla perdita di biodiversità sono la scarsità percepita di dati relativi alla natura e la mancanza di approcci di misurazione standardizzati, secondo le informazioni fornite da 14 assicuratori.
Un’altra barriera comune sottolineata dagli intervistati è stata la complessità intrinseca dell’argomento. Ciò sembrava essere aggravato dalla mancanza di orientamenti rilevanti per il settore finanziario sull’ampia gamma di questioni che la biodiversità comprende. Gli assicuratori hanno inoltre sottolineato che l’insufficiente attenzione alla natura è stata causata dalla mancanza di risorse e priorità concorrenti, rafforzando la constatazione che sono urgentemente necessarie maggiori capacità e competenze interne per consentire al settore finanziario di rispondere adeguatamente alla crisi della biodiversità.
Un’ulteriore preoccupazione è stata la mancanza di condizioni di parità con altre istituzioni finanziarie, evidenziando l’importanza della regolamentazione del mercato e la necessità di un forte quadro globale per la biodiversità che traccia un percorso chiaro per il settore privato.
Infine, quasi tre quarti (73 per cento) degli assicuratori non hanno una politica di investimento che copra i diritti umani e del lavoro.
Le compagnie nordamericane mostrano prestazioni particolarmente scarse in questo senso, nessuna di queste ha una politica di investimento che copra i diritti umani e del lavoro. In Asia, solo il 26% degli assicuratori valutati ha una tale politica, con il Giappone che mostra la performance più forte nella regione, al 40 per cento. Gli assicuratori europei sono all’avanguardia, con il 57% che ha una politica che copre queste tematiche.
Il 31% degli assicuratori esclude gli investimenti in armi controverse, che si dimostra essere l’impegno più popolare in materia di diritti umani. È, invece, allarmante che solo il 13% delle compagnie assicurative abbia una politica volta ad escludere gli investimenti in società che violano consapevolmente i diritti umani e del lavoro.

Gli assicuratori mostrano anche scarse pratiche di coinvolgimento sui diritti umani, con solo il 15% degli assicuratori valutati che si impegnano in modo proattivo con le società partecipate su questo tema. Proprio come con la biodiversità, l’impegno sui diritti umani si concentra sulla divulgazione, mentre i risultati dell’impegno orientati all’azione sono ricercati meno comunemente.
I risultati presentati in questo rapporto mostrano che resta ancora molto lavoro da fare per elevare gli standard di investimenti e assicurazioni responsabili. Mentre alcuni assicuratori dimostrano leadership in particolari aree, nessuno sta ottenendo ottimi risultati in tutti gli argomenti che sono stati affrontati. La portata e l’urgenza delle attuali crisi ecologiche e sociali richiedono uno sforzo supplementare da parte degli assicuratori per promuovere miglioramenti ove necessario.