Solo il 17% delle imprese presenti alla Cop29 adotta posizioni di advocacy per politiche climatiche allineate alla scienza (come definito dai percorsi IPCC per il limite di 1,5 °C). È quanto emerge dall’analisi della ong Influence Map della lista di partecipanti aziendali alla conferenza delle parti sul clima che si sta tenendo in questi giorni a Baku.
Inoltre, un ulteriore 21% delle aziende partecipanti promuove attivamente percorsi politici che rischiano di consolidare scenari di riscaldamento ben al di sopra degli obiettivi internazionali fissati dall’Accordo di Parigi del 2015. Il restante 62% delle aziende presenti alla COP29 mostra posizioni miste nella propria advocacy per le politiche climatiche, con un allineamento solo parziale a tali standard.
Infine, molte aziende non prendono posizione: il 45% delle imprese partecipanti non è strategicamente impegnato a livello governativo su politiche climatiche reali per l’economia, evidenziando un significativo divario nella leadership aziendale in questo settore.
L’analisi è stata effettuata incrociando la lista dei partecipanti registrati, resa pubblica dall’UNFCCC, con il database di InfluenceMap sulla lobby aziendale, emerge il panorama delle politiche climatiche aziendali alla COP29. I risultati evidenziano una battaglia accesa tra aziende della filiera dei combustibili fossili, contrarie a politiche scientificamente fondate, e una lista crescente di aziende altamente positive e strategicamente impegnate, definite “leader nelle politiche climatiche” (vedi Corporate Climate Policy Engagement Leaders 2024 di InfluenceMap).
Indice
Resta forte l’ingluenza sulla Cop29 delle big oil
L’influenza degli interessi legati ai combustibili fossili sulle discussioni dell’UNFCCC è di nuovo un tema caldo alla COP29. L’analisi di InfluenceMap suggerisce che, sebbene la proporzione di aziende partecipanti con un impegno politico allineato alla scienza sia quasi raddoppiata (dal 10% nel 2023 al 20% nel 2024), una potente minoranza di aziende e associazioni industriali della filiera dei combustibili fossili rimane ben rappresentata. Questi soggetti potrebbero sfruttare la loro partecipazione per ostacolare i progressi climatici dall’interno dell’evento.
Le aziende con più di 10 delegati alla COP29 e con un impegno negativo includono ExxonMobil, Gazprom, Petrobras e Lukoil. Altre aziende negative con delegazioni più piccole includono Chevron, Eni, BMW, JBS, JFE Steel, Nippon Steel Corporation e Toyota.
In contrapposizione, aziende con più di 10 delegati e un impegno positivo includono Alphabet, SAP, Schneider Electric e SSE. Altre aziende positive con delegazioni più ridotte includono Unilever, Trane Technologies, Acciona, Vestas, Microsoft e Iberdrola.
Il ruolo delle associazioni industriali
Le associazioni industriali, anch’esse ampiamente rappresentate alla COP29, giocano un ruolo cruciale nel processo politico e normativo sui cambiamenti climatici a livello nazionale. Spesso, si dimostrano più strategiche ed efficaci rispetto alle singole aziende. L’analisi di InfluenceMap indica che un terzo delle associazioni industriali presenti alla COP29, coperte dal database LobbyMap, si oppone a politiche climatiche allineate alla scienza. Meno di un sesto delle associazioni in presenza sostiene tali politiche. Questo riflette una tendenza delle associazioni a rappresentare posizioni di “minimo comune denominatore,” spesso dando voce ai membri più oppositori rispetto a quelli più progressisti.
Tra le associazioni industriali più influenti e negative presenti alla COP29 vi sono la US Chamber of Commerce, l’American Petroleum Institute (API), la Canadian Association of Petroleum Producers, la Japan Iron and Steel Federation (JISF) e la Federation of German Industries (BDI).
Sul fronte positivo, ci sono organizzazioni che cercano di contrastare l’influenza della filiera dei combustibili fossili. Sebbene la loro presenza e capacità di influenza siano ancora limitate, stanno guadagnando terreno. Tra queste, le associazioni del settore delle energie rinnovabili, come la Solar Energy Industries Association (USA), Smart Energy Council (Australia), American Clean Power Association (USA), WindEurope e SolarPower Europe.
Ecco la mappa di chi cerca di frenare la COP
L’analisi grafica allegata mappa i punteggi di impegno nelle politiche climatiche (asse orizzontale) rispetto all’intensità del lobbying (asse verticale) delle aziende e associazioni industriali nel database globale di InfluenceMap che partecipano alla COP29. Le aziende con più di 5 delegati sono identificate con i loro loghi. Le aziende situate nell’area verde più marcata sono quelle valutate come leader in advocacy strategiche e scientifiche per le politiche climatiche.
“Ancora una volta, la COP diventa bersaglio di attori negativi impegnati a mantenere lo status quo per sé stessi e le loro industrie. InfluenceMap ha rilevato che solo il 17% delle aziende presenti alla COP allinea la propria attività di lobbying climatico con percorsi scientificamente fondati per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Inoltre”, sottolinea Ed Collins, Direttore di LobbyMap, InfluenceMap “il 45% delle aziende presenti non è attivamente impegnato nelle politiche climatiche, nonostante l’urgenza della sfida e le enormi opportunità per i leader aziendali in questo ambito.
Per contrastare questi attori ben finanziati, è necessario affrontare seriamente il tema della trasparenza del lobbying in questi eventi multinazionali e fare in modo che le aziende rendano questa una priorità.