Città rigenerazione

I Breakfast del Manifesto dell'Abitare

Città sostenibili: come verde, arte e cittadinanza attiva migliorano la qualità dell’abitare

Centri nevralgici di accoglienza e sviluppo, le città sono laboratori di innovazione e cultura che, considerando la crescita demografica attesa, sono destinate a crescere. Ma oltre che per dimensione, anche le sfide che i conglomerati urbani sono chiamati ad affrontare aumentano. Riguardano il cambiamento climatico, quindi l’aumento delle temperature e degli eventi climatici estremi, l’inquinamento atmosferico e acustico, la gestione degli spazi, in primo luogo quelli verdi che rappresentano un’arma per combattere le isole di calore e aumentare il benessere psichico ed emotivo, l’inclusione sociale ed economica e l’auspicabile e auspicata partecipazione dei cittadini nei processi di rigenerazione urbana. Milano, in particolare, si trova a un punto cruciale: tra difficoltà economiche e l’urgenza di contrastare il climate change, la progettazione urbana deve evolversi verso soluzioni integrate, sostenibili e partecipate.

Dalla creazione di spazi verdi interconnessi alla necessità di un vero Piano del Verde, passando per il recupero del patrimonio esistente e l’uso di nuove tecnologie per migliorare la qualità dell’aria, emerge un filo conduttore chiaro: le città devono essere ripensate in modo più inclusivo, adattivo e resiliente. Nel capoluogo meneghino, progetti come quelli di via Pantano, Piazza del Carmine e il Certosa District dimostrano che il coinvolgimento dei cittadini e delle istituzioni può portare a soluzioni efficaci e innovative.

Se ne è parlato nel corso dell’ultimo breakfast del Manifesto dell’Abitare in collaborazione con ESGnews, ospitato da Listone Giordano Arena, durante il quale Elena Grandi, Assessore all’Ambiente e Verde Comune di Milano, Anna Barassi, Founder l.a.barassi architettura, Antonio Cianci, Ceo Airlite e Vincenzo Giannico, Consigliere RealStep SGR Spa hanno discusso di rigenerazione urbana e di come il verde, l’arte e la cittadinanza attiva possono migliorare la qualità dell’Abitare, moderati da Alessandra Frangi, Founder e Ceo di ESGnews.

Che cos’è la rigenerazione urbana? Con questo termine si intendono le attività che hanno l’obiettivo di contribuire a rendere le città più sostenibili e a misura d’uomo, oltre che recuperare spazi e costruzioni in disuso o abbandonati dando loro una nuova storia comune. E il ruolo del verde è il primo elemento (ma non l’unico) da prendere in considerazione in questo ambito, non solo perché contribuisce a contrastare le emissioni, quindi il cambiamento climatico e a migliorare la qualità dell’aria, ma anche per il suo rapporto positivo con la salute fisica e mentale delle persone come dimostrato da innumerevoli ricerche. Su quanto verde debba esserci in un centro urbano sostenibile alcune indicazioni provengono dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) che ha proposto la regola del 3-30-300. Si tratta di una valutazione su base scientifica che propone 3 alberi tra ogni casa, il 30% di copertura arborea in ogni quartiere e 300 metri di distanza massima da un parco o da uno spazio verde per ogni cittadino. A Milano forse questi parametri non vengono rispettati tuttavia, secondo l’Istat, ci sono 18,4 alberi ogni 100 abitanti, leggermente sopra la media dei capoluoghi di provincia.

Per Elena Grandi l’importanza della collaborazione tra amministrazione, operatori, associazioni e cittadini per raggiungere questi obiettivi è fondamentale. Milano, tra l’altro, è inserita in reti internazionali come C40 Cities e partecipa alla Missione “100 Città Climaticamente Neutrali e Intelligenti entro il 2030” dell’Unione europea che si propone di diminuire le emissioni e aumentare sostenibilità e resilienza, il che vuol dire strategie integrate e azioni concrete verso una transizione ecologica.

Un altro tema importante, su cui il Comune sta lavorando, riguarda le isole di calore urbane soprattutto in quelle zone in cui la presenza e la necessità di servizi sotterranei limita la presenza di alberi, come in Piazza San Babila. Senza dimenticare la gestione del verde spontaneo, fondamentale per il mantenimento della biodiversità, di cui l’amministrazione comunale si è fatta carico lo scorso anno, nonostante le critiche e le difficoltà legate al meteo, adottando una gestione a sfalcio ridotto per il 7% delle aree verdi. L’obiettivo era favorire la crescita dell’erba in spazi adeguati, come parchi estensivi, aiuole stradali e altre zone selezionate, e l’aumento degli impollinatori, riducendo il numero di tagli da sette a tre all’anno. Secondo uno studio dell’Università Bicocca limitare gli sfalci del prato da sette a tre volte l’anno migliora infatti la biodiversità, il drenaggio dei suoli e mantiene più umidità. Nel capoluogo lombardo, inoltre, si stanno implementando sistemi di drenaggio sostenibile (SUDS), con progetti per raccogliere e riutilizzare l’acqua piovana.

La tutela della biodiversità e la creazione di aree verdi che rendano la città più vivibile sono aspetti rilevanti. Ma, dichiara l’assessore, la progettazione deve guardare avanti immaginando già la città del futuro in cui predomini una visione integrata e interconnessa di spazio verde, quindi centri urbani che siano ambienti aperti, accessibili e collegati sia dal punto di vista ecologico che attraverso percorsi pedonali, con l’idea di un parco diffuso.

Certo la sfida è associare questa visione con una crescente densità urbana: dal 1950 a oggi la percentuale di popolazione mondiale che vive in città è raddoppiata al 60% e crescerà al 70% nel 2050. In Italia, in particolare, il consumo di suolo è più rapido della crescita demografica. Per Vincenzo Giannico lo sviluppo sostenibile delle città si basa sulla rigenerazione urbana, sociale ed economica, in poche parole: valorizzare il patrimonio esistente, ridurre il consumo di suolo, garantire equità nell’accesso ai servizi e promuovere la partecipazione dei cittadini nella pianificazione.

E proprio sul fondamentale coinvolgimento dei cittadini ha insistito Anna Barassi raccontando dei due progetti di via Pantano e Piazza del Carmine alla cui riprogettazione ha partecipato il suo studio in collaborazione con il Comune di Milano. Sebbene infatti l.a.barassi architettura sia specializzato in designer di interni, l’approccio va ben oltre, abbracciando una visione di rigenerazione urbana basata sulla contaminazione virtuosa tra diverse discipline. La mission si fonda su un’idea di cittadinanza attiva, intesa non solo come espressione di diritti e bisogni, ma anche come strumento di trasformazione creativa dello status quo, con soluzioni innovative dal punto di vista sociale e ambientale.

Ne sono esempi concreti proprio le iniziative di via Pantano e Piazza del Carmine. Nel primo caso, l’assenza di verde lungo il percorso pedonale tra Visconti, Motori e Missori ha portato a un confronto con gli stakeholder, sfociato in una soluzione condivisa: l’inserimento di alberi per ridurre l’inquinamento acustico, nuove sedute e una pavimentazione più drenante per migliorare la qualità dello spazio urbano.

Per Piazza del Carmine, invece, il problema riguardava la fruibilità e l’alterazione della prospettiva visiva della chiesa dovuta all’espansione dei dehors post-Covid. Attraverso un lungo processo di mediazione con l’assessorato alla mobilità e gli altri enti coinvolti, si è giunti a un accordo che prevede l’introduzione di sedute strategiche per migliorare la vivibilità della piazza e impedire il passaggio dei motocicli. Il progetto, nato dalla collaborazione con il comitato di quartiere e definito attraverso due anni di negoziazioni, ha finalmente ottenuto il via libera e sarà presto realizzato.

Questi esempi dimostrano come un approccio partecipato e integrato possa portare a trasformazioni urbane significative, capaci di coniugare qualità dello spazio, sostenibilità e coinvolgimento attivo della comunità. 

E nella funzione di creazione e miglioramento del benessere urbano rientrano anche arte e tecnologia, il cui binomio non solo arricchisce esteticamente la città, ma contribuisce anche alla qualità dell’aria. Questo è possibile grazie per esempio alle pitture di Airlite, capaci di assorbire gas inquinanti come PM2.5 e PM10, che rappresentano un’alternativa efficace – quando non è possibile puntare sulla natura – per migliorare l’ambiente urbano.

“L’uso dell’arte nei progetti di rigenerazione urbana non si limita all’aspetto estetico, ma rafforza anche il senso di appartenenza e la riconoscibilità degli spazi, trasformando i cosiddetti non luoghi in punti di riferimento per la comunità” afferma Cianci raccontando come a Roma, ad esempio, un murales creato con la tecnologia Airlite è diventato una delle attrazioni suggerite dalla guida turistica Lonely Planet.

Questa innovazione sta riscuotendo particolare successo anche per i murales pubblicitari, racconta il ceo, come quelli lungo via Melchiorre Gioia a Milano, che uniscono funzionalità e valore artistico, arricchendo qualitativamente l’azione aziendale. La tecnologia permette inoltre di integrare la pittura anti-inquinamento negli spazi pubblici e persino negli interni di uffici ed edifici, con una riduzione dell’inquinamento fino al 96%.

European Natural Restoration Law e il Piano Verde della città di Milano

Con la European Natural Restoration Law entro il 2030 tutto il verde urbano deve essere possibilmente aumentato o almeno conservato. A Milano non c’è ancora un Piano del Verde formale, ma è stato avviato un tavolo di lavoro con Amat per definirne le linee guida strategiche. L’obiettivo è promuovere la mobilità dolce e migliorare la gestione delle risorse naturali. Particolare attenzione viene posta alla manutenzione e tutela del verde esistente, sia pubblico che privato. Le nuove regole puntano ad evitare abbattimenti non necessari e a compensazioni ambientali adeguate, senza trascurare il fatto che, talvolta, gli alberi devono essere abbattuti per motivi di sicurezza. Per avere un’idea dell’importanza di questo tema basti pensare che il Comune di Milano ha in carico circa 500.000 alberi e investe meno di un euro per metro quadro nella manutenzione del verde pubblico, con una evidente necessità di trovare soluzioni innovative per finanziare la cura degli spazi verdi, come, appunto, il coinvolgimento di privati. È quanto si propongono i progetti Forestami, per piantare 3 milioni di alberi entro il 2030, o Adotta il verde, progetti che funzionano ma forse non ancora sufficientemente comunicati.

L’importanza dell’informazione

Dal dibattito è infine emerso come un elemento fondamentale nella rigenerazione urbana sia informare i cittadini sulle iniziative in corso e coinvolgerli attivamente. “La realizzazione di nuovi spazi verdi e la riqualificazione urbana” dichiara Giannico”, “non può prescindere dalla partecipazione della comunità, non solo nella fase di progettazione ma anche nella gestione a operazioni ultimate al fine di garantire un maggiore presidio e cura delle aree verdi oltre che una maggiore sicurezza e qualità degli spazi pubblici”.

La rigenerazione urbana, quindi, necessita di un approccio coordinato tra amministrazione pubblica, enti privati, locali e cittadini, considerando la complessità delle azioni necessarie.

Sollecitati da Alessandra Frangi, per Barassi, Cianci e Giannico è quindi necessario: 

  1. Dare maggior visibilità agli strumenti di coinvolgimento dei cittadini: occorre rendere più accessibili e noti i canali di partecipazione esistenti, stimolando i cittadini a perseverare nel loro impegno civico e a credere nella possibilità di portare avanti progetti di valore
  2. Una comunicazione più chiara e condivisa da parte del Comune: è essenziale costruire un racconto più coeso e trasparente sulle azioni intraprese dall’amministrazione, affinché la cittadinanza possa comprendere meglio l’evoluzione dei progetti e il loro impatto sulla città
  3. Integrare la sostenibilità con un modello economico solido: la creazione di un bosco o l’insediamento di nuove attività deve essere valutata nell’ottica di sostenibilità economica, affinché le operazioni di bonifica e mantenimento risultino vantaggiose e i servizi offerti agli abitanti siano duraturi nel tempo.

L’idea di un racconto più corale e partecipato sulle trasformazioni urbane è un punto condiviso dall’assessora: “La sfida resta trovare il modo più efficace di comunicare ciò che viene fatto. La riflessione su come raccontare al meglio le iniziative in corso è ancora aperta e rappresenta un passaggio chiave per favorire un maggiore coinvolgimento della cittadinanza” conclude Grandi.